lunedì 15 gennaio 2024
PRODUZIONE DI REGINE SENZA IL TRASLARVO
giovedì 11 gennaio 2024
ARNIA A BASSO CONSUMO ENERGETICO
. La
conduzione è un processo mediante il quale il calore fluisce da una
regione a temperatura maggiore verso una regione a temperatura minore
attraverso un solo mezzo (solido, liquido o aeriforme) o attraverso mezzi
diversi posti a diretto contatto fisico. Nella conduzione, l’energia si
trasmette per contatto diretto tra le molecole. L’irraggiamento è un
processo mediante il quale il calore fluisce da un corpo a temperatura maggiore
verso un corpo a temperatura minore, quando i due corpi non sono a contatto,
anche se tra di essi c’è il vuoto.
L’energia raggiante viaggia alla
velocità della luce e presenta una fenomenologia simile a quella delle
radiazioni luminose: infatti, secondo la teoria elettromagnetica, la luce e
l’irraggiamento termico differiscono solo per le rispettive lunghezze d’onda.
Il calore irraggiato è emesso da un corpo sotto forma di quantità discrete di
energia dette quanti. La trasmissione del calore irraggiato è simile alla
propagazione della luce e può essere perciò descritta mediante la teoria delle
onde; quando le radiazioni incontrano un altro corpo, la loro energia resta
assorbita in prossimità della superficie. Lo scambio termico per irraggiamento
diventa sempre più importante al crescere della temperatura di un corpo. La convezione
è un processo di trasporto di energia che avviene mediante l’azione combinata
della conduzione, dell’accumulo di energia e del mescolamento.
Questa situazione induce le api a sviluppare
un maggior lavoro di contrazione muscolare indispensabile a mantenere i livelli
di temperatura ottimali, lavoro muscolare che necessariamente comporterà un
maggior dispendio energetico da parte delle stesse che equivale ad un maggior
consumo di cibo e a un più precoce invecchiamento delle api stesse con
conseguente riduzione della loro aspettativa di vita. È proprio sulla base di
questo concetto che nasce l’idea e l’esigenza di creare un’arnia a così detto “basso
consumo energetico”.
L’arnia a basso consumo è una
struttura semplice che può essere applicata e adattata a qualsiasi modello di
arnia Langstroth, Dadant, Voirnot etc. La modifica avviene predisponendo delle
strutture di isolamento all’interno della stessa, strutture in grado ri
riflettere verso il glomere le radiazioni di calore che da esso diffondono nell’ambiente
circostante così da mettere le api in condizione di poter gestire nel modo
migliore la temperatura dentro al loro nido senza che essa possa essere
influenzata dal clima esterno all’alveare.
Nella parte anteriore del pannello si effettuerà una fessura lineare di pochi millimetri di dimensione (20 mm di larghezza e 3/4 di altezza) che servirà a consentire l’andirivieni delle api dal loro alveare.
Una volta adagiato il pannello al fondo dell’arnia potremo posizionare il corpo della stessa sopra di lui come si fa solitamente.
Metteremo un primo diaframma isolante a ridosso della parete laterale dell’arnia; quindi, inseriremo i favi di covata e li racchiuderemo con una nuova sponda fatta da un altro telaio isolante, al di là del quale posizioneremo i favi contenenti il miele e successivamente un nuovo telaio isolante. In questo modo creeremo la stessa organizzazione (in maniera orizzontale) che le api hanno in natura all’interno di un nido verticale sito in un tronco nel quale troveremo favi in alto contenenti miele e polline; quindi, favi vuoti che impediscono il formarsi di un ponte termico e infine favi con covata sui quali esse vivono e fanno il glomere. Questa disposizione consente loro di mantenere la temperatura e l’igrometria del nido a un giusto livello, il miele in alto è più freddo la covata in basso è più calda. Termo immagini effettuate su di un arnia a basso consumo hanno dimostrato come la temperatura nello spazio destinato alla covata sia intorno ai 33/34°C mentre quella nella camera che contiene i favi con il miele è di 26/27°C. Le api per trasferirsi dalla camera di covata a quella contenete i favi con il miele passeranno al di sotto dei diaframmi coibentati, fra essi e il pannello isolante posizionato sul fondo, dove avranno a disposizione uno spazio non superiore allo spessore di un dito così da riuscire a passare tranquillamente da un lato all’altro.
Infine, chiuderemo la parte alta
dell’arnia con un foglio di alluminio riflettente ma che abbia uno spessore e
una consistenza maggiore rispetto a quelli utilizzati in precedenza sopra al
quale metteremo un pannello isolante in polistirene dello spessore di 3/4 cm.
Completate queste operazioni potremo posizionare il tetto dell’arnia, anch’esso
coibentato all’interno, che sarebbe meglio dipingere esternamente di colore
bianco così che durante i periodi estivi di intensa canicola abbia temperature
anche inferiori di 20°C rispetto a quelle che si registrano su tetti lasciati
di color alluminio.
mercoledì 10 gennaio 2024
IN APIARIO A GENNAIO
Gennaio è arrivato e con lui anche il vero inverno e una nuova stagione apistica sta per cominciare, sperando che il freddo e la neve non disertino il loro usuale appuntamento. Il guardiano delle api può permettersi giornate relativamente tranquille, senza però scordarsi di buttare sempre un occhio all’apiario. Se ci saranno nevicate, specie se abbondanti, è opportuno rimuovere la neve dall’ingresso degli alveari poiché essa è permeabile ai gas, ma se dovesse ghiacciare potrebbe alterare il corretto ricambio d’aria all’interno dei nidi. In questo periodo della stagione le giornate iniziano progressivamente e costantemente ad allungarsi, mentre fra gli arbusti inizia il debutto delle fioriture del nocciolo e le famiglie all’interno delle loro casette continuano, fortunatamente, a proteggersi dal freddo consumando pian piano le loro riserve alimentari. In questa ideale condizione il peso dell’alveare diminuisce in media di 500/1000 grammi al mese. Controlliamo che le arnie non diventino troppo leggere, in caso contrario non esitiamo a somministrare del candito, sarà molto gradito alle nostre amichette e ci aiuterà a non lasciar morire di fame le preziose famiglie che custodiamo. Per il resto il mese di gennaio, per noi apicoltori, è forse il periodo più tranquillo durante il quale possiamo goderci un meritato riposo leggendo magari quelle riviste e/o quei libri di apicoltura che avremo sicuramente trovato sotto l’albero il giorno di Natale. Verso il finire di gennaio, un pochino più tardi nelle zone maggiormente a nord, all’interno del nido riprenderà l’attività di cova da parte della regina. Le giornate più lunghe e la maggior intensità di luce, che riuscirà a passare all’interno dell’alveare introducendosi dalla porticina di volo, stimolano le api a consumare una più grande quantità di miele e di polline e a produrre più pappa reale per sostenere la regina nella sua attività di cova. In una bella e tiepida giornata potremmo provare a rimuovere il tetto dell’arnia e a posare la nostra mano sul coprifavo e se avvertissimo un piacevole tepore, cosa sicuramente molto auspicabile, sarà il segno che ci troviamo alla presenza di una famiglia forte e vigorosa.
Se altro tempo ce ne rimane,
non sprechiamolo, utilizziamolo per far pulizia intorno ai nostri alveari
rimuovendo rovi e sterpaglie che impediscono alle api di aver un buon ricambio
d’aria all’interno del nido e a noi di avere un comodo passaggio da utilizzare
per posare e rimuovere i melari quando sarà giunta l’ora. Come sostiene un
vecchio e saggio detto: “ là dove il carretto non passerà sarà la schiena
dell’apicoltore che soffrirà”, permettetemi, a questo proposito, un consiglio
da vecchio e consumato ortopedico: lavoriamo sempre utilizzando un corsetto
semirigido, quando si è giovani le fatiche non si sentono, ma quando i primi
capelli iniziano a ingrigire la nostra colonna vertebrale ci rinfaccerà tutte
le fatiche a cui l’abbiamo sottoposta nell’arco degli anni!
Verso la fine di gennaio anche se le arnie sono ancora discretamente pesanti, segno che in esse sono presenti delle buone riserve di cibo, io preferisco comunque somministrare del candito sarà sicuramente cosa gradita che permetterà alle mie apette di risparmiare consumo di miele e polline immagazzinato che diventerà una preziosa riserva sul finire di marzo e a inizio aprile in periodi di lunghe e abbondanti piogge. Gennaio è anche il tempo per l’apicoltore di dedicarsi alle attività di magazzino: riparare le vecchie arnie, pulirle, riverniciarle piuttosto che proteggerle con impregnante a base di olio di lino cotto secondo le proprie abitudini e preferenze. Ricordiamoci che non esistono prodotti miracolosi che possano regalare protezione ad un legno di cattiva qualità, mentre se abbiamo arnie costruite con buon legno esse resisteranno negli anni, questo è il motivo per cui non bisogna mai lesinare sulla qualità del materiale che acquistiamo perché in questo caso vale proprio la regola, come cita un vecchio e saggio detto, che “chi più spende meglio spende”. Approfittiamo anche di queste giornate non solo per ridipingere le vecchie arnie, ma anche per disinfettarle e, a mio avviso, una più che soddisfacente disinfezione la possiamo ottenere semplicemente passando a fiamma l’interno della cassa con l’utilizzo di un chalumeau. Occorrerà “flambare” bene l’interno fino a che non vedremo il legno divenire di colore bruno così avremo la certezza di aver eliminato la quasi totalità dei germi che in esso si annidano, ricordiamo, infatti, che le spore della peste resistono fino alla temperatura di 140°C. Se invece possediamo delle arnie di plastica, occorrerà lavarle all’interno con della soda caustica, non prima di aver indossato tutte le protezioni necessarie al fine di proteggere i nostri occhi e il nostro corpo.
Gennaio è anche il
mese in cui si organizzano molti corsi di apicoltura, se
avete partecipato ad uno di questi e la vostra intenzione è quella di debuttare
in questa meravigliosa disciplina, qual è l’apicoltura, ora è il periodo
opportuno per acquistare il materiale necessario cominciando proprio dalle
arnie ricordando che le api nel bene e nel male si adattano a qualsiasi tipo di
spazio per cui saremo noi a dover scegliere il tipo di arnia più consono al
modello d’apicoltura che abbiamo deciso d’intraprendere. Probabilmente il
metodo meno complicato per gestire l’attività d’apicoltore lo garantisce
l’arnia orizzontale (arnia keniana): è un’arnia a venti telai che ci permette
di allevare con discreta semplicità le nostre api, anche se, con questo
modello, è un po’ complicata la raccolta del miele. Se amiamo un’apicoltura che
permette all’ape di crescere come farebbe in natura, ossia sviluppando la
colonia dall’alto verso il basso, allora è meglio dirigersi verso un’arnia
ecologica (Warré migliorata), in questo caso sarà più semplice la raccolta del
miele e non sarà necessario dotarsi di un banco per disopercolare e nemmeno di
una centrifuga. Infine, se avessimo, invece, deciso di praticare un’apicoltura,
così detta, moderna non ci resterà che rivolgerci verso l’acquisto di un’arnia
tradizionale composta da un corpo (il nido) e dai melari tipo l’arnia Dadant
e/o la Langstroth.
Sul finire di gennaio
noi, così come le nostre apette, inizieremo a intravvedere l’avvicinarsi di una
prossima primavera che presto verrà a bussare alle porte, è giunto il momento
di sintonizzarci al meglio sulle frequenze dei nostri alveari per sostenere nel
migliore dei modi le nostre guerriere rombanti nel momento della piena ripresa
della loro attività.
martedì 9 gennaio 2024
CORSO BASE DI APICOLTURA 2024
Visto il grande riscontro ottenuto lo scorso anno, a febbraio c. a. si terrà, presso la biblioteca comunale di Costa Masnaga, la nuova edizione del corso base di apicoltura. L'iscrizione all'evento è gratuita ma i posti sono limitati. Per chi fosse interessato e abitasse nelle vicinanze consiglio di affrettarsi a iscriversi prenotando gli ultimi slot rimasti disponibili. Nella locandina sottostante troverete i riferimenti utili per effettuare l'iscrizione.
mercoledì 27 dicembre 2023
DIRETTIVA COLAZIONE
giovedì 21 dicembre 2023
lunedì 18 dicembre 2023
IL VELENO D'API
Sarà forse stato proprio quel
pizzico di saggezza in più a riportarmi in mente la storia della mia zia Ivana
e del suo dito a scatto, curato con veleno d’api, ed a stuzzicare le mie voglie
di approfondire l’argomento. Così iniziai a sfogliare riviste scientifiche che
mi aiutarono a scoprire che le
conoscenze riguardo alle proprietà curative del veleno d’api hanno origini
lontanissime, il ritrovamento di alcuni manoscritti, su papiro, attesta che già
duemila anni or sono nell’antico Egitto si praticasse lo “strofinamento” di
veleno d’api su parti dolenti del corpo quale rimedio al dolore stesso. Nel
succedersi degli anni trattamenti similari vennero poi descritti da Plinio il
Vecchio, Galeno, Carlo Magno, fino a che nel 1864 non fu pubblicato il primo
trattato relativo agli studi clinici eseguiti sull’impiego del veleno d’api nel
trattamento delle affezioni reumatiche. Fu tuttavia soltanto ai primi del Novecento
che l’apiterapia iniziò a diffondersi rapidamente in Europa ed in seguito anche
in America. Questa terapia che sembrava avere del “ miracoloso” conobbe però
nel giro di qualche anno un inaspettato declino dovuto principalmente al fatto
che in essa furono riversate eccessive aspettative e che proprio a causa di
quest’ultime il trattamento veniva impiegato anche per patologie per le quali
non esisteva una corretta indicazione terapeutica vanificandone di fatto
l’efficacia. Attualmente possiamo affermare che questa metodologia terapeutica
non può e non deve considerarsi come l’unica via percorribile per il
trattamento delle affezioni citate, ma va comunque considerata come una buona
integrazione ed un valido coadiuvante del trattamento classico di queste malattie
oppure come una importante alternativa in caso di fallimento delle terapie
convenzionali. Il veleno è secreto dalle
ghiandole caudali delle api operaie ed è un liquido incolore con un forte odore
caratteristico. Per l’ottantacinque per cento è composto da acqua e per il
quindici per cento da sostanze secche farmacologicamente attive; tali sostanze
sono rappresentate da un insieme di enzimi, peptidi e proteine, zuccheri,
fosfolipidi ed alcune componenti volatili che ne determinano il caratteristico
odore. Fra tutte queste componenti troviamo:
1. sostanze a basso peso molecolare come istamina, dopamina, norepinefrina,
oligopeptidi, fosfolipidi, carboidrati e aminoacidi;
2. sostanze ad alto peso molecolare principalmente enzimi quali le fosfolipasi,
la ialuronidasi e la glicosidasi;
3. peptidi mellitina, apamina, peptide degranulante i
mastociti, secapina, tertiapina, procamina ed un inibitore delle proteasi.
Le principali patologie che
beneficiano positivamente del trattamento con veleno d’api sono:
·
patologie
reumatiche: come l’artrite reumatoide, che sono malattie
sistemiche ( interessano l’intero organismo) e sono causate dalla formazione di
autoanticorpi, ossia anticorpi che aggrediscono componenti del proprio organismo
come tendini, cartilagini, tessuti sinoviali articolari od organi interni;
·
l’artrosi: ( processo
degenerativo a carico delle cartilagini articolari ) delle grandi e piccole
articolazioni;
·
le
tendiniti: infiammazioni dei tendini come per esempio il
dito a scatto o il gomito del tennista;
·
lombalgia,
cervicalgia: infiammazioni dell’apparato “muscolare –
tendineo” paravertebrale che possono insorgere a seguito di un’artrosi della
stessa colonna vertebrale, a traumi distorsivi ( per esempio il colpo di frusta
) e/o a carichi di lavoro eccessivi eseguiti in posizioni scorrette;
·
neuropatie
periferiche: per esempio la sindrome del canale carpale;
·
la
sclerosi multipla: l’impiego dell’apiterapia per il
trattamento di questa patologia è ancora in fase di studio, pare tuttavia che
il trattamento prolungato produca benefici come la stabilizzazione della stessa
malattia, la sensazione di un minor senso di stanchezza a carico dell’ammalato
ed una relativa minor insorgenza di spasmi muscolari;
· cheloidi : ( cicatrici ispessite ed esuberanti ) l’iniezione di veleno d’api nel tessuto cicatriziale produce un assottigliamento della cicatrice migliorandone anche l’aspetto estetico attraverso la modificazione del colore discromico che spesso le caratterizza.
martedì 5 dicembre 2023
IN APIARIO A DICEMBRE
giovedì 30 novembre 2023
LIBRI DI APICOLTURA
La scelta di Maurizio Ghezzi, da medico ad apicoltore: "La mia vita fra alveari e miele"
Chirurgo in pensione, ora produce il dorato alimento. "È strano a dirsi ma in città le api fanno più miele che in campagna, grazie alla presenza di verde pubblico e all’assenza di diserbanti"
Milano - Ha scovato "un’utopia realizzata" osservando da vicino la vita degli alveari. "Le api perseguono sempre quel bene comune che è la famiglia, nella loro società non esiste traccia di egoismo", sorride Maurizio Ghezzi, nato a Milano 64 anni fa. La sua passione per l’apicoltura è un amore maturo.
Ghezzi ha cominciato a dedicarsi alle arnie quindici anni fa, nei ritagli di tempo dal suo lavoro di medico ospedaliero nel reparto di Chirurgia plastica della mano al Centro Traumatologico Ortopedico di Milano, dove ha prestato servizio dal 1983. Dal 2020, con la pensione, produce miele a tempo pieno per diletto: "Fra me, mia moglie e due figlie facciamo fuori un chilo di miele a settimana. Molti vasetti li regalo a parenti ed amici, li vendo solo su richiesta…". Nel frattempo ha scritto un libro: "Un apicoltore in Vespa" (edizioni Apinsieme), e da gennaio terrà un corso base di apicoltura (iscrizione gratuita) alla biblioteca di Costa Masnaga, provincia di Lecco.
Come è nata la passione per gli alveari?
"Di api ne ho sempre sentito parlare bene dall’infanzia: mio padre ne elogiava l’operosità e considerava il miele con una medicina. Ho fatto il primo corso di apicoltura 15 anni fa; poi ho avuto la fortuna di conoscere Elio Bonfanti, uno dei più grandi apicoltori italiani, che mi ha insegnato molti “trucchetti’’. Ho iniziato con due famiglie – dalle 140 mila alle 180 mila esemplari – a Civenna, una frazione di Bellagio, a 700 metri sul mare: nel primo anno sono arrivati 120 chili di miele. Quest’anno con cinque alveari la produzione è stata di oltre 300 chili. Perlopiù di tiglio, castagno, millefiori e, nel giardino di casa a Sesto San Giovanni, anche di edera e ciliegio. Le api di città producono più miele di quelle di campagna: l’habitat urbano è divenuto, grazie all’abbondanza di verde e all’assenza di diserbanti, un ambiente ideale per questo imenottero".
A parte raccogliere il miele cosa fa un apicoltore?
"Il periodo più duro è a fine marzo/inizio aprile quando bisogna contrastare la sciamatura, ossia la partenza definitiva da una colonia di una “vecchia’’ regina seguita da una parte delle operaie quando nasce una regina “vergine’’. È un fenomeno naturale, il modo in cui il “superorganismo’’ alveare si riproduce creando una nuova famiglia. Per impedirlo l’apicoltore crea una sciamatura artificiale, spostando la vecchia regina in un alveare vicino che produrrà miele più tardi. Le api bottinatrici, quelle che vanno in giro a raccogliere nettare che diverrà miele, tornano comunque nella vecchia casetta. Le api depositano il miele nel melario, una parte dell’arnia dove è impedito l’ingresso alla regina da una griglia: se arrivasse fin qui il miele si riempirebbe di uova e pupe. Un apicoltore “etico’’ raccoglie miele fino a luglio: dopo bisogna lasciarlo alle api perché sopravvivano all’inverno".
Un episodio della vita delle api poco noto?
"Dopo la sciamatura la vecchia regina con le sue operaie fedeli si va a sistemare in un ramo vicino formando una “palla’’ chiamata glomere da cui partono le api ’’esploratrici’’ per cercare un nido. Quando le api esploratrici tornano comunicano dove si trova alle altre attraverso movimenti di danza: alla fine la scelta per il nuovo alveare viene presa assieme, attraverso una forma di democrazia partecipata che noi uomini ci sogniamo".
ANNAMARIA LAZZARI
IMENOTTERI APOIDEI
CONTRASTO ALLA VARROA CON LA MESSA A SCIAME
Subito dopo la rimozione dei melari, entro la prima decade di luglio, si prelevano dalla famiglia da mettere a sciame tutti i favi contenent...
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Ringrazio Romano Nesler che con il suo grande sapere e la sua immensa competenza in campo apistico è sempre pronto a mettere a disposizione ...
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Forse vi chiederete cosa centri un post dedicato a un collettore solare ad aria calda in un blog in cui si parla prevalentemente di api e ...