giovedì 2 maggio 2024

API E APOIDEI PER SALVARE IL PIANETA

Se vogliamo salvare il Pianeta senza ombra di dubbio si potrebbe pensare di cominciare a farlo proprio con il salvare le api e tutti gli altri apoidei. Penso che ormai questa sia cosa nota in ciascuna persona che abbia a cuore i temi della sostenibilità ambientale e della biodiversità. E sì, api, bombi e "compagnia bella" sono meravigliose creatura che ogni giorno, attraverso le loro pittoriche peripezie, che dipingono nel volare di fiore in fiore, dicono no all’overdose di chimica tossica irrorata sui campi da scellerati agricoltori e dicono no anche all’inquinamento di aria e suolo, indotto da processi produttivi che impattano negativamente sull’ambiente, all'eccessiva presenza di automobili in circolazione, all'uso smodato del riscaldamento domestico, eccetera, eccetera, eccetera. Occorre una svolta immediata è necessario  intraprendere misure urgenti in grado di contrastare con efficacia questa irresponsabile deriva. E' ormai improrogabile da parte della Comunità Europea prendere posizione decisa per tutelare l'ambiente, abbandonando quegli ipocriti ripensamenti sul Green Deal, ripensamenti che di fatto è come se aprissero una moratoria sull'utilizzo dei pesticidi, sostanze che uccidono le api e tutti gli insetti pronubi mettendo, altresì, a serio repentaglio la professione dell'apicoltore.

Circa il 90% delle piante selvatiche e quasi il 75% delle principali colture agrarie esistenti necessitano del servizio d'impollinazione fornito loro gratuitamente e passionevolmente da api, bombi e company affinché esse possano produrre i loro frutti e perché possano poi riprodursi, a loro volta, nell'ambiente.. Le api da miele sia da allevamento che selvatiche, così come osmie e api solitarie, e assieme a loro tutti gli altri apoidei garantiscono attraverso l'attività di impollinazione un fondamentale supporto alla società e alle attività umane. L’obiettivo è quello di sottolineare il ruolo essenziale di tale servizio svolto dalle api e da tutti gli impollinatori e fornire conoscenze e indicazioni su come le modalità di gestione agricola, specifiche pratiche colturali, la conservazione e il ripristino degli ecosistemi naturali all’interno delle stesse aziende agricole siano in grado di sostenere la presenza e la diversità delle popolazioni di api e apoidei. 
 

martedì 30 aprile 2024

LAVORI IN APIARIO NEL MESE DI MAGGIO

Maggio è il mese in cui si verifica un’esplosione di fioriture con grande potenziale nettarifero quindi in questo periodo, così generoso per le nostre api, le famiglie inizieranno a svilupparsi molto rapidamente. Tendenzialmente questo mese è caratterizzato dalla presenza di giornate con clima gradevole e spesso soleggiate anche se non si può escludere il ritorno di brevi e fugaci periodi di freddo, in linea generale, comunque, il clima di codesto momento della stagione è favorevole a un buono sviluppo delle colonie. Gli alveari sono ormai abitati da un abbondante numero di inquilini e sul predellino di volo spesso si assiste a un caotico ingorgo dato dalle bottinatrici che arrivano di gran carriera a scaricare l’abbondante raccolto di nettare e polline che le numerose fioriture offrono, di questi tempi, alle nostre famiglie. Stimolata da questo clima frenetico e festoso la regina aumenta la sua attività di deposizione.

L’ideale, infatti, in questo periodo è avere famiglie forti e ben popolate così che, con il loro incessante lavoro, possano stoccare grandi quantità di nettare nei primi melari che, con solerzia, ci appresteremo a posizionare. Aggiungere un melario di questi tempi consente anche di allargare lo spazio a disposizione delle colonie così che esse si sentano meno compresse all’interno del loro nido e rimandino, anche se non di molto, la loro entrata in febbre sciamatoria.

Maggio è, comunque, ancora tempo di sciamature per cui se, nel mese d’aprile non avessimo attuato tutte le precauzioni necessarie per scongiurarle, è questo il momento di intervenire tempestivamente per mettersi al riparo da questo tanto affascinante quanto poco auspicabile evento, evitando che le nostre famiglie ci piantino in asso proprio nel bel mezzo di un primo e importante periodo di grande raccolto.

L’esordio del mese di maggio ci offre ancora la possibilità di fare degli sciami e di moltiplicare le nostre colonie cosa, questa, che ci garantirà di aumentare il nostro capitale e la nostra forza lavoro, di produrre nuovi nuclei che, se trattati con saggezza, ci consentiranno di avere in breve tempo nuove, vigorose e giovani regine capaci di sviluppare velocemente famiglie che potranno dare un grosso apporto nel successivo periodo di raccolto. Non scordiamo, inoltre, di piazzare in apiario arnie esca nelle quali attirare eventuali sciami provenienti da altri apiari.

A maggio oltre che a dedicarsi al raccolto dei primi ottimi mieli di primavera è anche possibile, se lo si desidera, raccogliere propoli e polline ed eventualmente, qualora si volessero diversificare le pregiate essenze floreali importate dalle nostre instancabili operaie volanti e/o si desiderasse seguire le fioriture, questo è anche il periodo propizio per attuare la transumanza.

Un buon lavoro d’invernamento fatto sul finire della stagione appena trascorsa, un saggio livellamento delle nostre famiglie eseguito dopo la metà di marzo e nei primi giorni di aprile associato all’applicazione di appropriate tecniche di contrasto alla sciamatura, ci permetteranno di giungere all’esordio dei primi grandi e importanti raccolti del mese di maggio, nelle condizioni ottimali così che, ancora una volta, questo ottimo lavoro di squadra fra noi e le nostre insostituibili compagne alate ci possa garantire un risultato di pregevole riguardo anche in barba alle tante e troppe avversità che ormai da molto tempo si abbattono rumorosamente su questa fantastica e affascinante disciplina qual è l’apicoltura.

 



 

martedì 2 aprile 2024

LAVORI IN APIARIO AD APRILE

 

Con l’arrivo del mese di aprile per noi apicoltori termina definitivamente il periodo dell’osservazione ed inizia, a spron battuto, il momento dell’azione. Aprile segna il vero debutto della stagione apistica e rappresenta allo stesso tempo il periodo chiave della stessa poiché il nostro comportamento in questa fase sarà in grado di influenzare nel bene e/o nel male tutto il proseguo della stagione.

Le api che hanno guidato la transizione invernale sono ormai state completamente rimpiazzate dalle giovani operaie che garantiranno la forza lavoro al momento delle prime grandi e importanti fioriture mellifere. Le nostre visite in apiario dovranno avere come scopo principale quello di identificare le famiglie più forti: se per l’invernamento avessimo ristretto, il nido è questo il momento propizio per iniziare a ridargli spazio aggiungendo uno o due telaini con foglio cereo così che le giovani operaie possano dar lavoro alle loro ghiandole ceripare desiderose, come non mai, in questo periodo della stagione di dar sfogo alla loro attività.

Allo stesso tempo questa nuova cera fresca e vergine costituirà un rifugio ideale nel quale potranno crescere le giovani larve. Inoltre, più daremo lavoro alle giovani ceraiole più loro, rimanendo occupate, rimanderanno l’entrata della famiglia in febbre sciamatoria. Quando lo sviluppo del nido sarà stato completato e tutti i favi saranno presidiati, senza dubbio, è giunto il momento di aggiungere il primo melario. La scelta di questo momento va però ponderata con molta saggezza e sarà solo la nostra esperienza a guidare il nostro istinto affinché questa operazione sia fatta nel periodo propizio. La posa del melario, infatti, se eseguita in prossimità di un possibile ritorno di freddo potrebbe determinare un raffreddamento della covata con successivo rallentamento dello sviluppo della colonia nonché il rischio di comprometterne la sua stabilità. Un piccolo trucco per ovviare a questo possibile e temibile inconveniente consiste nel frapporre un foglio di giornale fra il nido e il melario così che saranno le stesse api a stabilire quando è il momento ideale per salire a melario facendosi strada attraverso l’eliminazione del foglio di giornale.

Aprile è anche il momento in cui le nostre api si preparano per dare avvio alle sciamature e quindi, uno dei nostri compiti principali sarà proprio, in questo periodo, quello di mettere in pratica tutte le manovre di contrasto per impedire che ciò avvenga. Se si susseguono due o più giorni di pioggia spesso alla ricomparsa del sole sarà possibile vedere lo sciame levarsi in volo se, in precedenza, non avevamo messo in atto tutte le misure idonee a scongiurare questa eventualità. Se per un qualsiasi motivo non disponessimo del tempo necessario per riuscire a sorvegliare correttamente i nostri alveari al fine di mettere in pratica tutte quelle tecniche di cui siamo in possesso utili per contenere la sciamatura, allora potremmo posizionare arnie esca che attireranno al loro interno non solo i nostri sciami ma con buona probabilità anche sciami provenienti da altri apiari. Per rendere più attraenti le nostre arnie esca non esitiamo a mettere al loro interno della propoli, della cera fusa alla fiamma e dei pezzi di vecchi favi che hanno contenuto in passato della covata.

Se non l’avessimo ancora fatto provvediamo con solerzia a riaprire a pieno volume le porticine di volo che avevamo ristretto il precedente autunno così che le bottinatrici possano entrare e uscire senza alcun ostacolo. Teniamo pulito il terreno sottostante agli alveari per impedire che le sterpaglie in crescita possano costituire un fastidioso ingombro e diminuire l’aereazione nel nido creando umidità, acerrima nemica di un ambiente salubre all’interno dell’alveare. Nel caso in cui avessimo l’apiario in prossimità di campi di colza non dimentichiamoci di raccogliere il miele alla fine della fioritura per non correre il rischio di ritrovarcelo cristallizzato all’interno dei favi.

Con il meteo dalla nostra parte, con alle spalle un buon lavoro e con il prezioso aiuto delle nostre operaie volanti possiamo finalmente sperare che alle nostre porte bussi la stagione del grande riscatto.



 

martedì 5 marzo 2024

APITERAPIA

In questo libro l’autore, medico per vocazione e apicoltore per passione, vuole condurvi alla ricerca dei benefici comprovati che generano i prodotti dell’alveare i quali rivestono un ruolo importante nell’ambito della medicina naturale e della nostra vita quotidiana. Il manoscritto ci indirizza verso una corretta conoscenza di tali sostanze aiutandoci a distinguere il vero dal falso così da poter utilizzare, in consapevole sicurezza, questi elementi capaci di influire positivamente su tutti i campi del benessere: forma, salute fisica, sanità mentale e bellezza.

Miele, polline, pane d’api, gelatina reale, propoli e cera, splendide essenze prodotte dall’instancabile lavoro delle api, sono in grado di sedurci per le loro qualità dietetiche, gustative e medicinali e si trovano in commercio, ormai, ovunque. Il loro impiego empirico, che risale a molti secoli fa, è da ricondurre alla loro composizione ricca in elementi antimicrobici e antiossidanti.
 Grazie al progresso della chimica e della farmacologia oggi siamo in grado di conoscere con maggior certezza queste utili sostanze e comprendere le modalità attraverso le quali esse agiscono determinando sicuri vantaggi per la nostra salute. Alcuni dei loro benefici sono accertati e si sono dimostrati particolarmente utili per la cura e la prevenzione di diverse malattie, più spesso benigne, altri sono ancora in fase di studio e in attesa di certificazione.

È questo, per esempio, il caso del veleno d’api che grazie alle molecole chimiche da cui è composto ha aperto delle prospettive inaspettate e molto interessanti per la cura delle malattie reumatiche e neurologiche anche gravi. L’apiterapia (scienza della cura attraverso l’utilizzo dei prodotti dell’alveare) è attualmente oggetto di numerose pubblicazioni scientifiche, ma allo stesso tempo anche di innumerevoli comunicazioni poco controllate che potrebbero causare l’insorgenza di speranze disattese a carico di tutti quei malati affetti da serie patologie cronico-evolutive. Questo è il motivo per il quale il libro si propone di portare il lettore a una conoscenza ragionata e ragionevole di questa branca della medicina alternativa, stimolandolo, nel frattempo, a portare sulla propria tavola i meravigliosi prodotti dell’alveare perché, comunque, un loro uso regolare e corretto integra e armonizza la nostra dieta regalandoci un prezioso stato fisico e mentale capace di garantire quel giusto grado di benessere necessario a una sana ed equilibrata omeostasi corporea.

 


 

lunedì 4 marzo 2024

LAVORI IN APIARIO NEL MESE DI MARZO

L’arrivo di marzo segna la fine del lungo inverno e per l’apicoltore è giunto il momento di valutare con esattezza le condizioni delle famiglie ospitate in apiario. È quindi giunto, finalmente, il momento della tanto attesa prima visita di primavera. Prima di effettuarla sinceriamoci che vi sia una temperatura gradevole, non inferiore ai 16°C. e che non si sia in presenza di una giornata ventosa. È ormai da diverso tempo che il nostro affumicatore è a riposo, diamogli una rapida ripulita e apprestiamoci a rimetterlo in funzione, rifornendolo, possibilmente, con erbe aromatiche secche, come per esempio, della lavanda, del timo, della ruta e/o altro ancora materiale che avremmo dovuto diligentemente preparare lo scorso agosto.

Quando finalmente tutto è pronto e possiamo iniziare in sicurezza la nostra ispezione rimuoviamo velocemente il copri favo e iniziamo a valutare lo stato della covata, cercando di tenere aperto l’alveare per il minor tempo possibile. Se siamo in presenza di una bella covata compatta è segno che tutto, in quell’alveare, sta procedendo nel migliore dei modi e ottimisticamente avremo il diritto di pensare che quella famiglia nel proseguo della stagione sarà in grado di regalarci un buon raccolto.


. Contestualmente assicuriamoci che vi siano scorte alimentari sufficienti per il sostentamento della colonia e della covata, in caso contrario, non esitiamo ad aggiungere un panetto di candito, esso risulterà fondamentale soprattutto nel caso di ritorno di giornate fredde e piovose. Se, invece, ci dovessimo trovare in presenza di una covata disomogenea disseminata disordinatamente lungo il favo dovremmo pensare alla presenza, in quella famiglia, di una regina non più giovane. Queta colonia avrà sicuramente problemi a svilupparsi correttamente nel corso della stagione e non ci consentirà di ottenere un discreto raccolto. In una situazione come questa il consiglio è quello di eliminare la vecchia regina e sostituirla con una giovane non appena le condizioni lo consentiranno.

Quando, invece, l’ispezione, sfortunatamente, ci farà rilevare la presenza di assenza di covata dovremo sicuramente pensare di trovarci di fronte a una famiglia orfana. La cosa più semplice che ci rimane da fare in presenza di questa situazione è quella di affumicare abbondantemente l’alveare così che le api in esso contenute si riempiano di miele, quindi, spazzolare tutte le api dai favi e rimuovere l’alveare. Le api, dopo un breve volo, faranno ritorno al loro nido ma non troveranno più la loro casa così un po' per volta cercheranno di entrare negli alveari adiacenti, dove saranno le ben accette visto che non si presenteranno a “mani vuote”.

Alla fine di queste prime visite di primavera che avremo sicuramente svolto nel modo più veloce possibile, noi dovremo certamente essere in grado di conoscere tutto il potenziale di ciascuna delle nostre famiglie presenti in apiario.

Un altro compito che ci aspetta in questo periodo della stagione è quello di provvedere alla pulizia dei fondi delle nostre arnie. La cosa migliore sarebbe, nel caso in cui essi siano fondi rimovibili com’è auspicabile che sia, avere un fondo già pulito con il quale andremo a rimpiazzare quello di un primo alveare, quindi, pulire quello appena rimosso e sostituirlo a quello del secondo alveare procedendo con ordine fino al termine dell’operazione. Questa manovra si rende necessaria poiché dopo un anno di lavoro i fondi si presentano terribilmente sporchi con presenza di residui di cera, impurità di diverso genere, cadaveri d’api, granelli di polline tutte sostanze che accumunate fra loro formano una sorta di terreno di coltura umido nel quale virus, batteri e funghi trovano le condizioni ideali per potersi sviluppare. Qualora, invece, dovessimo avere delle arnie con plancia fissa bisognerà, per eseguire tale lavoro, trasportare, con tutti i telai, la famiglia in una nuova arnia, oppure, in una vecchia a patto di averla prima accuratamente disinfettata con la fiamma.

A marzo la colonia è in piena espansione e per sostenere il frenetico ritmo di questo accentuato sviluppo le api hanno bisogno anche di acqua, se non abbiamo predisposto un abbeveratoio in prossimità dell’apiario apprestiamoci a farlo, non lasciamo che le nostre api debbano percorrere lunghi tragitti unicamente per andare a far provviste di acqua. Un vecchio catino riempito con acqua e nel quale avremo messo cottili fogli di polistirolo a galleggiare in superficie andrà più che bene per assolvere a questa funzione.

Se nell’alveare trovassimo uno o due favi vuoti con vecchia cera non esitiamo a sostituirli con dei nuovi telai con foglio cereo da sistemare ai lati del nido, la cera vetusta è spesso un ricettacolo di germi.

Concluderei, nel salutarvi, ricordandovi l’appuntamento più festoso e affascinante che marzo riserva a noi apicoltori, ovvero, la fiera di Apimel, a Piacenza, un grande momento di gioia, uno splendido luogo d’incontro, di festa, di confronto per noi apicoltori, ma soprattutto l’annuncio che una nuova stagione apistica sta per cominciare; prego signori: salite in carrozza, si parte per una nuova ed entusiasmante avventura!

 





 

giovedì 22 febbraio 2024

NUOVA CARTELLONISTICA

L'Anagrafe apistica nazionale ha iniziato a generare i nuovi cartelli a norma del decreto legislativo n. 134 del 5 agosto 2022 sul sistema I&R nazionale che stabilisce le nuove norme per l'identificazione degli operatori, degli stabilimenti e degli animali zootecnici.

 

Il decreto risale al maggio del 2023 ed era stato pubblicato dal ministero della Salute assieme al manuale operativo che indicava come applicare nel dettaglio le nuove norme.

 

Il manuale, fra l'altro, riportava anche le indicazioni sulle carateristiche che doveva presentare la nuova cartellonistica indispensabile per l'identificazione degli apiario. Essa deve essere costituita:

  • da materiale resistente agli agenti atmosferici e non deteriorabile nel tempo;
  • deve possedere dimensioni minime equivalenti al formato A4;
  • deve essere stampata su supporto di colore bianco riportante in caratteri di colore nero indelebile e di altezza di almeno quattro centimetri "SISTEMA I&R NAZIONALE – DECRETO LEGISLATIVO 5 AGOSTO 2022, n. 134", oltre al codice aziendale ed al numero progressivo dell’apiario
  • Secondo il manuale operativo il nuovo cartello è obbligatorio per gli apiari registrati dopo l’entrata in vigore del presente manuale stesso, cioè dopo il 16 maggio 2023. Il cartello stampato secondo le nuove indicazioni lo si può richiedere all'associazione o al professionista che è stato delegato per la gestione dell'anagrafe apistica, o lo si può scaricare autonomamente accedendo al proprio account della BDN. Per eseguire in autonomia la procedura basta:
  • andare sulla pagina web www.vetinfo.it;
  • accedere all'area riservata;
  • cliccare su apicoltura e accedere come proprietario;
  • andare su reportistica;
  • scegliere cartello identificativo dal menù a tendina;
  • cliccare sul pulsante stampa cartello;

Fatto questo il sito genererà il cartello in pdf in formato A4, che dovrà essere stampato su un materiale non deperibile, o stampato su carta e plastificato e poi messo in apiario.

 

cartelli "fai da te" anche se riportano tutte le informazioni richieste e corrette, non sono in regola e possono far incorrere in sanzioni.



venerdì 2 febbraio 2024

LAVOR IN APIARIO A FEBBRAIO

È ormai da diverso tempo che sentiamo raccontare dai media, dal web e persino da alcune riviste di settore delle storie che hanno dell’inverosimile ma alle quali ci stiamo, purtroppo, pian piano abituando, correndo altresì, l’inconsapevole rischio di venirne alla fine assuefatti. Storie che sono una via di mezzo fra una fiaba, ossia un racconto che rimanda alle tradizioni popolari,  in cui la presenza del magico e del fantastico rappresentano l’elemento in grado di colpire e di stupirci, e una favola ovvero un genere letterario dalla cui narrazione si estrae l’essenza di una morale più o meno profonda. In tutte queste storie che, per le caratteristiche di cui sopra, non esiterei a chiamare “fiavole” l’elemento a sorpresa magico e in grado di stupire è comunque e sempre rappresentato dal “Covid”. Ed è proprio leggendo una rivista di settore che mi sono imbattuto in una di queste “fiavole” la quale racconta di come le api possano essere utilizzate per monitorare la diffusione del virus Sars Cov-2 nell’ambiente. Gli “scienziati sperimentatori” hanno posizionato dei comuni tamponi all’ingresso degli alveari e una volta che le bottinatrici vi sono passate sopra, facendo ritorno al nido dopo la raccolta di nettare e polline dai campi, i tamponi sono stati prelevati e analizzati. Ebbene signori, non ci crederete ma le analisi eseguite su quei tamponi hanno dimostrato in essi la presenza del virus del covid lasciato sopra di questi dal passaggio delle api, virus che però stranamente non è stato rilevato all’interno dell’alveare! Così vi dirò che l’elemento magico e fantastico di questa “fiavola” è, senza ombra di dubbio, il virus Sars Cov-2 divenuto ormai una star presente in quasi tutte le narrazioni contemporanee, mentre la morale ve la spiegherò in queste poche righe seguenti. Da medico quale sono credo fermamente che il virus del covid (come qualsiasi altro virus) non sia in grado di vivere, per più di pochi secondi, disperso nell’ambiente esterno ma che possa sopravvivere solo all’interno del suo ospite, in questo caso l’uomo, il quale, più o meno consapevolmente, diventa il vettore della sua diffusione infettando altre persone, che si trovano in sua vicinanza, attraverso le proprie secrezioni disperse nell’aria con colpi di tosse e/o starnuti. Quindi come sia stato possibile trovare il covid sui tamponi posizionati all’ingresso dell’alveare rimane, a mio modestissimo parere, un mistero un po' difficile da svelare; forse  la sua presenza potrebbe esser dovuta ad un apicoltore infetto, un po' distratto, che non rispettando la quarantena si è recato in apiario e ha tossito proprio sulle porticine di volo dove erano stati posizionati i tamponi, oppure questa strana positività potrebbe esser dovuta alle api, le quali rientravano al nido dopo aver svolto un’attività di bottinatura, anziché sui campi fioriti, all’interno di un reparto covid di un nosocomio in prossimità dell’apiario. Inoltre, non mi avventuro volutamente nel discorso relativo ai falsi positivi per non rischiare di dovermi imbattere in un trattato di microbiologia. La morale di questa “fiavola” è quindi, a mio avviso, rappresentata dal fatto che non si possono cambiare 300 anni di scienza e di storia della medicina per un virus che in due anni (2020/2021) ha provocato meno della metà delle vittime rispetto a quelle causate dall’influenza (da noi considerata ingiustamente un’infezione banale) del 2018 (dati OMS), così come tanti anni di storia della medicina e di scienza medica non sono stati cambiati a seguito della comparsa di agenti patogeni che hanno determinato ben più gravi e importanti pandemie quali per esempio la peste, la spagnola, l’ebola, l’aviaria e tante altre ancora!

A questo punto, un po' per presunzione un po' per invidia anch’io vorrei raccontarvi una mia “fiavola”, la quale comincia nel più classico dei modi: “c’era una volta”! C’era una volta un bel girasole che dall’alto della sua magnificenza attirò sulla sua risplendente inflorescenza un’ape, un bombo e una farfalla. I tre si posarono sui petali dei fiori del disco del girasole ed iniziarono a suggere dell’ottimo nettare. La farfalla che suggeva a intermittenza fra un goccio di nettare e un battito d’ali, rivolgendosi agli altri due, esclamò con piena soddisfazione: “Questo nettare è veramente molto buono”! Il bombo guardandosi attorno con circospezione per assicurarsi che nessuno potesse rubargli la postazione annuì: ”Hai ragione farfalla, di questi tempi trovare un nettare di qualità è veramente cosa rara”. Mentre i due continuavano a parlottare, l’ape imperterrita non smetteva di suggere il nettare: la sua sacca melaria non era ancora stata riempita a dovere. A quel punto il bombo un po' indispettito esclamò: ”E tu ape, non hai niente da dire”? L’ape estrasse finalmente la sua ligula dalla ghiandola nettarina in cui l’aveva affondata e rispose: ”Avete ragione entrambi, con questo nettare produrrò del miele meraviglioso!” Proprio in quel preciso istante il girasole un po' stizzito, sentendosi come un fiore oggetto, enfatizzò: “Ehi voi tre! Non vi siete accorti che qui attorno è tutto bio? Il mio contadino non concia il mio seme con diserbanti e pesticidi e fra una coltura e l’altra intervalla delle strisce fiorite con della splendida facelia e altre ancora con dell’accattivante lupinella. Qui voi siete nel cuore di una grande azienda agricola votata al biologico!” I tre un po' increduli, un po' stupiti come se non avessero inteso di cosa si stesse parlando ringraziarono e salutarono il girasole e, volandosene via, ciascuno fece ritorno al proprio nido. Così come ogni storia che si rispetti anche questa, come tutte le altre, si conclude con il classico finale:” e vissero tutti felici e contenti”.

Lo so avete ragione, mi sono dilungato oltre il dovuto e febbraio è ormai alle porte per cui vedrò di dedicarmi ad elencare i compiti che questo mese riserva a noi apicoltori. Febbraio è il mese più corto, ma spesso potrebbe anche e ancora essere foriero di giornate di freddo molto intenso. La neve caduta nel mese di gennaio nasconde gli alveari al di sotto di uno spesso mantello bianco e le temperature ancora fredde costringono le api ad un maggior consumo di cibo indispensabile per il mantenimento della corretta omeostasi termica all’interno del proprio nido. Queste condizioni climatiche ci costringono ad un continuo controllo delle scorte “alimentari” presenti negli alveari e nel caso ne trovassimo alcuni con un peso “sospetto” sarà cosa saggia fornire a quelle famiglie del supporto con ottimo candito. Dopo la prima metà del mese le giornate iniziano ad allungarsi ed il maggior periodo d’insolazione riscalda l’ambiente così che intorno agli alveari potremo osservare i primi timidi movimenti delle famiglie al loro risveglio primaverile. Verso il finire di febbraio gli iniziali tepori delle giornate ben soleggiate ci permetteranno, solo qual ora ne esista la necessità e in presenza di un valido motivo, di eseguire rapide ispezioni facendo molta attenzione a tenere aperto il nido per il minor tempo possibile. È questo anche il momento in cui ben presto nasceranno le api della nuova generazione che andranno a sostituire le vecchie operaie ormai “usurate” dalla grande fatica compiuta per traghettare la colonia dall’inverno alla nuova primavera. Un altro compito che ci riserva questo periodo della stagione è quello di eseguire una corretta pulizia intorno all’apiario, soprattutto lungo il passaggio che dovremo utilizzare per muoverci nella postazione. In questo momento dell’anno è consigliabile, inoltre, preparare i supporti per le nuove arnie che abbiamo intenzione di aggiungere alle esistenti. Lasciare crescere delle erbe ad alto fusto a protezione delle porticine di volo degli alveari potrebbe, invece, essere un valido stratagemma utile a disorientare la vespa cabro e/o altri calabroni e a far sì che essi abbandonino il territorio di caccia trovandosi di fronte un alveare ben organizzato nella difesa dei suoi confini.

In magazzino questo è il momento ideale per completare tutte quelle operazioni che non siamo riusciti ad ultimare nei mesi precedenti come: armare e applicare fogli cerei a nuovi telai, recuperare vecchi favi e fondere la cera, preparare nuove arnie porta sciami, riattare le vecchie arnie usurate e disinfettarle a fiamma.

Ora che siamo giunti alla fine, vorrei salutarvi rivelandovi l’elemento fantastico della “fiaba” dell’ape, il bombo e la farfalla ossia questo mondo bucolico in cui predomina il biologico: una cosa molto rara da poter osservare ai giorni nostri e che per questo deve essere in grado suscitare in noi stupore e meraviglia. E vorrei al tempo stesso indirizzarvi anche verso la morale della “favola” del girasole e dei tre pronubi ovvero: è ormai arrivato il momento che da parte di tutti noi si raggiunga la piena consapevolezza che non è più pensabile praticare un’apicoltura e un’agricoltura che non siano profondamente ecosostenibili ed ecocompatibili e che solo attuando una repentina e brusca inversione di rotta che ci porti ad un comportamento molto più riguardoso e rispettoso dell’ambiente in cui viviamo potremo finalmente riscrivere il finale della nostra personale storia, vale a dire: “…e vissero tutti felici e contenti!”

 

 

 

 



giovedì 25 gennaio 2024

CONTROLLO DELLA SCIAMATURA

Rimuovere il tetto dall'alveare Q+QC quindi, posizionarlo a terra a fianco del nido.










Rimuovere l'escludi regina assicurandosi con cura che la stessa non sia sopra a quest'ultimo.










Effettuata questa operazione spostare l'alveare alla distanza di circa un metro rispetto alla sua posizione originale.








Portare nella posizione occupata precedentemente dall'arnia Q+QC un alveare contenente un nuovo nucleo orfano. Le bottinatrici di Q+QC faranno tutte ritorno nell'alveare che occupa la posizione in cui precedentemente si trovava il loro nido.




A questo punto rimuovere ill tetto e il copri favo all'arnia che abbiamo posizionato al posto della Q+QC avendo cura di posizionarli lateralmente alla stessa. Quindi, cercare nell'alveare Q+QC il favo sul quale si trova la regina ed andarlo a sostituire con un favo della famiglia orfana dell'alveare a fianco. 

Assicuriamoci che sul favo in cui si trova la regina non vi sia la presenza di celle reali. Ora riposizioniamo l'escludi regina sull'alveare (che ora chiameremo Q) all'interno del quale abbiamo trasferito il favo sopra al quale si trovava la regina, posizioniamo al di sopra di esso i due melari, il copri favo e il tetto. Nell'alveare Q+QC  (che ora chiameremo 2x-QC) cerchiamo tutte le celle reali in esso presenti, rimuoviamole tutte eccetto due (le più belle) che lasceremo in sede, quindi richiudiamo il nido.

Dopo 7 giorni da questa operazione postiamo la 2x-QC (che rinomineremo Q) un metro a sinistra rispetto a quella in cui abbiamo trasferito il favo con la regina, la quale occupa la posizione iniziale in cui effettivamente si trovava l'alveare orfanizzato. Questa ultima operazione fa si che nuove bottinatrici vadano a rafforzare l'alveare Q.





 
 

mercoledì 17 gennaio 2024

APITERAPIA CON APITOSSINA

 

Il veleno d’api  sull’uomo ha effetti che variano in funzione della quantità di veleno inoculato, della qualità del veleno (essa dipende dall’ape, dalla sua età, dalla specie e dalla sua alimentazione), dalla zona corporea nella quale viene iniettato il veleno e dalla sensibilità dell’individuo a cui il veleno stesso viene inoculato.

Se un individuo viene punto da un ape può presentare a seguito di tale evento due diversi tipi di reazione: normale e anormale (reazione allergica fino a shock anafilattico).

Il veleno d’api grazie alla sua composizione chimica possiede diverse attività come un azione battericida, batteriostatica, antinfiammatoria, allergizzante etc.

Proprio grazie alla sua specifica azione antinfiammatoria esso viene utilizzato in medicina per la cura dei dolori reumatici, artrosici e da tendinite.


Una volta iniettata a livello intradermico, attraverso una puntura d’ape e/o per iniezione tramite siringa, l’apitossina genera una reazione dolorosa causata dalla sua attività emolitica e neurotossica, tale reazione è dose dipendente. La dose di veleno letale per un individuo umano corrisponde a circa 20 punture per kg di peso corporeo ciò equivale a dire che, tale dose, per un soggetto del peso di 65 kg corrisponde a circa 1300 punture (consideriamo che in un alveare in piena stagione vi sono dalle 50.000 alle 90.000 api). Il dolore insorge immediatamente dopo la puntura e a esso segue la comparsa di arrossamento cutaneo, senso di calore, impotenza funzionale del segmento interessato ed edema della zona colpita in un tempo successivo, alla puntura, variabile fra i 2 min. e le 6 ore, l’edema può persistere per 24/48 ore a volte anche per una settimana. Nell’1% dei casi la reazione può essere sistemica (orticaria generalizzata) ma rimane comunque benigna.

L’utilizzo di apipuntura è controindicato in soggetti diabetici, ipertesi, in trattamento con beta bloccanti e in persone con insufficienza cardio-circolatoria.

L’apitossina può essere somministrata per puntura d’ape, iniezione con siringa, per inalazione (sottoforma spray), in crema, in lozione, in compresse e in gocce. Il suo utilizzo è possibile solo sotto precisa indicazione e prescrizione medica, sotto rigorosa sorveglianza medica, in un ambiente provvisto di strutture e farmaci di rianimazione e solo dopo aver valutato le possibili contro indicazioni che tale trattamento comporta.