lunedì 22 dicembre 2025

NOSEMA CERANAE

 

Dicembre un periodo di “dolce far niente” per noi apicoltori visto che i gravosi impegni e gli importanti carichi di lavoro sopportati durante la stagione in questo periodo si riducono fin quasi a scomparire regalandoci un momento di meritato riposo e, perché no, anche del tempo per dedicarci alla riflessione. Ed è proprio in base a quest’ultima considerazione che vorrei disquisire assieme a voi a proposito di una analisi riguardante una parassitosi sempre più frequentemente presente nei nostri alveari e che sta provocando, oltre che a ingenti danni, la perdita di un gran numero di famiglie a noi sagaci custodi della api. Quale? Quella provocata dal Nosema Ceranae.

Come tutti ormai ben sappiamo per riuscire a diagnosticare un’eventuale patologia a carico di una famiglia d’api occorre valutare correttamente i sintomi presentati dalla stessa e dalle api che la compongono, sintomi che, spesso e purtroppo, rappresentano  una manifestazione assai tardiva della patologia in essere, ossia si rivelano solo quando questa è presente già in uno stadio molto avanzato. Nel caso specifico di un’infezione indotta da Nosema Ceranae la possibilità di eseguire una corretta ed esatta valutazione dei sintomi in tempi precoci risulta essere una procedura assai difficile se non impossibile da eseguire. Perché?  Perché, purtroppo, tale patologia rimane asintomatica fino al suo esito finale: “lo spopolamento dell’alveare”.

Una volta valutati i sintomi, sulla base degli stessi, occorre formulare  delle ipotesi diagnostiche che ci consentano di porre diagnosi del tipo di patologia da cui essi derivano.

Quindi, si dovrà cercare conferma dell’ipotesi fatta attraverso indagini di laboratorio (analisi istopatologica eseguita sulle api e/o sui cadaveri delle stesse prelevati dall’alveare); solo in seguito a ciò potremo fare delle previsioni  sulla possibile evoluzione della malattia per poter così intervenire con i corretti medicamenti (esempio farmaci antivarroa piuttosto che antifunginei e/o altro ancora).

Recentemente, però, si sta sempre più diffondendo una nuova modalità di approccio alla cura e alla prevenzione delle malattie che colpiscono l’alveare: essa consiste nella ricerca, attraverso test di laboratorio, di eventuali patogeni radicati all’interno della colonia prima ancora che si manifestino i sintomi della malattia indotta dagli stessi germi.  Una volta identificati gli agenti patogeni presenti nella famiglia d’api bisognerà valutare il rischio a cui la presenza degli stessi sottopone la colonia e conseguentemente agire con la somministrazione, piuttosto che di farmaci, di alimenti complementari in grado di stimolare e fortificare il sistema immunitario delle api che compongono quella colonia. Tali sostanze devono rinforzare l’attivazione dell’immunità senza stimolarla in maniera eccessiva per non correre il rischio che un sistema immunitario esageratamente attivato anziché produrre un effetto benefico non induca alla comparsa di effetti collaterali non desiderati.

Sulla scia di queste considerazioni , avendo avuto la fortuna di seguire un seminario del Professor Gilles Grosmond medico veterinario e apicoltore con competenze approfondite nell’ambito della omeopatia, fitoterapia e aromaterapia, sono venuto a conoscenza di un alimento complementare da lui elaborato e sperimentato per circa una decina di anni, alimento che promette di contrastare con grande vigore, attraverso la stimolazione del sistema immunitario e l’ottimizzazione della composizione del  microbiota intestinale delle api, l’infestazione da nosema ceranae e le relative virosi da esso indotte.

Il Nosema Ceranae è un parassita intestinale unicellulare appartenente alla categoria dei miceti, esso si caratterizza in modo specifico per la presenza di un doppio nucleo e l’assenza totale di strutture intracellulari, in particolar modo di mitocondri, ciò lo rende un parassita obbligato cioè non in grado di moltiplicarsi da solo e di vivere in autonomia. Questo micete penetra all’interno delle cellule intestinali dell’ape dove inizia a riprodursi e a generare delle spore che andranno a dislocarsi all’interno del lume del tubo digerente dell’ape. Il parassita va a colonizzare la parte posteriore dell’intestino dell’ape provocando, a tale livello, estese lesioni cellulari. Il Nosema Ceranae, poiché  privo di strutture mitocondriali, avrà bisogno di trovare zuccheri al fine di recuperare l’energia indispensabile alla sua sopravvivenza e alla sua riproduzione e ciò lo porterà a predare lo zucchero presente negli enterociti (cellule intestinali) e nelle cellule che costituiscono l’emolinfa (sangue) delle api, la conseguenza di questo processo di “predazione” si traduce con l’incapacità da parte dell’ape di utilizzare come nutrimento indispensabile per generare energia, fondamentale al suo sostentamento e alla sua sopravvivenza, gli zuccheri da lei stessa raccolti. L’infezione provoca una continua e costante sottrazione di zuccheri che si traduce per le api estive con una diminuzione di performance, una diminuzione di longevità (l’aspettativa di vita delle api infette si riduce così da 40/45 giorni a una trentina di giorni) e un passaggio prematuro dallo stato di ape operaia che svolge i suoi compiti all’interno del nido allo stato di bottinatrice. Tutto ciò comporta la presenza di effetti deleteri per la famiglia, ma quel che è peggio è che tali effetti avvengono senza che vi sia una concomitante presenza di una chiara e ben identificabile sintomatologia. Questa condizione rende la nosemiasi difficilmente identificabile particolarmente da parte di apicoltori che non abbiano ancora una pluriennale esperienza in tale disciplina.

Recentemente si è, inoltre, dimostrato come all’aumentare della longevità delle api aumenti anche l’infestazione da Nosema e ciò comporta, anche a carico delle api invernali, un passaggio prematuro dallo stato di api nutrici a quello di bottinatrici con conseguente diminuzione dell’aspettativa di vita, quindi una precoce diminuzione della popolazione e di api nutrici capaci di assistere ai bisogni della covata al momento della sua ripresa. Questo progressivo e inesorabile spopolamento avrà anche come conseguenza l’incapacità da parte delle api residue di mantenere il glomere mentre la  “fame” di zucchero induce le stesse a uscire dal nido per procurarsi cibo ma allo stesso tempo impedisce loro di farvi ritorno poiché destinate a morte certa a causa del freddo clima invernale.

L’insieme di tali fattori concorrono a determinare un forte indebolimento della colonia condizione, questa, che porterà all’instaurarsi di sovrainfezioni da parte di altri patogeni quali, per esempio, i virus (DWV – BQCV – SBV e/o altri ancora) e/o i tripanosomi (Crithidia Mellificae – Lotmaria passim che parassitano l’epitelio intestinale), le quali, associate all’infezione da Nosema porteranno come conseguenza alla morte precoce delle api e al conseguente  spopolamento dell’alveare.

Le infezioni virali si localizzano principalmente nel tessuto nervoso (cervello e antenne CBPV), nei centri della vista (DWV) e/o nelle ghiandole ipofaringee. Esse possono venir trasmesse per via “verticale” attraverso, per esempio, la contaminazione intra- ovarica delle uova oppure attraverso la contaminazione della superficie dell’ovocita che avviene durante il suo passaggio nelle vie genitali e/o a causa della contaminazione degli spermatozoi. Un’altra modalità di trasmissione virale è rappresentata dalla via “orizzontale” come avviene per esempio nel caso della trasmissione dovuta all’azione parassitaria della varroa la quale, da studi recenti, sembra essere più un “moltiplicatore” di virus piuttosto che un diffusore degli stessi, oppure come avviene durante la trofallassi, la frequentazione dei fiori e/o le condotte igieniche quali il grooming.

Attualmente, secondo recenti studi, possiamo considerare  che circa il 75% degli alveari manifesti al suo interno la presenza di Nosema Ceranae, quindi, il rischio che le famiglie che gestiamo vengano colpite da tale infezione è sicuramente molto alto e raffigura una complicazione decisamente  importante. Inoltre, come abbiamo detto, la presenza di Nosema Ceranae all’interno dell’alveare espone la famiglia al rischio di contrarre sovrainfezioni virali, e a tal proposito si è valutato che la contemporanea sovrainfezione da parte di 3 categorie differenti di virus rappresenta un fattore di rischio flebile  per un esito di spopolamento e morte della famiglia, da 3 a 6 differenti tipi di virus il rischio diviene elevato, mentre da  6 a 10 diviene molto elevato.

Analisi eseguite su campioni di api vive hanno confermato che anche in colonie asintomatiche si riscontra la presenza di Nosema Ceranae in una  percentuale pari al 75% e la concomita presenza di virus quali, tra i principali: ABPV (virus della paralisi acuta), BQCV (virus della cella reale nera), CBPV (virus della paralisi cronica), DWV e DWV-A (virus delle ali deformi), VdV1 e DWV-B (virus varroa d.), KBV (Kashmir virus), SBV (virus della covata sacciforme) e SBPV (virus della paralisi lenta) oltre alla possibile presenza di tripanosomi come la Crithidia Mellificae e la Lotmaria passim la cui azione patogena a livello degli enterociti viene notevolmente potenziata dalla contemporanea presenza di un infezione da nosema. Analisi batteriologiche condotte su bombi e altri apoidei, prelevati in prossimità di apiari, manifestano la presenza degli stessi patogeni evidenziati nelle colonie d’api presenti nell’apiario e ciò testimonia quanto sia divenuta pericolosa la trasmissione di patogeni per via orizzontale e quanto, per certi versi, essa divenga anche una via di trasmissione “circolare” ossia: da ape ad apoidei e viceversa. Tutto ciò espone le nostre api a un forte rischio di contrarre sempre più frequentemente infezioni che nel tempo potrebbero rivelarsi letali per le nostre famiglie anche se gestite con scrupolosa cura.

Sulla base di queste considerazioni e sull’entusiasmo suscitatomi da quanto appreso nell’ascoltare la lezione divulgativa del Dr. Grosmond ho voluto provare a sperimentare la reale efficacia dell’alimento complementare da lui “progettato”. Il prodotto viene commercializzato con il nome di Bee’ Full Plus ed è stato elaborato al fine di sostenere l’immunità dell’ape migliorandone la sua longevità. Non essendo attualmente disponibile in Italia, l’ho potuto reperire sul sito web francese: “ https://www.naturapi.com “.

Il prodotto è composto da un additivo sensoriale costituito da un insieme di sostanze aromatiche (oli essenziali) fondamentali per la formazione e la stimolazione di peptidi antimicrobici e per il potenziamento della produzione di vitellogenina. La miscela di tali sostanze aromatiche permette, inoltre, di equilibrare la flora intestinale dell’ape, in più la diffusione, attraverso la cuticola delle api, di tali composti olfattivi disturba il ciclo biologico di Varroa Destructor.


In esso si trovano, ancora, un numero importante di oligoelementi come solfato di rame, di zinco, di manganese, di selenio e di ferro, tutte sostanze indispensabili a stimolare, regolamentandola, l’immunità innata dell’ape la quale si manifesta attraverso la produzione di componenti ossidanti antibatterici: la glutatione perossidasi, l’ossido d’azoto e radicali super ossidanti. La presenza di curcuma, sostanza ricca in polifenoli, gli conferisce un forte effetto antiossidante e antinfiammatorio, così come la presenza in esso di gomma arabica, elemento composto da fibre corte, garantisce una ottima stimolazione del microbiota intestinale. L’aggiunta di estratti di alghe marine esercita un effetto positivo sulle cellule del tubo digerente fortificando la barriera intestinale e permettendo un ottimale riassorbimento degli oligoelementi.Le modalità di somministrazione sono semplici e consistono nel miscelare il composto nella proporzione di 12 ml per litro di sciroppo 1 a 1 e successivamente distribuire il prodotto alle nostre api con il dosaggio di 250 ml ogni 48 ore per 4/8 somministrazioni consecutive. Il periodo consigliato per ripartire questo alimento complementare è luglio, subito dopo la rimozione dei melari, ma qualsiasi periodo della stagione, esclusi ovviamente i mesi invernali e il momento della raccolta, è buono per alimentare le nostre famiglie con questo preparato.

Le indicazioni all’utilizzo di Bee’ Full Plus sono quelle di ridurre la mortalità invernale delle famiglie riducendo drasticamente l’infestazione da nosema ceranae e le virosi; di aiutare lo sviluppo delle colonie, particolarmente le più flebili a inizio primavera (in questo caso bastano solamente 3 somministrazioni per non rischiare di innescare una sciamatura precoce); prima della transumanza; per stabilizzare il lavoro di selezione; per fortificare la regina preservando la sua longevità e per rallentare il degrado sanitario delle colonie.

Il prodotto è composto da sostanze naturali, non lascia residui nell’alveare ed eventualmente quei pochi che dovessero rimanere sono costituiti da sostanze del tutto naturali.


   







 



 

venerdì 19 dicembre 2025

L'APE E IL CICLISTA

L’eremo di Santa Caterina a Rio nell’Elba è un luogo immerso nel verde della macchia mediterranea

dal quale si può osservare il mare perdersi, in lontananza, verso un immutabile orizzonte. La piccola chiesa, eretta in nome della Santa, era meta di pellegrinaggio da parte dei pescatori che al ritorno dal loro lavoro venivano a ringraziare la Santa per averli salvati e protetti dai pericoli del mare. L’eremo, negli anni, conobbe uno stato di ingiustificato degrado e abbandono e solo recentemente (circa da 30 anni) ha ritrovato il suo antico splendore ritornando, dopo un pregevole restauro, a dispensare tutto il fascino di cui è foriero. Ai nostri giorni l’eremo è anche divenuto parte di un progetto ancora più ambizioso ossia quello dell’orto dei Semplici e della Banca della Terra. Questo progetto si prodiga nella protezione di specie botaniche endemiche dell’arcipelago dell’Elba e nella conservazione di piante autoctone dell’isola d’Elba. 
Questo progetto di salvaguardia della biodiversità locale non può e non deve comunque prescindere dalla presenza di insetti impollinatori ed ecco quindi che a questo scopo è stato introdotto un apiario che gestisce con amorevole passione e grande esperienza Roberto Ballini. Roberto nella sua carriera è stato un grande ciclista professionista che si è aggiudicato nell’arco della sua attività ciclistica anche importanti trofei. Al termine della sua attività agonistica l’incontro con le api. Da allora Roberto si dedicò anima e cuore a questa nuova, affascinante e coinvolgente professione: l’apicoltura. Durante lo svolgimento di questa sua nuova attività Ballini, entrando in grande empatia con le sue operaie alate, un giorno si accorse che emettendo un particolare suono, molto acuto, con la sua voce egli riusciva a calmarle facendole fermare improvvisamente. Questa sua peculiare e inaspettata scoperta da allora gli valse il soprannome di: “uomo che parla alle api”! La cosa comunque non passò inosservata al mondo della scienza e furono fatte delle ricerche da studiosi tedeschi, i quali arrivarono a determinare che suoni aventi una frequenza compresa fra i 260 e i 400 hertz riescono a calmare completamente le api, le quali in presenza di queste frequenze rallentano e/o bloccano la loro attività continuando comunque a comunicare mediante l’utilizzo delle proprie antenne. Nello specifico il suono emesso da Ballini ha una frequenza pari a 290 hertz. 

Io più romanticamente e con minor supporto di teorie scientifiche amo pensare che più che un discorso di frequenze sia un discorso di armonia, per questo voglio credere che il suono emesso da Roberto sia in una tonalità di sol diesis, la stessa tonalità del canto emesso dalla regina alla quale le sue ancelle si prostrano e si inchinano in una sorta di devota e religiosa sudditanza. Al di là della scienza e delle sensazioni la magia di questo rapporto empatico fra Ballini e le sue amate compagne alate è rappresentata dal fatto che Roberto parla per davvero alle sue api e ad ogni suo richiamo esse gli rispondono muovendo le antenne nel tentativo di comunicargli chissà che o chissà cosa. È un’esperienza veramente affascinante osservare, nella sacralità del silenzio dell’orto dei semplici, questo incantesimo che lega Roberto alle sue api, incantesimo che, ancora una volta, ci testimonia come la natura sia in grado di parlarci e di farsi ascoltare, basterebbe solo avere il tempo e la pazienza di volerla veramente ascoltare.

Al di là di tutto quello che saprà o potrà dimostrare la scienza in questo magico rapporto fra Roberto e le sue api riusciamo comunque ad assaporare tutta la semplicità, la naturalezza e la passionalità di una persona che con amore e profonda passione è riuscito a stabilire un punto di profondo contatto in questo infinito rapporto di vicendevole empatia che da anni accomuna l’uomo e l’ape!

 

 




 

giovedì 18 dicembre 2025

ARNIA WARRE MODIFICATA

Il modello di arnia secondo Warré e particolarmente la Warré modificata è, senza ombra di dubbio, l’alveare che meglio rispetta lo sviluppo della famiglia sia durante il suo periodo di crescita, sia durante la fase di formazione del glomere nei mesi freddi e invernali. Tale tipo di arnia consente, infatti, lo sviluppo verticale della colonia, così come avviene in natura, e quanto più la sua forma è prossima a quella di un tronco d’albero tanto più prossimi ai valori fisiologici naturali saranno lo sviluppo e la crescita della famiglia.

In effetti potremmo paradossalmente considerare l’ape come un insetto “cavernicolo” al quale, ai giorni nostri, diviene quasi impossibile riuscire a trovare tronchi d’albero cavi all’interno di cui poter nidificare. Capita, infatti, sempre più spesso, di questi tempi, che un vecchio albero morto venga abbattuto e rimosso impedendo in così che si possa compiere il normale ciclo biologico della natura e soprattutto negando la possibilità a un animale selvatico piuttosto che a una colonia di api di trovare un confortevole alloggio in un habitat del tutto naturale.

In Francia è ormai da diverso tempo che un numero sempre maggiore di apicoltori si dedica all’allevamento di api in arnie cilindriche costruite sul modello dell’arnia Warré, esse permettono al custode delle api di praticare un’apicoltura classica fornendo però alle proprie operaie un confortevole e ottimizzato habitat. Questo nuovo modello di arnia è stato adottato nella convinzione che nulla di meglio possa essere offerto a questi splendidi insetti se non che un’arnia a forma cilindrica, all’interno della quale oltre che a far sì che si possa ottenere uno sviluppo più fisiologico della colonia è possibile sviluppare, da parte delle api, un miglior controllo dell’omeostasi termica con un minor dispendio energetico.

Jean-François, un apicoltore francese, è riuscito a costruire un’arnia che non solo esternamente ha una forma assai prossima a quella di un tronco d’albero, ma il fatto che la rende unica è che al suo interno essa è perfettamente cilindrica.

. Grazie a questa sua caratteristica le api all’interno di questo alveare trovano un habitat che rispetta al meglio quello che loro ricercherebbero in natura, inoltre, il tetto e la plancia di volo sono state architettate in maniera tale da donarle un accattivante tocco estetico che fa di questo alveare un elemento superbo da sfoggiare nel proprio giardino. Quest’arnia ha un’altezza di 21 centimetri ed è composta da tre elementi (divisibili) o più, a seconda dello sviluppo della famiglia, ciascuno dei quali è intercambiabile.

 

 


 


 

mercoledì 17 dicembre 2025

INVERNIAMO LE API

 

La stagione è appena terminata e se il nostro lavoro è stato scrupoloso, grazie anche alle nostre cure efficaci e preventive, le api potranno godere delle condizioni ottimali per sopravvivere al lungo e rigido inverno raggiungendo in completa sicurezza i primi tepori primaverili.

Un’arnia solida in buone condizioni, un tetto impermeabile e ben ancorato al nido, una buona coibentazione all’interno del coprifavo e un panetto di candito sempre disponibile è ciò di cui necessitano le nostre preziose operaie per svernare in tranquilla serenità.

Con l’arrivo del mese di dicembre non dovremo più aprire i nostri alveari: non c’è, infatti, alcun motivo per doverlo fare, qualsiasi manipolazione dovrà esser rimandata a fine febbraio/inizio marzo quando le temperature più clementi lo consentiranno.

Accertiamoci di aver ristretto l’ingresso dell’alveare con l’apposita griglia metallica, lasciando spazio ad un corretto ricambio d’aria, per impedire a qualche roditore di introdursi all’interno del nido che, oltre al danno che potrebbe causare ai favi, provocherebbe attraverso le sue deiezioni la comparsa di un odore insopportabile per le api.


Assicuriamoci che non vi siano sterpaglie nei pressi degli alveari esse, infatti, potrebbero alterare un regolare ricambio d’aria all’interno del nido cosa questa che porterebbe ad un pericoloso aumento della concentrazione di CO2 e alla formazione di umidità mal sopportata dalle api e, al tempo stesso, responsabile di formazione di muffe e mal conservazione della cera dei favi.

Infine, assicuriamoci di aver ben isolato dal freddo i nostri alveari, da tempo, infatti, si discute se sia o meno importante coibentare gli alveari per proteggere le api. La credenza diffusa fra la maggior parte di noi apicoltori è che le api non muoiono mai di freddo, questo fa sì che si pensi che sia irrilevante proteggere le arnie con coibentazione, mentre ciò che è veramente importante è portare a svernare famiglie sane e popolose, con molte scorte, in grado di potersi permettere la maggior efficienza nella termoregolazione del nido. Le api, in effetti, non riscaldano la temperatura di tutta l'arnia ma la mantengono a livelli corretti solamente all'interno del glomere (25°/30°C al centro - 13°C alla periferia), il quale, pur avendo ottime capacità coibentanti, (si dice pari circa a quelle di un piumino d'oca), ha temperatura superiore rispetto a quella dell'aria presente nell'alveare per cui necessariamente disperderà calore nell'ambiente circostante. Questo fatto costituisce una falla nel sistema di termoregolazione delle api, si tratta perciò di stabilire se tale perdita di calore sia o meno rilevante dal punto di vista del buon funzionamento della famiglia e della sua produttività. Recenti studi hanno dimostrato come una buona coibentazione dell'arnia consenta di mantenere una temperatura maggiore nelle sue parti periferiche cosa, questa, in grado di determinare minori oscillazioni giornaliere della stessa temperatura, di mantenere un grado di umidità relativa molto prossimo a quello ottimale, di permettere un migliore sviluppo delle famiglie in primavera, di garantire un minor consumo di scorte alimentari e una minore mortalità delle api.

Durante questo primo freddo periodo invernale l’attività sulla plancia di volo è molto limitata, nelle giornate più tiepide, nelle ore centrali, potremmo osservare qualche timida bottinatrice che parte alla ricerca di un’empirica riserva di nettare, qualche altra che va a far provvista di una piccola scorta d’acqua e qualcun'altra ancora che effettua il suo volo di purificazione. Questo flebile andirivieni testimonia che tutto sta andando per il meglio all’interno del nido.

Anche se in apiario vi è poco o nulla da fare non perdiamo la buona abitudine di visitare con regolarità i nostri alveari per verificare che su di essi non siano caduti grossi rami, che un’arnia si sia scoperchiata a causa di forti raffiche di vento o che sia stata danneggiata dall’irriverente presenza di un dispettoso picchio. Un’attenta presenza in postazione ci consentirà di porre celermente riparo ad eventuali danni di questo genere.

Durante tale periodo del tempo ne rimane e potremmo dedicarlo ai lavori di magazzino riparando arnie e arniette, passandole poi alla fiamma per una buona disinfezione; prepariamo nuovi telai, armiamoli e applichiamo un foglio cereo così che essi siano già pronti al momento dell’occorrenza; laviamo e mettiamo a riposo gli indumenti da lavoro, fino alla prossima primavera non ci occorreranno; sterilizziamo leve e tutto ciò che è stato a contatto con le famiglie ospitate nei nostri alveari così che tutto il materiale operativo sia pronto al momento della ripartenza.

Altro tempo a disposizione ne avremo sicuramente dedichiamolo allora a seguire i corsi organizzati dalle nostre associazioni apistiche e alla lettura di qualche buon libro di apicoltura. A questo proposito, pro domo mia, vorrei ricordarvi “Un apicoltore in Vespa” che spero vi possa regalare qualche ora di piacevole lettura e che al tempo stesso potrebbe rivelarsi anche un simpatico regalo da portare in dono ad amici il prossimo Natale.

 

 



martedì 16 dicembre 2025

APICOLTURA IN INVERNO

 

In un avvolgente scorcio di una tiepida giornata di fine novembre, seduto sulla riva della spiaggetta di San Michele di Pagana, accogliente località del levante ligure, osservo le onde frangersi orgogliosamente sulla battigia per poi dissolversi, con fare furtivo, su un complice bagnasciuga. Assorto in questo dirompente turbinio di movimento d’acqua scorgo in lontananza un mercantile che con il suo lento incedere sembra quasi voler tratteggiare la sottile linea di confine di un orizzonte lontano dove l’azzurro del mare trafigge indisturbato il blu del cielo. Penso all’equipaggio che dopo giorni e giorni di impetuoso navigare finalmente riscopre la gioia di avvistare la terra mentre, dalla prua del cargo, già si riesce a riconoscere, là oltre l’ultimo promontorio, Genova con il suo così tanto atteso porto d’attracco che finalmente ha dato segno di sé. Mi sto già immaginando il nostromo che, dalla più alta postazione della nave, avvisa l’equipaggio al grido di: “terra, terra” quando improvvisamente questo mio dolce fantasticare viene interrotto dal ronzio di un’ape che con saggia disinvoltura, sfrecciandomi intorno, si va a posare proprio là, dove qualche schizzo d’acqua marina è riuscito ad inumidire il suolo, per poter suggere quella preziosa linfa ricca di sali minerali e così tanto utile al benessere dell’alveare. Ritorno, allora, giudiziosamente al presente ricordandomi che fra non molto sarà dicembre con un nuovo freddo e lungo inverno pronto a far capolino sui nostri alveari costringendo le laboriose apette a stringersi serrate in un tiepido glomere che consentirà loro di affrontare, in un dolce navigare, forti venti di tempesta e gelide nevicate per riuscire a traghettare la famiglia alla nuova primavera che, si spera, non tarderà ad arrivare.

Dicembre: un sospirato periodo di dolce far niente per le nostre colonie e di vigile riposo per noi apicoltori. Impieghiamo il molto tempo libero di cui possiamo godere in questo momento della stagione per seguire le riunioni organizzate dalle associazioni apistiche a cui siamo iscritti, partecipiamo a incontri con chi svolge la nostra professione saranno la giusta occasione per stringere nuove amicizie e per un salutare e sano confronto che altro non potrà fare se non che accrescere le nostre conoscenze. Non dimentichiamo nell’immancabile letterina di rito, da inviare a Babbo Natale, di richiedere in dono libri e riviste di apicoltura perché la nostra mente ha sempre fame di nuove notizie, novità che aiuteranno a coltivare il nostro sapere per cercare così di riuscire a sfatare quel vecchio e indecoroso detto secondo il quale la conoscenza non è mai abbastanza mentre l’ignoranza è sempre troppa!

Dedichiamoci a lavori di magazzino riparando vecchie arnie che potrebbero trovare nuovi inquilini nella stagione a venire, armiamo qualche telaino perché potrebbe esserci d’aiuto all’occorrenza quando sarà giunto il momento di formare nuovi nuclei, rimuoviamo dai telai da nido vecchi favi ormai inutilizzabili e sostituiamoli con fogli cerei, per chi amasse il bricolage questo è anche il momento migliore per dedicarsi alla costruzione di nuove arnie utilizzando legname di buona qualità.

Passiamo di tanto in tanto fra le casette della nostra postazione e osserviamole con attenzione perché, anche in assenza di attività, grazie a quell’indissolubile e consolidato pizzico di empatia fra noi e le nostre meravigliose operaie, saremo in grado di saper cogliere il profondo respiro dell’alveare. Non scordiamoci mai di coibentare (meglio farlo prima dell’arrivo del freddo) l’interno del coprifavo con lana di roccia, polietilene, cartone e/o tessuto non tessuto e soprattutto ricordiamoci di lasciare sempre a disposizione delle nostre compagne un panetto di ottimo candito, meglio se addizionato con polifenoli e/o vitamine, sapranno gustarlo in caso di necessità oppure esso diventerà un ottimo jolly sul finire di febbraio quando le prime tiepide giornate segneranno la ripresa delle attività.

Lasciamo tranquille le nostre api che, assopite nel dolce tepore di un tiepido glomere, si sono attrezzate per superare il lungo periodo invernale; non disturbiamole, non creiamo frastuoni molesti attorno ai loro nidi perché qualsiasi rumore che dovesse disturbare la loro quiete le indurrà ad un maggior consumo di cibo cosa, quest’ultima, sicuramente poco auspicabile.

Così, come un ammiraglio di lungo corso, osservo in religioso silenzio la flotta dei miei amati alveari navigare impetuosa attraverso una nuova, lunga e fredda stagione con nel cuore la speranza che, avendo seguito la giusta rotta, l’intero equipaggio, all’arrivo della prossima primavera, come un porto sicuro anch’esso riuscirà a dare segno di sé.

Auguro a tutti voi un felice Natale con l’auspicio che il nuovo anno sia all’insegna della pace e che si lasci alle spalle una guerra ingiusta che finora ha causato solo vittime disarmate e innocenti, vittime a cui questa guerra non appartiene e che sicuramente non l’avrebbero mai voluta!

Vi ricordo che sono ancora disponibili alcuni posti per la partecipazione al Corso Base di Apicoltura presso l'UNITRE di Meda,(13/20/27 febbraio - 6 marzo 2026) e presso la biblioteca comunale di Costa Masnaga (7/14/21/28 febbraio 2026).
Per prenotazione rivolgersi: 
UNITRE Meda (www.unitremeda.it) tel: 03622347472 - 3388804180. Indirizzo e-mail: segreteria@unitremeda.it
Biblioteca di Costa Masnaga: 031856731
indirizzo e-mail: biblioteca@comune.costamasnaga.lc.it
La pre iscrizione è consigliata in quanto i posti rimanenti sono limitati

 



domenica 14 dicembre 2025

APICOLTURA: PROGRAMMA FORMATIVO OBBLIGATORIO

 

Programma operativo per operatori ai sensi del DM 6 2003

L’obbligo formativo riguarda tutti gli apicoltori, tuttavia, le attività registrate in BDN come “familiari” sono escluse da questo adempimento.

L’obiettivo alla base dalla norma sarebbe quello di fornire agli apicoltori le conoscenze necessarie per la gestione e la registrazione degli allevamenti apistici in conformità con le nuove normative sanitarie europee. Questo aggiornamento normativo mirerebbe a migliorare la tracciabilità e la sicurezza sanitaria nel settore, prevenendo la diffusione di malattie tra alveari e assicurando un controllo più efficace sulle attività di allevamento.

Struttura del corso: durata e costi

Il percorso formativo prevede:

  • Un programma modulare, articolato in sessioni teoriche.
  • Una durata complessiva di 18 ore per gli operatori,
  • Un costo variabile, che può oscillare tra 170 € e 200 €, in base all’ente erogatore.
Attualmente è possibile seguire GRATUITAMENTE il corso iscrivendosi alla sezione formazione sul portale dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana raggiungibile al seguente link 
https://formazione.izslt.it/eventi/181








MARCHIO DEL MIELE LARIANO APCAL

Fare apicoltura non è solo allevare api, produrre miele, creare sciami e altro ancora, fare apicoltura è anche un modo per viaggiare sia con la mente che fisicamente. Viaggiare, vedere nuovi posti, incontrare gente, conoscere persone con le quali una potente impronta empatica ti sembra esistere da sempre anche se ci si è conosciuti da pochi attimi e tutto questo perché si tratta di persone con incorporata nel loro DNA la tua stessa sequenza genetica. Quale? La risposta in questo caso è molto semplice: ovviamente quella della passione per le api. E così ad uno dei miei corsi di apicoltura che tenni a Costa Masnaga conobbi Roberto, il quale rimasto impressionato, fortunatamente in modo positivo, dalle mie relazioni didattiche sul mondo delle api e sulle modalità con cui prendersene cura per poterle allevare mi invitò in quel di Mariano Comense nella sede dell’Azienda Apistica “Sironi Apicoltura” di due stupende persone: “papà” Natale e suo figlio Damiano i quali, a loro volta, mi diedero la buona opportunità di poter tenere, in quel luogo, due conferenze sull’apiterapia.

Fu proprio a una di queste due serate che incontrai Giancarlo Costenaro presidente dell’Associazione Produttori Apistici delle Province di Como e Lecco (APACL) che, a sua volta, sempre seguendo quel vorticoso turbinio che ti porta a vedere nuovi posti e a incontrare nuove persone, mi invitò a Como presso la sede dell’associazione che presiede per farmi conoscere i numerosi progetti da essa elaborati ma in modo particolare per presentarmi l’iniziativa volta a valorizzare i fantastici mieli di questo territorio attraverso la creazione di un marchio di garanzia: il “ Marchio del Miele Lariano” che certifica l’originalità e la provenienza dei mieli da esso contrassegnati tutelando, al contempo, sia la qualità del prodotto sia il consumatore finale che sceglie di acquistarlo. Il miele lariano, infatti, prodotto all’interno del territorio delle province di Como e Lecco presenta caratteristiche chimico-fisiche, organolettiche e melisso-palinologiche di fatto distintive essendo il risultato della bottinatura delle api all’interno di un ambiente situato nella fascia prealpina, luogo caratterizzato da inverni piuttosto rigidi ma che, grazie alla presenza mitigatrice dei laghi, permette lo sviluppo, nelle zone in prossimità di questi grandi specchi d’acqua, di una flora dai tratti quasi mediterranei, insolita per gli ambienti prealpini ed alpini. Questa situazione favorisce una estrema differenziazione delle specie botaniche vegetanti sul territorio, cosa che garantisce alle api un pascolo vario, con fioriture scalari che si susseguono nell’intero arco della stagione vegetativa durante tutto il periodo del raccolto. Le api grazie a queste favorevoli condizioni elaborano così un miele prezioso, unico e inimitabile che rispecchia a pieno i sentori e le essenze peculiari di una pregiata biodiversità.

Così, per far fronte a quel prezioso invito, all’imbrunire di un tardo pomeriggio di metà febbraio io e Stefania, moglie per scelta e segretaria per necessità, ci infilammo nella nostra turbo panda a metano e partimmo in direzione Como con l’entusiasmo di chi va a incontrare e conoscere gente e l’eccitazione di chi sta per immergersi nei profumi e nelle suggestioni di un affascinante paesaggio Lariano che si preannuncia già a chilometri di distanza tanto che, parafrasando una famosa canzone di Ivano Fossati, potrei dire che fin da Alzate si sente il lago, fin da Lipomo si vede il lago, dietro una curva: improvvisamente il lago!

Giunti finalmente in piazza Camerlata, sede dell’associazione, già pigiando il tasto del citofono sentimmo crescere in noi quella magnetica empatia di cui sopra. Raggiungemmo la sede e ad aspettarci cerano alcuni dei soci che ci riservarono una calda e gioviale accoglienza. Dopo le presentazioni di rito iniziammo a conversare come se ci fossimo salutati la sera precedente e si parlò ovviamente di api: chi la preferisce “mora”, chi “bionda” chi, come me, ha una passione per la sottospecie carnica…, si discusse, inoltre, di trattamenti: chi fa il blocco con l’ossalico, chi non utilizza l’amitraz, chi fa il blocco invernale e chi invece, come Andrea Ortelli, giovane socio con grande esperienza, d’inverno preferisce fare il sublimato. “Non sono mica  matto” esclamò Marco Bianchi, memoria storica del gruppo, “io non voglio mica rovinarmi la salute e i polmoni” e così fra una boutade e l’altra si giunse finalmente al momento di calare l’asso ed ecco che allora l’espressione dei soci si fa seria e appassionata, vogliono  presentarci la loro preziosa “creazione”: il Marchio del Miele Lariano.

Esso nasce con l’intento di promuovere e valorizzare il miele prodotto nelle province di Como e di Lecco, un territorio ricco di una eccezionale biodiversità con fioriture che regalano essenze per la produzione di mieli mono e multifloreali che rispecchiano la peculiarità e l’unicità di questo territorio. Proprio per questo motivo la possibilità di utilizzare il marchio di proprietà dell’associazione, e da loro elaborato, è riservata unicamente a produttori apistici che operano nelle suddette province.  A questi, qualora ne facciano richiesta, verrà corrisposto un numero di sigilli direttamente proporzionale al numero di alveari gestiti e alla potenziale quantità di miele prodotta dagli stessi, valutata anche in base all’andamento stagionale. Chi desidera aderire al marchio dovrà inoltre attenersi a precise disposizioni quali quella di sottoporre le proprie api a tutti gli interventi necessari a combattere lo sviluppo di patologie in accordo con le disposizioni emanate dai servizi veterinari locali, a non praticare trattamenti in corso di raccolta del miele, a non utilizzare nutrizione proteica con integratori contenenti pollini di specie botanica non presente nel territorio e/o contenenti proteine di derivazione animale. Inoltre, al fine di garantire una gestione trasparente e non discriminatoria del marchio l’associazione, proprietaria dello stesso, può nominare una commissione che avrà il compito di esprimere una valutazione in merito all’ammissione dei concessionari, alla definizione dell'eventuale numero annuale dei sigilli da consegnare ai singoli apicoltori consigliando al contempo agli stessi un prezzo minimo di vendita del proprio miele. 

A ulteriore tutela del marchio, quale garanzia della specificità del prodotto a esso associato, ogni singola partita di miele dovrà essere sottoposta alle analisi per verificare la corretta rispondenza al dichiarato in etichetta.

La serata trascorse piacevolmente e dopo i commiati io e Stefania ci avviammo sul cammino del ritorno cercando di percorrere la giusta strada proprio come hanno fatto gli amici di APACL che con la creazione del Marchio del Miele Lariano hanno imboccato la strada maestra che consente loro di arrivare a certificare e valorizzare un prodotto prezioso, unico e di grande qualità, a garantire il lavoro di apicoltori responsabili e irreprensibili e a educare i consumatori, i quali acquistando un miele che si fregia di tale marchio acquisiranno la consapevolezza che  un miele italiano, un miele di prossimità, un miele prodotto nel territorio che si abita e garantito da un marchio serio, regala sia emozioni gustative che non hanno eguali sia piaceri che valgono decisamente il prezzo pagato per l’acquisto del prezioso nettare dorato!

 

 


 

martedì 9 dicembre 2025

CORSO DI APICOLTURA 2026

 Nel febbraio 2026 vi sarà la possibilità, per chi ne fosse interessato, di partecipare alla formazione apistica frequentando il corso base di apicoltura presso l'UNITRE di Meda e/o presso la Biblioteca comunale di Costa Masnaga.

Iscrizioni e pre iscrizioni sono già aperte e consigliate in quanto la disponibilità di posti per la partecipazione ai corsi è limitata.

Durante le quattro lezioni verranno trattti i seguenti argomenti:

dinamica dell'alveare: relativa a come funziona, si sviluppa e si autoregola una colonia di api del genere apis mellifera, alla sua specie e alle differenti sotto specie della stessa. Struttura sociale e ruoli, ciclo di sviluppo della colonia, gestione delle risorse, riproduzione della famiglia (sciamatura) e relazione con l'ambiente.

pratica e tecnica apistica:  comprende  tutto ciò che serve per allevare le api in maniera efficace, sicura e produttiva. E' un insieme di conoscenze, competenze, metodi e utilizzo delle corrette attrezzature che permettono di poter gestire correttamente una colonia di api. 

Malattie e nemici delle api: saranno trattate le principali patologie che interessano l'alveare (la covata e le api adulte) le modalità e gli eventuali farmaci utilizzabili per il loro trattamento e le metodiche per prevenirne la loro insorgenza. Uno sguardo particolare sarà riservato ai nemici naturali delle api presenti nell'ambiente e alla prevenzione dei danni che essi possono causare al normale sviluppo della colonia.

Smielatura e legislazione apistica: in questo contesto verrà spiegata la tecnica di raccolta del miele dalla rimozione dei melari al suo invasettamento e saranno trattati accenni sulla legislazione apistica vigente.


lunedì 10 marzo 2025

BARZIO - CORSO BASE DI APICOLTURA

 Sabato 15 marzo 2025 presso la sede di UNITER Valsassina a Barzio prenderà il via il corso base di apicoltura. Chi fosse interessato a partecipare può contattare direttamente l'UNITER all'indirizzo mail riportato in calce sulla locandina allegata al post.



sabato 25 gennaio 2025

CORSO DI APICOLTURA 8/15/22 FEBBRAIO - I MARZO 25

 Stabilite le date del corso di apicoltura che si terrà il prossimo febbraio presso la biblioteca comunale di Costa Masnaga. La partecipazione all'evento è gratuita i posti sono limitati a 35 iscritti. È possibile iscriversi fin da ora inviando una mail o contattando direttamente la biblioteca. 




NOSEMA CERANAE

  Dicembre un periodo di “dolce far niente” per noi apicoltori visto che i gravosi impegni e gli importanti carichi di lavoro sopportati dur...