mercoledì 13 novembre 2024

DISPENSATORE DI SCIROPPO PER APIARIO

 

Sperimentare, nel suo stretto senso etimologico, vuol dire sottoporre qualcuno e/o qualcosa a prove e a verifiche per valutarne le qualità, l’efficienza e/o il rendimento; in senso più figurativo; però, vorrebbe anche indicare il provare a cercare un modo utile per raggiungere un determinato obiettivo. Sperimentare, per un apicoltore bizzarro e irrequieto quale sono io, vuol anche dire mettere in pratica delle idee; a volte addirittura poco ortodosse, per cercare di rendere il più fisiologica possibile la qualità della vita delle api che custodisco all’interno dei miei alveari. Ebbene sì, vi devo confessare che ormai da qualche tempo mi “frullava” per la testa l’idea stravagante di abbandonare la somministrazione di nutrizione di supporto fatta in modo classico con nutritori a depressione (quelli che personalmente utilizzo), a tazza e/o a tasca piuttosto che altro ancora per provare a fornire alle mie api un sostegno alimentare non servito a domicilio ma dispensato in natura. L’obiettivo? Obbligarle così a uscire dal loro nido per andare a bottinare nell’ambiente circostante, proprio come il loro temperamento richiede. Si trattava, inizialmente, di trovare un qualche oggetto che fosse utile a questo scopo. Ma, non avendo voglia di “peregrinare” per botteghe e grandi market alla ricerca di un qualche cosa di utile allo scopo esponendomi, altresì, a una insopportabile calura, posi la mia attenzione su di un manufatto recuperabile a chilometri meno che zero. Vi chiederete di che cosa si tratti. Ecco: una bella bottiglia in PET alimentare dismessa poiché il suo contenuto in H2O era stato prosciugato dai nostri corpi assetati, al fine di contrastare la lenta e progressiva evaporazione dei liquidi fisiologici che, minuto dopo minuto, evaporavano dalla superficie cutanea a causa di un’insopportabile arsura dell’ambiente circostante, costantemente sottomesso alla volontà di un ennesimo arido anticiclone africano. Così, in una calda giornata di questo torrido agosto, dopo diversi tentennamenti ruppi gli indugi e mi buttai a capofitto nell’improbabile impresa di poter concretizzare la mia idea. Arrivato a questo punto, avendo già individuato il luogo in cui avrei dislocato il dispensatore naturale di nettare artificiale, si trattava solo di capire dove e quanti fori praticare nel prezioso contenitore in PET per riuscire a renderlo un efficace dispensatore di nutrimento in grado di rivelarsi effettivamente utile alle tante e affamate “apette” del mio apiario. Scoprii, dopo qualche tentativo, che la soluzione migliore era quella di praticare piccoli forellini fatti con un fine ago da cucito sul tappo e sul collo della bottiglia, in prossimità del tappo stesso. Risolto questo problema preparai un gustoso sciroppo (1 litro di acqua e 1 kg di zucchero) addizionato con Bee ‘Full Plus, un integratore complementare, ricco in oligoelementi e oli essenziali.

Un prodotto utile per la nutrizione delle api e capace di migliorare la longevità e la vitalità della famiglia. Come? Ne stimolano il sistema immunitario, nonché valido supporto utile per proteggere le api con un approccio naturale che non richiede l’introduzione di prodotti chimici all’interno dell’alveare. Collocai questo semplice nutritore a depressione contenete l’invitante sciroppo a circa due metri di altezza ancorandolo a un ramo di una betulla, dislocata a più di 50 metri dagli alveari, in maniera tale che la raccolta dello stesso risultasse per le mie infaticabili operaie alate una normale operazione di bottinatura, non in grado di stimolare in esse eventuali istinti saccheggiatori. La scelta di posizionare il nutritore a un ramo di un albero, a contatto con il tronco, l’ho attuata perché in questo modo lo sciroppo rimaneva per tutto il giorno al riparo dai raggi solari, protetto dalle fronde ricche di verdeggiante fogliame che adornavano l’imponente betulla. Dopo aver cosparso il tappo della bottiglia di sciroppo, così da diffondere il suo profumo nell’ambiente circostante, passai il primo giorno ad aspettare l’arrivo di una bottinatrice, scoprendo che qualche ape effettivamente provò a ronzare nei pressi della betulla senza tuttavia venir richiamata dal profumo del nettare artificiale, che con grande passione avevo miscelato per loro. Per accelerare la sperimentazione, e per non dover rischiare di passare altre intere giornate sotto alla betulla nell’attesa dell’arrivo di qualche esploratrice temeraria, presi un favo dismesso, gli versai sopra qualche goccia di sciroppo e lo misi in prossimità degli alveari, sempre rispettando una debita distanza di sicurezza per non generare nelle famiglie un’istigazione al saccheggio. In questo caso la mia attesa fu molto più breve, dopo circa 30 minuti due o tre api bottinatrici si posarono sul favo attirate probabilmente dal profumo dello sciroppo, ma sicuramente anche da quello della cera riscaldata dai raggi del sole. A quel punto presi con delicatezza il favo su cui si erano posate le api e lo portai sotto al mio “geniale” nutritore a depressione, accostandolo al tronco dell’albero e sostenendolo con una scala appoggiata allo stesso; quindi, feci una lieve pressione sulla bottiglia così che qualche altra goccia cadde sul telaio del favo, dando la possibilità alle api di poter capire che si trovavano nei pressi di una importante “miniera” di prezioso e appetitoso cibo. Le esploratrici iniziarono a girovagare un po' più freneticamente in quell’angolo di favo posto al di sotto della bottiglia e sul quale erano trasudate le gocce di sciroppo, senza però rivolgere la loro attenzione al contenitore sovrastante, dopo di che ingerirono il nettare e volarono verso il loro alveare. Pochi minuti ancora e sul favo arrivò un numero un po' più cospicuo di bottinatrici, circa 7 o 8, ma anch’esse girarono su quell’angolo di favo senza rivolgere attenzione al nutritore sovrastante, raccolsero altre gocce di sciroppo e volarono via. Pochissimo tempo e un gruppo ben più consistente di api alla ricerca di cibo fece ritorno al favo e finalmente, dopo circa una quarantina di minuti, dall’inizio delle operazioni, una di loro si posò sulla bottiglia iniziando a suggere lo sciroppo da uno dei fori che avevo meticolosamente preparato. Contrariamente alle mie aspettative ci volle ancora abbastanza tempo prima che anche altre bottinatrici scoprissero che per avere lo sciroppo avrebbero dovuto posarsi sulla bottiglia e suggere dai fori in essa presenti, ma a quel punto tutte le api compresero come funzionava il diabolico arcano che avevo messo in atto. Quando l’andirivieni di api si fece ben consolidato, una piccola spruzzatina di farina mi consentì di poter rintracciare l’alveare dal quale venivano. Inizialmente potei constatare che la provenienza era data da un solo nido ma nei giorni a seguire anche api di altri alveari iniziarono a frequentare “l’happy hours” che avevo predisposto per loro. Sicuramente, anche se il dispositivo da me creato è ancora molto primitivo e decisamente rudimentale mi ha consentito di verificare la fattibilità di un’idea che da molto tempo stimolava la mia curiosità. Quale? Quella di fornire nutrizione di supporto alle api facendo si che esse stesse se la vadano a cercare, come avviene normalmente in natura, continuando a bottinare nell’ambiente circostante al loro alveare piuttosto che rimanere disoccupate a “poltrire” all’interno del proprio nido avendo già, come si suol dire, “la pappa pronta”.
Nei mesi a venire quando l’attività in apiario si sarà sensibilmente ridotta avrò modo di sviluppare con maggior accuratezza questo sistema di nutrizione esterna rendendolo sicuramente più funzionale e maggiormente “appetibile” anche da un punto di vista estetico così che ogni qualvolta potrò osservare le mie apette bottinare dell’ottimo sciroppo all’ombra di una betulla invece che di un tiglio e/o altro ancora mi ricorderò come sperimentare sia a tutti gli effetti il succo della vita ciò che ci permette di crescere fare esperienza e perché no: realizzare i nostri sogni più belli! 



lunedì 11 novembre 2024

SVERNAMENTO ALL'INTERNO DELL'ALVEARE

 

Lo svernamento è un momento cruciale per la sopravvivenza delle famiglie. Gestire correttamente lo spazio a disposizione del nido è fondamentale per il benessere, la salute e la vitalità delle colonie così come controllare la disponibilità di scorte e scegliere una località adeguata in cui le nostre api possano passare l'inverno serenamente. Uno degli aspetti principali per il benessere della colonia durante lo svernamento è la giusta disponibilità di spazio. Le api devono essere mantenute solo sul numero di telaini che riescono a coprire. A tal fine bisogna ridurre lo spazio nell’arnia mediante l'utilizzo di diaframmi coibentati e ricoperti da un foglio di alluminio termoriflettente, il quale è in grado di riflettere il calore disperso per irraggiamento direttamente sul glomere mantenendolo caldo e riducendo così alle api la fatica di dover produrre eccessivo calore attraverso la contrazione muscolare cosa che oltre a richiedere un notevole dispendio energetico comporta, altresì, un grande consumo di cibo.

E’ inoltre necessario ridurre lo spazio della porticina di entrata dell’arnia. Durante l’inverno le api hanno bisogno solo di adeguate scorte alimentari da somministrare loro attraverso il posizionamento di panetti di candito. Il controllo delle scorte deve essere fatto periodicamente o con visite in apiario o mediante l'utilizzo di bilance elettroniche.

Foto a lato: posizionamento candito
Sarebbe opportuno che le famiglie all'interno del proprio nido abbiamo sempre a disposizione almeno una ventina di kg di scorte alimentari, per alveari troppo leggeri è indispensabile intervenire con urgenza con la somministrazione di nutrizione di soccorso che può essere somministrata con telaini di miele o con candito. 
Anche la scelta della postazione di invernamento è importante. La postazione ideale dovrebbe essere soleggiata, al riparo da venti dominanti provenienti da nord, nord est e nord ovest e posizionata in luoghi nei quali non vi sia la possibilità che vengano a formarsi dei ristagni di umidità.

Infine, la postazione deve essere sempre raggiungibile comodamente così da poter garantire che visite ed interventi di nutrizione di soccorso possano esser sempre effettuati in maniera tempestiva.

MICROBIOTA INTESTINALE DELE API

La maggior parte di noi è a conoscenza del fatto che l'intestino umano è popolato da numerosi microorganismi, in particolare batteri per noi benefici. Infatti, senza questi batteri la nostra vita durerebbe poche settimane, ed è il motivo per cui molte persone integrano la propria dieta con prebiotici (fonte di nutrimento per alcuni batteri che vivono nell’intestino e aiutano ad aumentarne i livelli) e probiotici (speciali batteri “vivi” che, se assunti nella quantità e nella forma adeguate, forniscono benefici per la salute) al fine di migliorare la propria salute intestinale. Anche gli apicoltori negli ultimi anni hanno imparato che il microbiota intestinale delle api, ovvero l’insieme dei microorganismi sia salutari che nocivi che popolano il loro intestino, è un ecosistema complesso e altamente specializzato che svolge un ruolo fondamentale nella salute delle colonie. Nel corso degli ultimi anni, ricerche avanzate hanno rivelato che la composizione del microbiota delle api e la sua diversità non sono caratteristiche statiche, ma possono variare in base a fattori come l'età dell'ape, il suo status sociale (regina, operaia, fuco), la stagione e le risorse alimentari disponibili. Tuttavia, a differenza degli esseri umani che possiedono circa 1000 specie diverse di batteri intestinali, nelle api sono solo nove le specie principali, cinque delle quali -Snodgrassella alvi, Gilliamella apicola, due specie di Lactobacillus e una di Bifidobacterium - sembrano essere residenti in tutte le popolazioni di Apis mellifera nel mondo e sono fondamentali per le funzioni metaboliche di questo insetto. I batteri essenziali per la salute delle api, nel corso di milioni di anni, si sono evoluti nel loro intestino creando una dipendenza reciproca con questi insetti: infatti, i batteri, oltre a produrre nutrienti metabolizzando il miele e il polline raccolti dalle api, contribuiscono alla risposta immunitaria dell’ape contrastando soprattutto l’azione di microorganismi patogeni, tra cui tripanosomatidi (protozoi), funghi e virus che possono infettare questi insetti nel corso della loro vita. Inoltre, il microbiota dell’ape svolge un importante ruolo nella crescita e sviluppo delle api e in generale ne influenza sia la salute sia alcuni comportamenti sociali. Molti di questi batteri vengono trasmessi per via orale dalle api nutrici, soprattutto quando le larve appena nate iniziano a nutrirsi di pappa reale e pane d'api (una miscela di polline, pappa reale e secrezioni delle api nutrici), andando a colonizzare diversi tratti dell’apparato digestivo, che è composto da tre compartimenti principali: borsa melaria, intestino medio e retto. Ciascuno di questi tre compartimenti contiene batteri specializzati, che svolgono funzioni diverse. I batteri della borsa melaria provengono da fonti alimentari e dalla pulizia dell'alveare; quelli nell’intestino medio derivano sia da fonti alimentari che dalle altre api del nido; infine, i batteri presenti nel retto derivano dall’attività di rimozione delle feci nel nido, dalla trofallassi e dal consumo di polline e miele. Diversi studi hanno dimostrato che inizialmente l'intestino delle larve contiene un ridotto numero di batteri e che la composizione e la diversità del microbiota dipendono soprattutto dall’alimentazione e quindi dagli ingredienti del pane d'api che variano nel corso delle stagioni. Già dalle prime fasi di vita adulta, l'ape appena emersa accresce la varietà di microbi presenti nell’intestino a seguito delle diverse attività svolte nell’alveare (pulizia delle celle vuote, cura della covata, cura della regina). Questo processo si completa solitamente entro il nono giorno di vita e le cinque specie microbiche principali permangono nell’intestino per tutta la vita dell’ape. Successivamente, quando l'ape operaia diventa bottinatrice, raccoglierà dall’ambiente altri batteri, alcuni benefici, altri commensali e alcuni dannosi, integrandoli nel suo microbiota intestinale. Quando le api bottinatrici tornano alla colonia con il nettare raccolto e conservato nella borsa melaria, gli enzimi prodotti dall'ape stessa e quelli dei microorganismi presenti nell'intestino avviano la conversione del nettare in miele. I principali enzimi apportati dal microbiota intestinale sono le invertasi, diastasi e glucosio-ossidasi che, scomponendo gli zuccheri più complessi in zuccheri semplici, rendono il miele più acido, creando così un ambiente in cui solo pochi batteri sono in grado di sopravvivere, evitando la proliferazione di eventuali microorganismi indesiderati. È stato dimostrato che i Lactobacilli sono i principali batteri residenti in modo permanente nella borsa melaria. Essi producono acido lattico, un sottoprodotto importante nella conversione del nettare in miele. Sebbene i Lactobacilli possano essere presenti nel miele fresco, non sopravvivono nel miele più vecchio, ma contribuiscono alla sua attività antimicrobica grazie all'acido lattico prodotto, che va a inibire la proliferazione di lieviti che potrebbero causare la fermentazione del nettare o del miele stoccato nell’alveare. Inoltre, i Lactobacilli sono importanti nella fermentazione del polline per la produzione del pane d'api. Durante l’attività di bottinatura, le api raccolgono il polline e lo immagazzinano in apposite strutture specializzate presenti sulle zampe posteriori dette corbicule o cestelle, dopo averlo amalgamato con saliva e miele rigurgitato affinché vi aderisca bene. I Lactobacilli e gli enzimi presenti nel miele rigurgitato avviano la conversione del polline in pane d'api e ne conferiscono proprietà antimicrobiche e quindi una conservazione prolungata, minimizzando così la possibilità di trasmettere infezioni batteriche alle altre api e alle larve. Mentre la borsa melaria è utilizzata dalle api bottinatrici esclusivamente per la conservazione del nettare fino al rientro nell'alveare, dove viene rigurgitato e stoccato nelle celle per la maturazione, l’intestino medio è l’organo più importante del sistema digestivo ed è deputato all’assorbimento dei nutrienti. L’alimento, composto da miele, pane d'api e acqua, è convogliato attraverso la valvola proventricolare nell’intestino medio, che contiene numerosi enzimi digestivi prodotti dall'ape e pochi batteri, come Frischella perrara, per lo più situati nella parte terminale, vicino alla valvola pilorica. L’intestino medio è anche il primo punto di contatto 

tra i patogeni introdotti con l’alimentazione e il sistema immunitario naturale dell'ape. Dall’intestino medio, il cibo parzialmente digerito passa attraverso il piloro, che si apre e si chiude durante la digestione, per arrivare al retto. Il piloro è anche il punto dove i tubuli malpighiani, organi assimilabili ai reni dei Vertebrati, scaricano i rifiuti azotati nell'intestino. Il retto, infine, è la parte intestinale responsabile dell'assorbimento di acqua, sali, minerali e altri nutrienti ed è composto dall'ileo e dal retto vero e proprio, ognuno dei quali ha una composizione microbica distinta. Qui, durante tutta la vita adulta dell'insetto, risiede stabilmente il 99% dei batteri deputati al metabolismo dei carboidrati presenti nel polline e nel nettare, sostanze che le api non sono in grado di metabolizzare autonomamente. Alcuni di questi carboidrati, chiamati polisaccaridi (tra cui la cellulosa e la pectina), vengono fermentati dai batteri intestinali per produrre acidi grassi utilizzati dall'ape come fonte di energia. Questi batteri, principalmente Bifidobacterium, Gilliamella, Snodgrassella e due ceppi di Lactobacillus, svolgono inoltre un’azione detossificante di alcune sostanze nocive per le api, come la pectina derivata dalle pareti cellulari delle piante e del polline. Durante le loro attività al di fuori della colonia, oltre a eventuali sostanze tossiche, le api bottinatrici sono esposte a diversi patogeni e si affidano proprio ai microorganismi intestinali per attivare una risposta immunitaria. Questo processo avviene attraverso la produzione di peptidi antimicrobici, una componente importante del sistema immunitario dell'ape, che inibiscono la proliferazione dei patogeni e ne danneggiano le cellule. 

Questo tipo di risposta è utile nel lungo termine poiché consente al sistema immunitario dell'ape di identificare e rispondere rapidamente alle successive infezioni. Inoltre, alcuni microbi formano uno strato protettivo sulla parete dell'ileo, creando una barriera fisica che inibisce a patogeni e sostanze tossiche di penetrare nell’organismo. L'effetto degli antibiotici sui b atteri intestinali delle api 
In alcuni paesi, tra cui gli Stati Uniti, malattie batteriche come la peste americana (AFB) e la peste europea (EFB) vengono trattate di routine con antibiotici a largo spettro, cioè in grado di uccidere indiscriminatamente sia batteri nocivi che benefici dell'intestino, capaci quindi di influenzare negativamente il funzionamento del microbiota delle api. Tra questi antibiotici, la tilosina e la tetraciclina sono quelli più spesso impiegati nella profilassi delle pesti sopra citate. In altri paesi, come nell’Unione Europea, l’uso di queste molecole non è consentito a causa dei rischi associati per l’uomo, oltre che all’effetto dannoso sui batteri intestinali delle api. Riducendo al minimo l'uso di antibiotici e applicando le migliori pratiche di Gestione Integrata dei Parassiti (IPM), si possono, così, minimizzare gli effetti dannosi a lungo termine, come lo sviluppo di resistenza agli antibiotici, affinché queste sostanze siano poi efficaci quando necessarie. Se anche solo una delle specie batteriche fondamentali nell'intestino dell'ape venisse compromessa dall'eccessivo uso di antibiotici, tutte quelle funzioni essenziali per l’ape, come il metabolismo e l’assorbimento dei nutrienti, la sificazione e la resistenza alle malattie, potrebbero essere compromesse causando potenzialmente un grave danno alla salute. Studi hanno dimostrato infatti che la tilosina influisce sulla composizione dei batteri dell'intestino delle api, confermando che la diminuzione risultante della biodiversità microbica rende gli individui della colonia più suscettibili a infezioni batteriche, proprio come l'AFB e l'EFB. Uno studio simile ha mostrato che anche la tetraciclina è in grado di ridurre la diversità e il numero dei principali batteri dell'intestino, aumentando il rischio di infezioni da parte del virus della paralisi acuta israeliana (IAPV), sottolineando quindi il ruolo importante del microbiota dell'ape nella resistenza a infezioni virali, oltre che a quelle batteriche.
L'EFFETTO DEI PESTICIDI SUI MICROBI INTESTINALI DELLE API
Le api sono esposte a pesticidi provenienti da due fonti: gli acaricidi per la gestione della Varroa, acaro parassita delle api, e i pesticidi e fungicidi usati in agricoltura, introdotti nella colonia dall’attività delle api bottinatrici. Molti studi hanno ora dimostrato un legame tra gli acaricidi usati nell’alveare per combattere l’acaro Varroa (ad esempio coumaphos, fluvalinate, amitraz, acido ossalico), la diminuzione dei batteri intestinali e lo stato di salute della colonia. Gli effetti negativi di tali sostanze includono una ridotta risposta immunitaria ai patogeni, difficoltà nella digestione dell’alimento e una diminuzione del metabolismo degli zuccheri e peptidi nell'intestino. Si è anche visto che i diversi batteri dell'intestino sono influenzati dai singoli principi attivi in modi diversi: il coumaphos, ad esempio, riduce il numero solo di alcuni ceppi di batteri, mentre il fluvalinate agisce inibendo la crescita di altri. La combinazione di acaricidi può anche avere effetti sinergici e dunque più letali rispetto all’uso del singolo composto, andando a compromettere l'equilibrio dell’intero microbiota e influenzare negativamente la salute dell'ape. Durante la loro attività di bottinatura, molte api sono anche in continuo contatto con molti erbicidi, pesticidi e fungicidi adoperati in agricoltura (definiti in generale agrofarmaci o fitofarmaci). A riguardo, alcuni studi suggeriscono che il glifosato (Roundup®), un erbicida ampiamente utilizzato, può influenzare negativamente i batteri intestinali. È stato dimostrato che il polline contiene più principi attivi di fitofarmaci rispetto al nettare e che il pane d'api conservato in alveare ne contiene di più rispetto al miele. Pertanto, l’esposizione alle sostanze chimiche varia tra le diverse caste all’interno dell’alveare, con le larve e la regina, nutrite con pappa reale e pane d’api, potenzialmente esposte a dosi più elevate durante il loro sviluppo rispetto alle bottinatrici, che si alimentano di miele ricco di carboidrati per avere energia durante il volo. Poiché molti acaricidi e fitofarmaci sono solubili nei grassi (liposolubili), i loro residui sono stati rilevati anche nella cera. Il loro accumulo nei favi comporta, perciò, un’esposizione prolungata della covata e delle api adulte a queste molecole, influendo negativamente sullo stato di salute della colonia. In conclusione, le condizioni ambientali e l’alimentazione delle api hanno un impatto diretto sulla composizione e vitalità del loro microbiota intestinale. Le api che si nutrono del polline di diverse fonti vegetali tendono ad avere una maggiore diversità microbica rispetto a quelle che consumano una dieta meno varia. Perciò, sebbene il microbiota delle api sia una parte invisibile e spesso sottovalutata della loro biologia, la sua salute è cruciale per il benessere delle colonie e cambiamenti nella composizione del microbiota causati da antibiotici, acaricidi e fitofarmaci possono avere effetti letali e sub -letali sulla vitalità delle colonie, oltre a renderle più sensibili all’attacco di eventuali patogeni. Sebbene degli studi abbiano evidenziato gli effetti positivi dei probiotici, la ricerca continua per comprenderne appieno i potenziali benefici e i modi in cui essi possano essere incorporati nei programmi di gestione delle colonie, andando a ridurre eventuali disbiosi della flora intestinale delle api, migliorare le loro difese contro i patogeni e contribuire a mantenere un microbiota sano.

ARTICOLO TRATTO DALLA RIVISTA DEL MESE DI OTTOBRE DI APINSIEME
SCRITTO DA FULVIO BORDIN
CRN per l’apicoltura, 
Istituto Zooprofilattico Sperimentale 
delle Venezie, Legnaro (PD)
Articolo originale R. Owen, 
The microbiome of the honey bees. American Bee Journal 164 (6), 607-610.



giovedì 16 maggio 2024

CONTRASTO ALLA VARROA CON LA MESSA A SCIAME


Subito dopo la rimozione dei melari, entro la prima decade di luglio, si prelevano dalla famiglia da mettere a sciame tutti i favi contenenti covata opercolata, avendo cura di non prelevare la regina (che rimarrà nell'arnia madre -AM-), e un favo di scorte e li si collocano in un’arnietta porta sciami in polistirolo (arnia N) che verrà trasportata in una nuova postazione almeno a 3 Km di distanza. Ad essa verranno aggiunti (se necessario) un telaio con foglio cereo e un diaframma. All’arnia messa a sciame (FAS) si aggiungeranno due telai con foglio cereo frapposti a quelli di covata non opercolata, e dovrà essere immediatamente trattata con ossalico gocciolato aggiungendo subito dopo due strisce contenenti amitrazina che verranno lasciate per sei settimane. Non essendovi covata opercolata in questa famiglia tutta la varroa presente in essa sarà allo stato foretico per cui verrà eliminata dall’acido ossalico e dall’amitrazina. Al contrario, nello sciame da essa ricavato la presenza di covata fa sì che vi sia oltre alla varroa in fase foretica anche varroa in fase riproduttiva dislocata all’interno delle cellette opercolate, per questo motivo occorrerà trattare lo sciame con acido formico, quindi completato il trattamento con il formico inserire due strisce di amitrazina anch’esse da lasciare per sei settimane. 

Successivamente si può poi decidere se far allevare la nuova regina direttamente al nucleo prodotto (N), se fra la covata asportata vi fosse stata la presenza di qualche celletta non ancora opercolata con uovo appena deposto, oppure introdurne una nuova al termine del trattamento con acido formico accertandosi però, in questo caso, che non siano ancora state allevate dal nuovo nucleo delle celle reali, perché in questo caso la regina che andremo ad introdurre non sarà sicuramente accettata. Entrambe le famiglie (FAS e N) dovranno esser nutrite con sciroppo fino al raggiungimento di una loro piena autonomia e fin tanto che introdurremo nuovi telai con foglio cereo per allargarle se necessario. Questa metodica è, per ovvi motivi, praticabile solo partendo da colonie forti e permette di abbattere drasticamente l’infestazione di varroa riducendo al contempo anche le virosi da essa indotte consentendoci, altresì, di formare nuovi nuclei che andranno ad accrescere il numero delle nostre famiglie e che nell'anno seguente potranno esser venduti, messi in produzione e/o utilizzati come nuclei di rimonta.


lunedì 13 maggio 2024

APITERAPIA "CURARSI CON I PRODOTTI DELL'ALVEARE"

 Sabato 18 maggio presso la sala conferenze dell'azienda Apistica: "Apicoltura Natale Sironi" a Mariano Comense (CO) Via San Martino, 125 alle ore 20,45 si terrà la conferenza sui prodotti dell'alveare e sulle loro importanti qualità nutrizionali e nutraceutiche. L'ingresso è libero. 








giovedì 2 maggio 2024

API E APOIDEI PER SALVARE IL PIANETA

Se vogliamo salvare il Pianeta senza ombra di dubbio si potrebbe pensare di cominciare a farlo proprio con il salvare le api e tutti gli altri apoidei. Penso che ormai questa sia cosa nota in ciascuna persona che abbia a cuore i temi della sostenibilità ambientale e della biodiversità. E sì, api, bombi e "compagnia bella" sono meravigliose creatura che ogni giorno, attraverso le loro pittoriche peripezie, che dipingono nel volare di fiore in fiore, dicono no all’overdose di chimica tossica irrorata sui campi da scellerati agricoltori e dicono no anche all’inquinamento di aria e suolo, indotto da processi produttivi che impattano negativamente sull’ambiente, all'eccessiva presenza di automobili in circolazione, all'uso smodato del riscaldamento domestico, eccetera, eccetera, eccetera. Occorre una svolta immediata è necessario  intraprendere misure urgenti in grado di contrastare con efficacia questa irresponsabile deriva. E' ormai improrogabile da parte della Comunità Europea prendere posizione decisa per tutelare l'ambiente, abbandonando quegli ipocriti ripensamenti sul Green Deal, ripensamenti che di fatto è come se aprissero una moratoria sull'utilizzo dei pesticidi, sostanze che uccidono le api e tutti gli insetti pronubi mettendo, altresì, a serio repentaglio la professione dell'apicoltore.

Circa il 90% delle piante selvatiche e quasi il 75% delle principali colture agrarie esistenti necessitano del servizio d'impollinazione fornito loro gratuitamente e passionevolmente da api, bombi e company affinché esse possano produrre i loro frutti e perché possano poi riprodursi, a loro volta, nell'ambiente.. Le api da miele sia da allevamento che selvatiche, così come osmie e api solitarie, e assieme a loro tutti gli altri apoidei garantiscono attraverso l'attività di impollinazione un fondamentale supporto alla società e alle attività umane. L’obiettivo è quello di sottolineare il ruolo essenziale di tale servizio svolto dalle api e da tutti gli impollinatori e fornire conoscenze e indicazioni su come le modalità di gestione agricola, specifiche pratiche colturali, la conservazione e il ripristino degli ecosistemi naturali all’interno delle stesse aziende agricole siano in grado di sostenere la presenza e la diversità delle popolazioni di api e apoidei. 
 

martedì 30 aprile 2024

LAVORI IN APIARIO NEL MESE DI MAGGIO

Maggio è il mese in cui si verifica un’esplosione di fioriture con grande potenziale nettarifero quindi in questo periodo, così generoso per le nostre api, le famiglie inizieranno a svilupparsi molto rapidamente. Tendenzialmente questo mese è caratterizzato dalla presenza di giornate con clima gradevole e spesso soleggiate anche se non si può escludere il ritorno di brevi e fugaci periodi di freddo, in linea generale, comunque, il clima di codesto momento della stagione è favorevole a un buono sviluppo delle colonie. Gli alveari sono ormai abitati da un abbondante numero di inquilini e sul predellino di volo spesso si assiste a un caotico ingorgo dato dalle bottinatrici che arrivano di gran carriera a scaricare l’abbondante raccolto di nettare e polline che le numerose fioriture offrono, di questi tempi, alle nostre famiglie. Stimolata da questo clima frenetico e festoso la regina aumenta la sua attività di deposizione.

L’ideale, infatti, in questo periodo è avere famiglie forti e ben popolate così che, con il loro incessante lavoro, possano stoccare grandi quantità di nettare nei primi melari che, con solerzia, ci appresteremo a posizionare. Aggiungere un melario di questi tempi consente anche di allargare lo spazio a disposizione delle colonie così che esse si sentano meno compresse all’interno del loro nido e rimandino, anche se non di molto, la loro entrata in febbre sciamatoria.

Maggio è, comunque, ancora tempo di sciamature per cui se, nel mese d’aprile non avessimo attuato tutte le precauzioni necessarie per scongiurarle, è questo il momento di intervenire tempestivamente per mettersi al riparo da questo tanto affascinante quanto poco auspicabile evento, evitando che le nostre famiglie ci piantino in asso proprio nel bel mezzo di un primo e importante periodo di grande raccolto.

L’esordio del mese di maggio ci offre ancora la possibilità di fare degli sciami e di moltiplicare le nostre colonie cosa, questa, che ci garantirà di aumentare il nostro capitale e la nostra forza lavoro, di produrre nuovi nuclei che, se trattati con saggezza, ci consentiranno di avere in breve tempo nuove, vigorose e giovani regine capaci di sviluppare velocemente famiglie che potranno dare un grosso apporto nel successivo periodo di raccolto. Non scordiamo, inoltre, di piazzare in apiario arnie esca nelle quali attirare eventuali sciami provenienti da altri apiari.

A maggio oltre che a dedicarsi al raccolto dei primi ottimi mieli di primavera è anche possibile, se lo si desidera, raccogliere propoli e polline ed eventualmente, qualora si volessero diversificare le pregiate essenze floreali importate dalle nostre instancabili operaie volanti e/o si desiderasse seguire le fioriture, questo è anche il periodo propizio per attuare la transumanza.

Un buon lavoro d’invernamento fatto sul finire della stagione appena trascorsa, un saggio livellamento delle nostre famiglie eseguito dopo la metà di marzo e nei primi giorni di aprile associato all’applicazione di appropriate tecniche di contrasto alla sciamatura, ci permetteranno di giungere all’esordio dei primi grandi e importanti raccolti del mese di maggio, nelle condizioni ottimali così che, ancora una volta, questo ottimo lavoro di squadra fra noi e le nostre insostituibili compagne alate ci possa garantire un risultato di pregevole riguardo anche in barba alle tante e troppe avversità che ormai da molto tempo si abbattono rumorosamente su questa fantastica e affascinante disciplina qual è l’apicoltura.

 



 

martedì 2 aprile 2024

LAVORI IN APIARIO AD APRILE

 

Con l’arrivo del mese di aprile per noi apicoltori termina definitivamente il periodo dell’osservazione ed inizia, a spron battuto, il momento dell’azione. Aprile segna il vero debutto della stagione apistica e rappresenta allo stesso tempo il periodo chiave della stessa poiché il nostro comportamento in questa fase sarà in grado di influenzare nel bene e/o nel male tutto il proseguo della stagione.

Le api che hanno guidato la transizione invernale sono ormai state completamente rimpiazzate dalle giovani operaie che garantiranno la forza lavoro al momento delle prime grandi e importanti fioriture mellifere. Le nostre visite in apiario dovranno avere come scopo principale quello di identificare le famiglie più forti: se per l’invernamento avessimo ristretto, il nido è questo il momento propizio per iniziare a ridargli spazio aggiungendo uno o due telaini con foglio cereo così che le giovani operaie possano dar lavoro alle loro ghiandole ceripare desiderose, come non mai, in questo periodo della stagione di dar sfogo alla loro attività.

Allo stesso tempo questa nuova cera fresca e vergine costituirà un rifugio ideale nel quale potranno crescere le giovani larve. Inoltre, più daremo lavoro alle giovani ceraiole più loro, rimanendo occupate, rimanderanno l’entrata della famiglia in febbre sciamatoria. Quando lo sviluppo del nido sarà stato completato e tutti i favi saranno presidiati, senza dubbio, è giunto il momento di aggiungere il primo melario. La scelta di questo momento va però ponderata con molta saggezza e sarà solo la nostra esperienza a guidare il nostro istinto affinché questa operazione sia fatta nel periodo propizio. La posa del melario, infatti, se eseguita in prossimità di un possibile ritorno di freddo potrebbe determinare un raffreddamento della covata con successivo rallentamento dello sviluppo della colonia nonché il rischio di comprometterne la sua stabilità. Un piccolo trucco per ovviare a questo possibile e temibile inconveniente consiste nel frapporre un foglio di giornale fra il nido e il melario così che saranno le stesse api a stabilire quando è il momento ideale per salire a melario facendosi strada attraverso l’eliminazione del foglio di giornale.

Aprile è anche il momento in cui le nostre api si preparano per dare avvio alle sciamature e quindi, uno dei nostri compiti principali sarà proprio, in questo periodo, quello di mettere in pratica tutte le manovre di contrasto per impedire che ciò avvenga. Se si susseguono due o più giorni di pioggia spesso alla ricomparsa del sole sarà possibile vedere lo sciame levarsi in volo se, in precedenza, non avevamo messo in atto tutte le misure idonee a scongiurare questa eventualità. Se per un qualsiasi motivo non disponessimo del tempo necessario per riuscire a sorvegliare correttamente i nostri alveari al fine di mettere in pratica tutte quelle tecniche di cui siamo in possesso utili per contenere la sciamatura, allora potremmo posizionare arnie esca che attireranno al loro interno non solo i nostri sciami ma con buona probabilità anche sciami provenienti da altri apiari. Per rendere più attraenti le nostre arnie esca non esitiamo a mettere al loro interno della propoli, della cera fusa alla fiamma e dei pezzi di vecchi favi che hanno contenuto in passato della covata.

Se non l’avessimo ancora fatto provvediamo con solerzia a riaprire a pieno volume le porticine di volo che avevamo ristretto il precedente autunno così che le bottinatrici possano entrare e uscire senza alcun ostacolo. Teniamo pulito il terreno sottostante agli alveari per impedire che le sterpaglie in crescita possano costituire un fastidioso ingombro e diminuire l’aereazione nel nido creando umidità, acerrima nemica di un ambiente salubre all’interno dell’alveare. Nel caso in cui avessimo l’apiario in prossimità di campi di colza non dimentichiamoci di raccogliere il miele alla fine della fioritura per non correre il rischio di ritrovarcelo cristallizzato all’interno dei favi.

Con il meteo dalla nostra parte, con alle spalle un buon lavoro e con il prezioso aiuto delle nostre operaie volanti possiamo finalmente sperare che alle nostre porte bussi la stagione del grande riscatto.



 

martedì 5 marzo 2024

APITERAPIA

In questo libro l’autore, medico per vocazione e apicoltore per passione, vuole condurvi alla ricerca dei benefici comprovati che generano i prodotti dell’alveare i quali rivestono un ruolo importante nell’ambito della medicina naturale e della nostra vita quotidiana. Il manoscritto ci indirizza verso una corretta conoscenza di tali sostanze aiutandoci a distinguere il vero dal falso così da poter utilizzare, in consapevole sicurezza, questi elementi capaci di influire positivamente su tutti i campi del benessere: forma, salute fisica, sanità mentale e bellezza.

Miele, polline, pane d’api, gelatina reale, propoli e cera, splendide essenze prodotte dall’instancabile lavoro delle api, sono in grado di sedurci per le loro qualità dietetiche, gustative e medicinali e si trovano in commercio, ormai, ovunque. Il loro impiego empirico, che risale a molti secoli fa, è da ricondurre alla loro composizione ricca in elementi antimicrobici e antiossidanti.
 Grazie al progresso della chimica e della farmacologia oggi siamo in grado di conoscere con maggior certezza queste utili sostanze e comprendere le modalità attraverso le quali esse agiscono determinando sicuri vantaggi per la nostra salute. Alcuni dei loro benefici sono accertati e si sono dimostrati particolarmente utili per la cura e la prevenzione di diverse malattie, più spesso benigne, altri sono ancora in fase di studio e in attesa di certificazione.

È questo, per esempio, il caso del veleno d’api che grazie alle molecole chimiche da cui è composto ha aperto delle prospettive inaspettate e molto interessanti per la cura delle malattie reumatiche e neurologiche anche gravi. L’apiterapia (scienza della cura attraverso l’utilizzo dei prodotti dell’alveare) è attualmente oggetto di numerose pubblicazioni scientifiche, ma allo stesso tempo anche di innumerevoli comunicazioni poco controllate che potrebbero causare l’insorgenza di speranze disattese a carico di tutti quei malati affetti da serie patologie cronico-evolutive. Questo è il motivo per il quale il libro si propone di portare il lettore a una conoscenza ragionata e ragionevole di questa branca della medicina alternativa, stimolandolo, nel frattempo, a portare sulla propria tavola i meravigliosi prodotti dell’alveare perché, comunque, un loro uso regolare e corretto integra e armonizza la nostra dieta regalandoci un prezioso stato fisico e mentale capace di garantire quel giusto grado di benessere necessario a una sana ed equilibrata omeostasi corporea.

 


 

DISPENSATORE DI SCIROPPO PER APIARIO

  Sperimentare, nel suo stretto senso etimologico, vuol dire sottoporre qualcuno e/o qualcosa a prove e a verifiche per valutarne le qua...