La maggior parte di noi è
a conoscenza del fatto
che l'intestino umano è
popolato da numerosi
microorganismi, in particolare batteri per noi benefici. Infatti, senza
questi batteri la nostra vita durerebbe poche settimane, ed è il motivo per cui molte persone integrano la propria dieta con prebiotici
(fonte di nutrimento per alcuni
batteri che vivono nell’intestino e
aiutano ad aumentarne i livelli) e
probiotici (speciali batteri “vivi”
che, se assunti nella quantità e nella forma adeguate, forniscono benefici per la salute) al fine di migliorare la propria salute intestinale. Anche gli apicoltori negli ultimi
anni hanno imparato che il microbiota intestinale delle api, ovvero
l’insieme dei microorganismi sia
salutari che nocivi che popolano il
loro intestino, è un ecosistema
complesso e altamente specializzato che svolge un ruolo fondamentale nella salute delle colonie.
Nel corso degli ultimi anni, ricerche avanzate hanno rivelato che la
composizione del microbiota delle
api e la sua diversità non sono caratteristiche statiche, ma possono
variare in base a fattori come l'età dell'ape, il suo status sociale
(regina, operaia, fuco), la stagione
e le risorse alimentari disponibili.
Tuttavia, a differenza degli esseri
umani che possiedono circa 1000
specie diverse di batteri intestinali,
nelle api sono solo nove le specie
principali, cinque delle quali -Snodgrassella alvi, Gilliamella apicola, due specie di Lactobacillus e una
di Bifidobacterium - sembrano essere residenti in tutte le popolazioni di Apis mellifera nel mondo e
sono fondamentali per le funzioni
metaboliche di questo insetto. I batteri essenziali per la salute
delle api, nel corso di milioni di
anni, si sono evoluti nel loro intestino creando una dipendenza reciproca con questi insetti: infatti, i
batteri, oltre a produrre nutrienti
metabolizzando il miele e il polline
raccolti dalle api, contribuiscono
alla risposta immunitaria dell’ape
contrastando soprattutto l’azione
di microorganismi patogeni, tra cui
tripanosomatidi (protozoi), funghi
e virus che possono infettare questi insetti nel corso della loro vita.
Inoltre, il microbiota dell’ape svolge un importante ruolo nella crescita e sviluppo delle api e in generale ne influenza sia la salute sia
alcuni comportamenti sociali. Molti
di questi batteri vengono trasmessi per via orale dalle api nutrici,
soprattutto quando le larve appena nate iniziano a nutrirsi di pappa
reale e pane d'api (una miscela di
polline, pappa reale e secrezioni
delle api nutrici), andando a colonizzare diversi tratti dell’apparato
digestivo, che è composto da tre
compartimenti principali: borsa
melaria, intestino medio e retto.
Ciascuno di questi tre compartimenti contiene batteri specializzati, che svolgono funzioni diverse. I
batteri della borsa melaria provengono da fonti alimentari e dalla
pulizia dell'alveare; quelli nell’intestino medio derivano sia da fonti
alimentari che dalle altre api del
nido; infine, i batteri presenti nel
retto derivano dall’attività di rimozione delle feci nel nido, dalla trofallassi e dal consumo di polline e
miele. Diversi studi hanno dimostrato che
inizialmente l'intestino delle larve
contiene un ridotto numero di batteri e che la composizione e la diversità del microbiota dipendono
soprattutto dall’alimentazione e
quindi dagli ingredienti del pane
d'api che variano nel corso delle
stagioni. Già dalle prime fasi di vita
adulta, l'ape appena emersa accresce la varietà di microbi presenti
nell’intestino a seguito delle diverse attività svolte nell’alveare
(pulizia delle celle vuote, cura della
covata, cura della regina). Questo
processo si completa solitamente
entro il nono giorno di vita e le cinque specie microbiche principali
permangono nell’intestino per tutta la vita dell’ape. Successivamente, quando l'ape operaia diventa
bottinatrice, raccoglierà dall’ambiente altri batteri, alcuni benefici,
altri commensali e alcuni dannosi,
integrandoli nel suo microbiota
intestinale.
Quando le api bottinatrici tornano
alla colonia con il nettare raccolto
e conservato nella borsa melaria,
gli enzimi prodotti dall'ape stessa e
quelli dei microorganismi presenti
nell'intestino avviano la conversione del nettare in miele. I principali
enzimi apportati dal microbiota
intestinale sono le invertasi, diastasi e glucosio-ossidasi che, scomponendo gli zuccheri più complessi in
zuccheri semplici, rendono il miele
più acido, creando così un ambiente in cui solo pochi batteri sono in
grado di sopravvivere, evitando la
proliferazione di eventuali microorganismi indesiderati. È stato
dimostrato che i Lactobacilli sono i
principali batteri residenti in modo
permanente nella borsa melaria.
Essi producono acido lattico, un
sottoprodotto importante nella
conversione del nettare in miele.
Sebbene i Lactobacilli possano essere presenti nel miele fresco, non
sopravvivono nel miele più vecchio, ma contribuiscono alla sua
attività antimicrobica grazie all'acido lattico prodotto, che va a inibire
la proliferazione di lieviti che potrebbero causare la fermentazione
del nettare o del miele stoccato
nell’alveare. Inoltre, i Lactobacilli
sono importanti nella fermentazione del polline per la produzione
del pane d'api.
Durante l’attività di bottinatura, le
api raccolgono il polline e lo immagazzinano in apposite strutture
specializzate presenti sulle zampe
posteriori dette corbicule o cestelle, dopo averlo amalgamato con
saliva e miele rigurgitato affinché
vi aderisca bene. I Lactobacilli e gli
enzimi presenti nel miele rigurgitato avviano la conversione del polline in pane d'api e ne conferiscono
proprietà antimicrobiche e quindi
una conservazione prolungata,
minimizzando così la possibilità di
trasmettere infezioni batteriche
alle altre api e alle larve.
Mentre la borsa melaria è utilizzata dalle api bottinatrici esclusivamente per la conservazione
del nettare fino al rientro nell'alveare, dove viene rigurgitato e
stoccato nelle celle per la maturazione, l’intestino medio è l’organo più importante del sistema
digestivo ed è deputato all’assorbimento dei nutrienti.
L’alimento, composto da miele,
pane d'api e acqua, è convogliato
attraverso la valvola proventricolare nell’intestino medio, che contiene numerosi enzimi digestivi prodotti dall'ape e pochi batteri, come
Frischella perrara, per lo più situati
nella parte terminale, vicino alla
valvola pilorica. L’intestino medio è
anche il primo punto di contatto

tra i patogeni introdotti con l’alimentazione e il sistema immunitario naturale dell'ape. Dall’intestino
medio, il cibo parzialmente digerito passa attraverso il piloro, che si
apre e si chiude durante la digestione, per arrivare al retto. Il piloro è anche il punto dove i tubuli
malpighiani, organi assimilabili ai
reni dei Vertebrati, scaricano i rifiuti azotati nell'intestino. Il retto, infine, è la parte intestinale responsabile dell'assorbimento di acqua,
sali, minerali e altri nutrienti ed è
composto dall'ileo e dal retto vero
e proprio, ognuno dei quali ha una
composizione microbica distinta.
Qui, durante tutta la vita adulta
dell'insetto, risiede stabilmente il
99% dei batteri deputati al metabolismo dei carboidrati presenti
nel polline e nel nettare, sostanze
che le api non sono in grado di
metabolizzare autonomamente.
Alcuni di questi carboidrati, chiamati polisaccaridi (tra cui la cellulosa e la pectina), vengono fermentati dai batteri intestinali per produrre acidi grassi utilizzati dall'ape
come fonte di energia. Questi batteri, principalmente Bifidobacterium, Gilliamella, Snodgrassella e
due ceppi di Lactobacillus, svolgono inoltre un’azione detossificante
di alcune sostanze nocive per le
api, come la pectina derivata dalle
pareti cellulari delle piante e del
polline. Durante le loro attività al di
fuori della colonia, oltre a eventuali sostanze tossiche, le api bottinatrici sono esposte a diversi patogeni e si affidano proprio ai microorganismi intestinali per attivare una
risposta immunitaria. Questo processo avviene attraverso la produzione di peptidi antimicrobici, una
componente importante del sistema immunitario dell'ape, che inibiscono la proliferazione dei patogeni e ne danneggiano le cellule.

Questo tipo di risposta è utile
nel lungo termine poiché consente al sistema immunitario
dell'ape di identificare e rispondere rapidamente alle successive infezioni. Inoltre, alcuni microbi formano uno strato protettivo
sulla parete dell'ileo, creando una
barriera fisica che inibisce a patogeni e sostanze tossiche di penetrare nell’organismo.
L'effetto degli antibiotici sui b atteri intestinali delle api
In alcuni paesi, tra cui gli Stati Uniti, malattie batteriche come la peste americana (AFB) e la peste europea (EFB) vengono trattate di
routine con antibiotici a largo spettro, cioè in grado di uccidere indiscriminatamente sia batteri nocivi
che benefici dell'intestino, capaci
quindi di influenzare negativamente il funzionamento del microbiota
delle api. Tra questi antibiotici, la
tilosina e la tetraciclina sono quelli
più spesso impiegati nella profilassi delle pesti sopra citate. In altri
paesi, come nell’Unione Europea,
l’uso di queste molecole non è
consentito a causa dei rischi associati per l’uomo, oltre che all’effetto dannoso sui batteri intestinali
delle api. Riducendo al minimo
l'uso di antibiotici e applicando le
migliori pratiche di Gestione Integrata dei Parassiti (IPM), si possono, così, minimizzare gli effetti
dannosi a lungo termine, come lo
sviluppo di resistenza agli antibiotici, affinché queste sostanze siano
poi efficaci quando necessarie. Se
anche solo una delle specie batteriche fondamentali nell'intestino
dell'ape venisse compromessa
dall'eccessivo uso di antibiotici,
tutte quelle funzioni essenziali per
l’ape, come il metabolismo e l’assorbimento dei nutrienti, la sificazione e la resistenza alle malattie, potrebbero essere compromesse causando potenzialmente
un grave danno alla salute. Studi
hanno dimostrato infatti che la
tilosina influisce sulla composizione dei batteri dell'intestino delle
api, confermando che la diminuzione risultante della biodiversità
microbica rende gli individui della
colonia più suscettibili a infezioni
batteriche, proprio come l'AFB e
l'EFB. Uno studio simile ha mostrato che anche la tetraciclina è in
grado di ridurre la diversità e il numero dei principali batteri dell'intestino, aumentando il rischio di
infezioni da parte del virus della
paralisi acuta israeliana (IAPV), sottolineando quindi il ruolo importante del microbiota dell'ape nella
resistenza a infezioni virali, oltre
che a quelle batteriche.

L'EFFETTO DEI PESTICIDI SUI
MICROBI INTESTINALI DELLE APILe api sono esposte a pesticidi
provenienti da due fonti: gli acaricidi per la gestione della Varroa,
acaro parassita delle api, e i pesticidi e fungicidi usati in agricoltura,
introdotti nella colonia dall’attività
delle api bottinatrici. Molti studi
hanno ora dimostrato un legame
tra gli acaricidi usati nell’alveare
per combattere l’acaro Varroa (ad
esempio coumaphos, fluvalinate,
amitraz, acido ossalico), la diminuzione dei batteri intestinali e lo stato di salute della colonia. Gli effetti
negativi di tali sostanze includono
una ridotta risposta immunitaria ai
patogeni, difficoltà nella digestione
dell’alimento e una diminuzione
del metabolismo degli zuccheri e
peptidi nell'intestino. Si è anche
visto che i diversi batteri dell'intestino sono influenzati dai singoli
principi attivi in modi diversi: il
coumaphos, ad esempio, riduce il numero solo di alcuni ceppi di batteri, mentre il fluvalinate agisce
inibendo la crescita di altri. La
combinazione di acaricidi può anche avere effetti sinergici e dunque
più letali rispetto all’uso del singolo
composto, andando a compromettere l'equilibrio dell’intero microbiota e influenzare negativamente
la salute dell'ape.
Durante la loro attività di bottinatura, molte api sono anche in continuo contatto con molti erbicidi,
pesticidi e fungicidi adoperati in
agricoltura (definiti in generale
agrofarmaci o fitofarmaci).
A riguardo, alcuni studi suggeriscono che il glifosato (Roundup®), un
erbicida ampiamente utilizzato,
può influenzare negativamente i
batteri intestinali.
È stato dimostrato che il polline
contiene più principi attivi di fitofarmaci rispetto al nettare e che il
pane d'api conservato in alveare
ne contiene di più rispetto al miele. Pertanto, l’esposizione alle sostanze chimiche varia tra le diverse
caste all’interno dell’alveare, con le
larve e la regina, nutrite con pappa
reale e pane d’api, potenzialmente
esposte a dosi più elevate durante
il loro sviluppo rispetto alle bottinatrici, che si alimentano di miele
ricco di carboidrati per avere energia durante il volo. Poiché molti acaricidi e fitofarmaci sono solubili
nei grassi (liposolubili), i loro residui sono stati rilevati anche nella
cera. Il loro accumulo nei favi
comporta, perciò, un’esposizione prolungata della covata e delle api adulte a queste molecole,
influendo negativamente sullo
stato di salute della colonia.
In conclusione, le condizioni ambientali e l’alimentazione delle api
hanno un impatto diretto sulla
composizione e vitalità del loro
microbiota intestinale. Le api che si
nutrono del polline di diverse fonti
vegetali tendono ad avere una
maggiore diversità microbica rispetto a quelle che consumano
una dieta meno varia. Perciò, sebbene il microbiota delle api sia una
parte invisibile e spesso sottovalutata della loro biologia, la sua salute è cruciale per il benessere delle
colonie e cambiamenti nella composizione del microbiota causati
da antibiotici, acaricidi e fitofarmaci possono avere effetti letali e sub
-letali sulla vitalità delle colonie,
oltre a renderle più sensibili all’attacco di eventuali patogeni. Sebbene degli studi abbiano evidenziato
gli effetti positivi dei probiotici, la
ricerca continua per comprenderne appieno i potenziali benefici e i
modi in cui essi possano essere
incorporati nei programmi di gestione delle colonie, andando a
ridurre eventuali disbiosi della flora intestinale delle api, migliorare
le loro difese contro i patogeni e
contribuire a mantenere un microbiota sano.
ARTICOLO TRATTO DALLA RIVISTA DEL MESE DI OTTOBRE DI APINSIEME
SCRITTO DA FULVIO BORDIN
CRN per l’apicoltura,
Istituto Zooprofilattico Sperimentale
delle Venezie, Legnaro (PD)
Articolo originale
R. Owen,
The microbiome of the honey
bees. American Bee Journal 164 (6),
607-610.