Con l’arrivo del mese di
novembre, condizioni
meteo permettendo, si
va verso il fisiologico
blocco di covata, presupposto questo che ci consente di ottimizzare
il trattamento autunnale di contrasto all’infestazione da varroa, anche se le recenti guide tendono a
superare la calendarizzazione di
queste metodiche, prediligendo la
scelta di intervenire quando l’infestazione parassitaria ha raggiunto
pericolosi livelli di guardia piuttosto che eseguire i classici trattamenti solamente in estate e autunno.
Avvalendomi, però, del fatto che
nel mese di novembre si rende
necessario sempre e comunque
un trattamento di contrasto alla
parassitosi vorrei approfittarne
per valutare in questa
“chiacchierata” i medicinali, le modalità del loro impiego, le diverse
metodiche di tecnica apistica da
associare al loro utilizzo e le varie
tempistiche del loro impiego durante tutto l’arco della stagione.
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I farmaci a nostra disposizione,
attualmente presenti in commercio, sono ormai molteplici, tuttavia,
un loro uso corretto non può non
prescindere da un’attenta valutazione di diversi fattori come, per
esempio, l’età delle api che popolano l’alveare in quel determinato
periodo stagionale nel quale noi
abbiamo deciso di intervenire.
Ad inizio primavera, per esempio,
ci troveremo con un numero di api
vecchie all’interno del nido che sono quelle nate nel precedente autunno e che hanno consentito alla
famiglia di poter svernare. Questa
popolazione d’api possiede delle
caratteristiche di resistenza e di
resilienza che permettono loro di
reagire in maniera migliore ad
eventuali danni indotti dai farmaci
utilizzati rispetto alle api che troviamo all’interno dell’alveare in
estate e/o in un altro periodo della
stagione. Di conseguenza, possiamo dire che già solo quest’aspetto
associato alla diversa popolosità di
individui presenti all’interno dell’alveare rappresentano due elementi
molto importanti, che ci devono
guidare nella scelta e nella pianificazione dei trattamenti alla varroa;
ciò anche in considerazione del
fatto che alcuni tipi di trattamento
sono molto aggressivi nei confronti delle api e portano a una mortalità delle stesse piuttosto elevata.
Si comprende pertanto come effettuare un trattamento molto aggressivo in un periodo in cui le api
stanno effettuando un cambio di
popolazione, come avviene in primavera, potrebbe arrecare quasi
sicuramente un danno a quella
famiglia; cosa diversa è effettuare
lo stesso trattamento durante un
periodo in cui vi è un’alta densità
di popolazione nell’alveare. In questo caso le scelte dell’utilizzo delle
sostanze di contrasto alla varroa
sono più ampie e ci consentono di
poter impiegare più strategie.
In base alla giusta valutazione dei
fattori precedentemente elencati
potremmo così scegliere la corretta tattica per contrastare la parassitosi, tattica che dovrà tener conto non solo della quantità di api e
di covata presenti nel nido, ma
anche della quantità di scorte stivate nello stesso nido perché alcuni trattamenti possono avere una
durata molto lunga che può essere
anche di 30 giorni, ed essi disturbano molto la famiglia inibendone
la sua capacità di andare a raccogliere nettare; quindi, usare tali
farmaci su colonie che possiedono
scorte precarie potrebbe comprometterne la loro sopravvivenza.
Un altro fattore importante per
attuare una corretta strategia di
opposizione alla varroa consiste
anche in una approfondita valutazione delle condizioni meteo. Vi
sono, infatti, alcuni trattamenti che
vanno bene in qualsiasi situazione
come ve ne sono altri, in particolar
modo quelli a base di timolo e/o di
acidi organici, che hanno una tollerabilità da parte delle api che varia
considerevolmente in base alle
condizioni metereologiche e in
particolar modo in base all’umidità. Infine, nella scelta della strategia da adottare per il contenimento della varroa occorre tenere in
considerazione anche l’età della
regina perché tanto maggiore sarà
la sua età, tanto minore sarà la sua
capacità di sopravvivere al trattamento.
Per una corretta modalità di esecuzione dei trattamenti ricordo
che è fondamentale impiegare i
prodotti autorizzati presenti in
commercio, somministrandoli nei
modi e nei tempi previsti dalle indicazioni riportate nella confezione
del prodotto. Un’altra buona pratica è quella di non ricorrere sempre
gli stessi prodotti ma di ruotare
ciclicamente i principi attivi, che
noi impieghiamo per questo scopo
e, infine, trattare tutti gli alveari
presenti in apiario nello stesso momento.
La nostra scelta sul prodotto da
utilizzare dovrà, inoltre, indirizzarsi
su un farmaco che abbia un’efficacia dimostrata pari almeno al 90%,
che non sia tossico per le api, che
non debba esporre a rischi né l’apicoltore né tanto meno il consumatore e che sia di facile impiego
avendo. altresì, un costo accessibile. È buona norma avvalersi di una
strategia di “lotta” alla varroa che
sia integrata e ciò equivale a dire
di scegliere una tattica di contrasto
che tenga in considerazione tutte
le possibili strategie adottabili, senza fossilizzarsi su di un’unica tecnica, integrandole con tutte quelle
azioni che siano in grado di limitare e ridurre le capacità di crescita
dell’acaro; ciò ci permetterà di perseguire l’obiettivo che non è quello
di eradicare la varroa perché, purtroppo, questo è impossibile ma
quello di mantenere l’infestazione
ben al di sotto del livello di danno,
ossia a una concentrazione tale
che non sia in grado di provocare
un danneggiamento alle nostre
famiglie, consentendo loro di non
perdere la capacità produttiva.
Una breve analisi sui principi attivi
contenuti nei farmaci presenti in
commercio ci permette di esaminarne le loro caratteristiche e di
valutare il loro corretto periodo di
impiego. Partiamo considerando il timolo.
Si tratta di un principio attivo che per poter funzionare ha
bisogno di calore che gli consente
di poter evaporare per saturare
l’aria presente nell’alveare, questa
sua caratteristica lo rende un farmaco che potrà essere utilizzato
solo durante il periodo estivo al
contrario dei farmaci di sintesi
(fluvalinate, amitrazina e flumetrina), che possono essere impiegati
durante tutto il periodo dell’anno. I
farmaci a base di acido ossalico
possiedono la caratteristica di agire solo e unicamente sulla varroa
presente in fase foretica però, a
differenza del timolo che ha le
stesse caratteristiche, agiscono a
prescindere dalle temperature
esterne. Quindi, possono essere
impiegati sia per i trattamenti estivi che per quelli autunnali e/o invernali (ossalico sublimato). Agendo unicamente sulla varroa in fase
foretica sarà però indispensabile
applicarli in associazione ad altre
metodiche di tecnica apistica come, per esempio, l’ingabbiamento
della regina e/o ad altri farmaci
(aggiunta di strisce di amitraz contestualmente al trattamento con
ossalico da lasciare per sei settimane). L’acido formico è un ottimo farmaco perché oltre che ad
agire sulla varroa in fase foretica
uccide anche la varroa in fase riproduttiva presente nelle celle di
covata opercolate, esso però per
esercitare al meglio la sua efficacia
necessita di alte temperature e
alta umidità ambientale. Dunque,
potrà esser impiegato in tarda primavera e/o in estate. Per queste
sue caratteristiche sembrerebbe
un farmaco eccezionale soprattutto per il periodo estivo quando vi è
molta covata, purtroppo non è così
in quanto in base alle temperature
e al grado di umidità presente in
atmosfera può arrecare danni alla
covata stessa e portare a morte la
regina. Come già detto, oggi sarebbe opportuno uscire dall’ottica dei trattamenti per il contrasto alla varroa
da eseguirsi secondo calendarizzazione e se dovessimo accorgerci
che un trattamento non ha sortito
gli effetti desiderati nulla ci vieta di
eseguire un nuovo trattamento
così detto “tampone”.
Possiamo trattare in primavera nel
caso del recupero di uno sciame: è
un’ottima prassi dopo la messa a
dimora nell’arnietta porta sciami
fare un trattamento con ossalico,
in questo caso la varroa presente è
tutta allo stato foretico quindi l’acido ossalico ci permetterà di eliminarne almeno un buon 90%.
Un’altra pratica di tecnica apistica
per abbassare la concentrazione di
acari che si può fare in primavera
è la divisione delle famiglie. In questo periodo della stagione abbiamo molta covata e una buona parte di varroa si trova proprio qui,
perciò dividendo la famiglia, e conseguentemente la covata, dimezziamo anche il carico di infestazione della stessa. Ancora, sempre in
primavera, si può eseguire l’asportazione della covata da fuco. Ricordiamo però che il dover ricorrere a
trattamenti in primavera solitamente dipende dal fatto che o
quelli eseguiti nel periodo invernale non hanno sortito l’effetto sperato, oppure che vi è stata una forte re-infestazione. Tuttavia, nel
caso di riscontro di una preoccupante infestazione parassitaria in
primavera, l’eseguire tali trattamenti ci permette di arrivare all’estate con un tasso di infestazione
ancora accettabile e di potere così
prolungare il periodo di raccolta
posticipando i trattamenti estivi.
In estate abbiamo bisogno di un
trattamento ad alta efficacia che
può essere un trattamento flash,
eseguito con prodotti che agiscono
in breve tempo; oppure un trattamento lento (3/4 settimane) da
eseguirsi con sostanze che vengono rilasciate nel tempo che andranno a colpire anche le varroe
che fuoriescono dagli alveoli al termine della loro fase riproduttiva.
La scelta fra queste due metodologie deve esser fatta in base alla
percentuale di infestazione delle
famiglie che si debbono trattare:
con un alto tasso di infestazione
sarà indicato un trattamento flash
più dannoso per le api ma in grado
di abbassare la carica parassitaria
in breve tempo, di contro con
un’infestazione non elevata potremo avvalerci di un trattamento
lento.
È consigliabile, in estate, associare al trattamento con ossalico
gocciolato anche il blocco di covata
mediante ingabbiamento della regina, così da portare tutta la varroa
presente alla fase foretica, potenziando l’azione dell’acido ossalico.
Recenti studi, inoltre, hanno dimostrato che il solo ingabbiamento
della regina è in grado di arrecare
un danno alle varroe, abbassando
il tasso di infestazione addirittura
del 40%; si è visto, infatti, che dopo
la liberazione della regina alla ripresa della covata le varroe hanno
perso la loro capacità di riprodursi,
deponendo uova che danno vita a
elementi di sesso maschile che
rimangono sterili a femmine che
nascono malformate e non più in
grado di riprodursi. I trattamenti
estivi prevedono principalmente il
blocco di covata con ingabbiamento della regina e utilizzo di ossalico
gocciolato e/o timolo oppure la
messa a sciame della famiglia con
l’eliminazione di tutta la covata più
ossalico gocciolato.
Il trattamento con prodotti a base
di timolo funziona attraverso l’evaporazione del principio attivo che,
avviene lentamente giorno dopo
giorno ma che da subito inizia a
uccidere le varroe in maniera lenta, costante e progressiva. L’uso di
questo medicinale è consigliato in
presenza di forte infestazione da
acari e va associato all’ingabbiamento della regina. L’impiego contemporaneo di fluvalinate, associato a timolo e/o ad amitraz, consente di ottenere un buon controllo
dell’infestazione anche senza praticare il blocco di covata.
Recenti
ricerche hanno invece dimostrato
che l’utilizzo di strisce contenenti
acido formico, adoperate da sole,
non danno un risultato efficace
sulla caduta di varroe (circa il 50%);
al contrario se si associano a un
trattamento con acido ossalico
gocciolato fatto all’inizio del posizionamento delle strisce contenenti formico e ripetuto dopo 7 giorni
aumentano decisamente la loro
efficacia, permettendoci di ottenere buoni risultati anche senza aver
praticato il blocco di covata. Questo trattamento in 7 giorni ci permette di “pulire” le famiglie abbattendo la concentrazione delle varroe ma, essendo un trattamento
molto forte, va riservato solo a colonie assai forti che siano almeno
su 9/10 telai, proprio perché la sua
grande efficacia riduce la popolosità delle stesse. Un discorso analogo vale per le
soluzioni a base di acido formico
che vengono impiegate mediante
l’utilizzo di un diffusore.
Da questa veloce panoramica sui
molteplici principi attivi utilizzabili
per il contrasto alla varroa si comprende come la scelta del loro impiego debba essere ben ponderata
e non possa prescindere da un’attenta valutazione dello stato delle
famiglie e dei fattori ambientali
concomitanti affinché non venga
vanificata la loro potenzialità.
Esperienza, buona conoscenza delle pratiche apistiche e continui aggiornamenti saranno gli “assi” nella
manica che ci consentiranno di
combattere con migliore tenacia
questa infinita battaglia che, purtroppo, spesso e volentieri rischia
di sfociare in un combattimento
eseguito ad armi impari.
Maurizio Ghezzi
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