lunedì 11 novembre 2024

MICROBIOTA INTESTINALE DELE API

La maggior parte di noi è a conoscenza del fatto che l'intestino umano è popolato da numerosi microorganismi, in particolare batteri per noi benefici. Infatti, senza questi batteri la nostra vita durerebbe poche settimane, ed è il motivo per cui molte persone integrano la propria dieta con prebiotici (fonte di nutrimento per alcuni batteri che vivono nell’intestino e aiutano ad aumentarne i livelli) e probiotici (speciali batteri “vivi” che, se assunti nella quantità e nella forma adeguate, forniscono benefici per la salute) al fine di migliorare la propria salute intestinale. Anche gli apicoltori negli ultimi anni hanno imparato che il microbiota intestinale delle api, ovvero l’insieme dei microorganismi sia salutari che nocivi che popolano il loro intestino, è un ecosistema complesso e altamente specializzato che svolge un ruolo fondamentale nella salute delle colonie. Nel corso degli ultimi anni, ricerche avanzate hanno rivelato che la composizione del microbiota delle api e la sua diversità non sono caratteristiche statiche, ma possono variare in base a fattori come l'età dell'ape, il suo status sociale (regina, operaia, fuco), la stagione e le risorse alimentari disponibili. Tuttavia, a differenza degli esseri umani che possiedono circa 1000 specie diverse di batteri intestinali, nelle api sono solo nove le specie principali, cinque delle quali -Snodgrassella alvi, Gilliamella apicola, due specie di Lactobacillus e una di Bifidobacterium - sembrano essere residenti in tutte le popolazioni di Apis mellifera nel mondo e sono fondamentali per le funzioni metaboliche di questo insetto. I batteri essenziali per la salute delle api, nel corso di milioni di anni, si sono evoluti nel loro intestino creando una dipendenza reciproca con questi insetti: infatti, i batteri, oltre a produrre nutrienti metabolizzando il miele e il polline raccolti dalle api, contribuiscono alla risposta immunitaria dell’ape contrastando soprattutto l’azione di microorganismi patogeni, tra cui tripanosomatidi (protozoi), funghi e virus che possono infettare questi insetti nel corso della loro vita. Inoltre, il microbiota dell’ape svolge un importante ruolo nella crescita e sviluppo delle api e in generale ne influenza sia la salute sia alcuni comportamenti sociali. Molti di questi batteri vengono trasmessi per via orale dalle api nutrici, soprattutto quando le larve appena nate iniziano a nutrirsi di pappa reale e pane d'api (una miscela di polline, pappa reale e secrezioni delle api nutrici), andando a colonizzare diversi tratti dell’apparato digestivo, che è composto da tre compartimenti principali: borsa melaria, intestino medio e retto. Ciascuno di questi tre compartimenti contiene batteri specializzati, che svolgono funzioni diverse. I batteri della borsa melaria provengono da fonti alimentari e dalla pulizia dell'alveare; quelli nell’intestino medio derivano sia da fonti alimentari che dalle altre api del nido; infine, i batteri presenti nel retto derivano dall’attività di rimozione delle feci nel nido, dalla trofallassi e dal consumo di polline e miele. Diversi studi hanno dimostrato che inizialmente l'intestino delle larve contiene un ridotto numero di batteri e che la composizione e la diversità del microbiota dipendono soprattutto dall’alimentazione e quindi dagli ingredienti del pane d'api che variano nel corso delle stagioni. Già dalle prime fasi di vita adulta, l'ape appena emersa accresce la varietà di microbi presenti nell’intestino a seguito delle diverse attività svolte nell’alveare (pulizia delle celle vuote, cura della covata, cura della regina). Questo processo si completa solitamente entro il nono giorno di vita e le cinque specie microbiche principali permangono nell’intestino per tutta la vita dell’ape. Successivamente, quando l'ape operaia diventa bottinatrice, raccoglierà dall’ambiente altri batteri, alcuni benefici, altri commensali e alcuni dannosi, integrandoli nel suo microbiota intestinale. Quando le api bottinatrici tornano alla colonia con il nettare raccolto e conservato nella borsa melaria, gli enzimi prodotti dall'ape stessa e quelli dei microorganismi presenti nell'intestino avviano la conversione del nettare in miele. I principali enzimi apportati dal microbiota intestinale sono le invertasi, diastasi e glucosio-ossidasi che, scomponendo gli zuccheri più complessi in zuccheri semplici, rendono il miele più acido, creando così un ambiente in cui solo pochi batteri sono in grado di sopravvivere, evitando la proliferazione di eventuali microorganismi indesiderati. È stato dimostrato che i Lactobacilli sono i principali batteri residenti in modo permanente nella borsa melaria. Essi producono acido lattico, un sottoprodotto importante nella conversione del nettare in miele. Sebbene i Lactobacilli possano essere presenti nel miele fresco, non sopravvivono nel miele più vecchio, ma contribuiscono alla sua attività antimicrobica grazie all'acido lattico prodotto, che va a inibire la proliferazione di lieviti che potrebbero causare la fermentazione del nettare o del miele stoccato nell’alveare. Inoltre, i Lactobacilli sono importanti nella fermentazione del polline per la produzione del pane d'api. Durante l’attività di bottinatura, le api raccolgono il polline e lo immagazzinano in apposite strutture specializzate presenti sulle zampe posteriori dette corbicule o cestelle, dopo averlo amalgamato con saliva e miele rigurgitato affinché vi aderisca bene. I Lactobacilli e gli enzimi presenti nel miele rigurgitato avviano la conversione del polline in pane d'api e ne conferiscono proprietà antimicrobiche e quindi una conservazione prolungata, minimizzando così la possibilità di trasmettere infezioni batteriche alle altre api e alle larve. Mentre la borsa melaria è utilizzata dalle api bottinatrici esclusivamente per la conservazione del nettare fino al rientro nell'alveare, dove viene rigurgitato e stoccato nelle celle per la maturazione, l’intestino medio è l’organo più importante del sistema digestivo ed è deputato all’assorbimento dei nutrienti. L’alimento, composto da miele, pane d'api e acqua, è convogliato attraverso la valvola proventricolare nell’intestino medio, che contiene numerosi enzimi digestivi prodotti dall'ape e pochi batteri, come Frischella perrara, per lo più situati nella parte terminale, vicino alla valvola pilorica. L’intestino medio è anche il primo punto di contatto 

tra i patogeni introdotti con l’alimentazione e il sistema immunitario naturale dell'ape. Dall’intestino medio, il cibo parzialmente digerito passa attraverso il piloro, che si apre e si chiude durante la digestione, per arrivare al retto. Il piloro è anche il punto dove i tubuli malpighiani, organi assimilabili ai reni dei Vertebrati, scaricano i rifiuti azotati nell'intestino. Il retto, infine, è la parte intestinale responsabile dell'assorbimento di acqua, sali, minerali e altri nutrienti ed è composto dall'ileo e dal retto vero e proprio, ognuno dei quali ha una composizione microbica distinta. Qui, durante tutta la vita adulta dell'insetto, risiede stabilmente il 99% dei batteri deputati al metabolismo dei carboidrati presenti nel polline e nel nettare, sostanze che le api non sono in grado di metabolizzare autonomamente. Alcuni di questi carboidrati, chiamati polisaccaridi (tra cui la cellulosa e la pectina), vengono fermentati dai batteri intestinali per produrre acidi grassi utilizzati dall'ape come fonte di energia. Questi batteri, principalmente Bifidobacterium, Gilliamella, Snodgrassella e due ceppi di Lactobacillus, svolgono inoltre un’azione detossificante di alcune sostanze nocive per le api, come la pectina derivata dalle pareti cellulari delle piante e del polline. Durante le loro attività al di fuori della colonia, oltre a eventuali sostanze tossiche, le api bottinatrici sono esposte a diversi patogeni e si affidano proprio ai microorganismi intestinali per attivare una risposta immunitaria. Questo processo avviene attraverso la produzione di peptidi antimicrobici, una componente importante del sistema immunitario dell'ape, che inibiscono la proliferazione dei patogeni e ne danneggiano le cellule. 

Questo tipo di risposta è utile nel lungo termine poiché consente al sistema immunitario dell'ape di identificare e rispondere rapidamente alle successive infezioni. Inoltre, alcuni microbi formano uno strato protettivo sulla parete dell'ileo, creando una barriera fisica che inibisce a patogeni e sostanze tossiche di penetrare nell’organismo. L'effetto degli antibiotici sui b atteri intestinali delle api 
In alcuni paesi, tra cui gli Stati Uniti, malattie batteriche come la peste americana (AFB) e la peste europea (EFB) vengono trattate di routine con antibiotici a largo spettro, cioè in grado di uccidere indiscriminatamente sia batteri nocivi che benefici dell'intestino, capaci quindi di influenzare negativamente il funzionamento del microbiota delle api. Tra questi antibiotici, la tilosina e la tetraciclina sono quelli più spesso impiegati nella profilassi delle pesti sopra citate. In altri paesi, come nell’Unione Europea, l’uso di queste molecole non è consentito a causa dei rischi associati per l’uomo, oltre che all’effetto dannoso sui batteri intestinali delle api. Riducendo al minimo l'uso di antibiotici e applicando le migliori pratiche di Gestione Integrata dei Parassiti (IPM), si possono, così, minimizzare gli effetti dannosi a lungo termine, come lo sviluppo di resistenza agli antibiotici, affinché queste sostanze siano poi efficaci quando necessarie. Se anche solo una delle specie batteriche fondamentali nell'intestino dell'ape venisse compromessa dall'eccessivo uso di antibiotici, tutte quelle funzioni essenziali per l’ape, come il metabolismo e l’assorbimento dei nutrienti, la sificazione e la resistenza alle malattie, potrebbero essere compromesse causando potenzialmente un grave danno alla salute. Studi hanno dimostrato infatti che la tilosina influisce sulla composizione dei batteri dell'intestino delle api, confermando che la diminuzione risultante della biodiversità microbica rende gli individui della colonia più suscettibili a infezioni batteriche, proprio come l'AFB e l'EFB. Uno studio simile ha mostrato che anche la tetraciclina è in grado di ridurre la diversità e il numero dei principali batteri dell'intestino, aumentando il rischio di infezioni da parte del virus della paralisi acuta israeliana (IAPV), sottolineando quindi il ruolo importante del microbiota dell'ape nella resistenza a infezioni virali, oltre che a quelle batteriche.
L'EFFETTO DEI PESTICIDI SUI MICROBI INTESTINALI DELLE API
Le api sono esposte a pesticidi provenienti da due fonti: gli acaricidi per la gestione della Varroa, acaro parassita delle api, e i pesticidi e fungicidi usati in agricoltura, introdotti nella colonia dall’attività delle api bottinatrici. Molti studi hanno ora dimostrato un legame tra gli acaricidi usati nell’alveare per combattere l’acaro Varroa (ad esempio coumaphos, fluvalinate, amitraz, acido ossalico), la diminuzione dei batteri intestinali e lo stato di salute della colonia. Gli effetti negativi di tali sostanze includono una ridotta risposta immunitaria ai patogeni, difficoltà nella digestione dell’alimento e una diminuzione del metabolismo degli zuccheri e peptidi nell'intestino. Si è anche visto che i diversi batteri dell'intestino sono influenzati dai singoli principi attivi in modi diversi: il coumaphos, ad esempio, riduce il numero solo di alcuni ceppi di batteri, mentre il fluvalinate agisce inibendo la crescita di altri. La combinazione di acaricidi può anche avere effetti sinergici e dunque più letali rispetto all’uso del singolo composto, andando a compromettere l'equilibrio dell’intero microbiota e influenzare negativamente la salute dell'ape. Durante la loro attività di bottinatura, molte api sono anche in continuo contatto con molti erbicidi, pesticidi e fungicidi adoperati in agricoltura (definiti in generale agrofarmaci o fitofarmaci). A riguardo, alcuni studi suggeriscono che il glifosato (Roundup®), un erbicida ampiamente utilizzato, può influenzare negativamente i batteri intestinali. È stato dimostrato che il polline contiene più principi attivi di fitofarmaci rispetto al nettare e che il pane d'api conservato in alveare ne contiene di più rispetto al miele. Pertanto, l’esposizione alle sostanze chimiche varia tra le diverse caste all’interno dell’alveare, con le larve e la regina, nutrite con pappa reale e pane d’api, potenzialmente esposte a dosi più elevate durante il loro sviluppo rispetto alle bottinatrici, che si alimentano di miele ricco di carboidrati per avere energia durante il volo. Poiché molti acaricidi e fitofarmaci sono solubili nei grassi (liposolubili), i loro residui sono stati rilevati anche nella cera. Il loro accumulo nei favi comporta, perciò, un’esposizione prolungata della covata e delle api adulte a queste molecole, influendo negativamente sullo stato di salute della colonia. In conclusione, le condizioni ambientali e l’alimentazione delle api hanno un impatto diretto sulla composizione e vitalità del loro microbiota intestinale. Le api che si nutrono del polline di diverse fonti vegetali tendono ad avere una maggiore diversità microbica rispetto a quelle che consumano una dieta meno varia. Perciò, sebbene il microbiota delle api sia una parte invisibile e spesso sottovalutata della loro biologia, la sua salute è cruciale per il benessere delle colonie e cambiamenti nella composizione del microbiota causati da antibiotici, acaricidi e fitofarmaci possono avere effetti letali e sub -letali sulla vitalità delle colonie, oltre a renderle più sensibili all’attacco di eventuali patogeni. Sebbene degli studi abbiano evidenziato gli effetti positivi dei probiotici, la ricerca continua per comprenderne appieno i potenziali benefici e i modi in cui essi possano essere incorporati nei programmi di gestione delle colonie, andando a ridurre eventuali disbiosi della flora intestinale delle api, migliorare le loro difese contro i patogeni e contribuire a mantenere un microbiota sano.

ARTICOLO TRATTO DALLA RIVISTA DEL MESE DI OTTOBRE DI APINSIEME
SCRITTO DA FULVIO BORDIN
CRN per l’apicoltura, 
Istituto Zooprofilattico Sperimentale 
delle Venezie, Legnaro (PD)
Articolo originale R. Owen, 
The microbiome of the honey bees. American Bee Journal 164 (6), 607-610.



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