Mettendo insieme,
come in un puzzle, tutte le idee che vorticosamente passavano per la mia mente
arrivai ad elaborare la seguente teoria: 1°) per evitare la sciamatura avrei
dovuto intervenire prima che le famiglie entrassero in febbre sciamatoria; 2°)
identificato questo momento avrei dovuto, come tutti insegnano, dar più spazio
alle api aggiungendo un melario; 3°) decifrare e capire con certezza tutti i
fenomeni che accompagnano la sciamatura all’interno dell’alveare e della
famiglia per cercare di riprodurli.
Riguardo al primo
punto è mia ferma convinzione, e credo proprio di non sbagliare, che il momento
che precede non di molto “l’entrata in febbre sciamatoria” di una famiglia
d’api corrisponda al periodo in cui esse inizino a costruire quei piccoli favi
irregolari nell’interspazio fra parte superiore del telaio da nido ed il copri
favo e cominciano a stivare al loro interno del miele, contemporaneamente si
osserva la comparsa “sulla scena” dei primi fuchi e la presenza di costruzione
di nuovi voluminosi favi, pieni di sola covata maschile, ancorati alla parte inferiore del legno del
telaio da nido ed estesi fra questo ed il fondo dell’arnia. Contestualmente in
questo periodo si inizia ad avvertire un frenetico aumento dell’attività della
famiglia percepibile già in prossimità dell’alveare come un senso di profondo
ed intenso magnetismo. Per ciò che interessa il secondo punto, è cosa nota, e
in tutti i corsi d’apicoltura lo insegnano, che è buona pratica aumentare lo
spazio a disposizione della famiglia per cercare di contrastare la sciamatura
aggiungendo un melario. Nel mio “pensare” ho voluto superare questo
insegnamento non limitandomi ad aggiungere semplicemente un melario ma bensì
due ed in ciascuno di questi due melari ho posizionato ai due lati esterni tre
telaini da melario ricavando così al centro lo spazio per poter inserire tre
telai da nido. La famiglia è composta da api e da covata il mio intento non era
solamente quello di fornire più spazio alle api ma di garantire anche più
spazio alla regina per deporre nuova covata.
Così in base a
questo principio ho deciso di prelevare tre telai con abbondante covata dal
nido e di inserirli al centro dei due melari da aggiungere al nido.
Per quanto riguarda il terzo punto credo sia cosa risaputa che nel periodo che precede ed accompagna la sciamatura vi sia da parte delle api una forte propensione a produrre nuova ed abbondante cera; a questo proposito ho considerato che la costruzione di un favo naturale comporta un maggior impegno ed un maggior dispendio energetico per le api rispetto alla produzione di un favo che parta dalla presenza di un foglio cereo completo. Le api si uniscono a formare una catena, lavorano coese, le ceraiole si possono dedicare al loro proprio lavoro, la famiglia consuma miele rimanendo in equilibrio e questa condizione, a mio avviso, rallenta l’insorgenza dell’istinto sciamatorio. Inoltre, non va dimenticato che un favo naturale è più propolizzato rispetto ad uno costruito partendo da un foglio cereo e questo giova sicuramente in maniera positiva anche ad una miglior salubrità dell’ambiente interno all’alveare. È proprio in base a queste considerazioni che ho deciso di sostituire i tre favi con covata, prelevati dal nido e messi nei melari, con tre telai ai quali ho applicato solo una striscia di pochi centimetri di foglio cereo per dar modo alle api di poter lavorare secondo quanto sostenuto precedentemente. Nel nido dopo aver prelevato i tre favi di covata, che ho sistemato nei due melari sovrastanti, raggruppo i rimanenti telai con covata al centro dell’arnia e lascio alla periferia i telai con le scorte di miele inserendo negli spazi residui i nuovi telai con una piccola striscia di foglio cereo. Sempre cercando di capire la logica della sciamatura credo sia cosa certa che una volta avvenuta essa lasci all’interno dell’alveare una nuova regina; per ciò cercando di assecondare questo fisiologico e naturale processo, due settimane dopo aver praticato le operazioni sopra descritte prelevo i tre telai che avevo posizionato nei melari, (nei quali vi sarà presente, oltre al miele, ancora della covata opercolata), li posiziono in un arnietta di polistirolo, quindi prelevo dal nido un telaio di covata con la regina e molte api oltre ad un altro telaio di miele e vado ad unire il tutto ai tre precedentemente messi nell’arnia in polistirolo.
Quest’operazione
la completo aggiungendo un telaio con foglio cereo intero nell’arnietta in
polistirolo. Terminata la formazione del nuovo nucleo, sostituisco nell’alveare
donatore i due ultimi telai prelevati (quello con miele e quello con covata e
regina) con due telai ai quali, come prima, applico solo una striscia di foglio
cereo in maniera tale che le ceraiole possano continuare a svolgere il loro
lavoro.
Il nuovo nucleo
appena formato lo dispongo a pochi metri dall’alveare di prelievo così che le
eventuali bottinatrici in esso presenti ritornino al vecchio alveare, lo
alimento abbondantemente con sciroppo stimolante fino a che non sarà ben
sviluppato ed in grado di mantenersi con le proprie forze.
Il risultato
finale di quest’operazione mi ha permesso di ottenere un nuovo nucleo;
lasciando una famiglia orfana ma fortissima, perché sviluppatasi su 12 telai (nove
nel nido e tre nei melari), ho la possibilità di continuare la raccolta di
miele mentre la stessa famiglia alleva la sua nuova regina, inoltre riunendo i
12 telaini dei due melari recupero un primo precoce ed interessante raccolto di
miele.
In conclusione,
oltre che a ritrovarmi con un buon carico di miele già ad inizio primavera, ho
a disposizione un nuovo nucleo in grado di andare a melario entro poco tempo ed
una vecchia famiglia forte, ma con una nuova regina.
la descrizione più dettagliata la troverete sul libro: "Un apicoltore in vespa"
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