L’acaro Varroa è un parassita
responsabile di una delle infestazioni più gravi a danno dell’Apis mellifera,
la nostra ape comune. La diffusione della Varroa nell’Europa occidentale risale
più o meno agli inizi degli anni Ottanta. Originariamente, questo acaro era diffuso
solo nell’Europa dell’estremo Est e in Asia dove vive e parassita con
regolarità l’Apis cerana, (l’ape asiatica), la quale, però, ha sviluppato
particolari meccanismi di difesa che le consentono di contenere l’infestazione
parassitaria a livelli tali per cui l’acaro non è in grado di compromettere il
regolare e sano sviluppo delle famiglie di apis cerana.
Verso la fine degli anni Settanta la specie
dell’apis cerana fu importata anche in Europa occidentale e con essa arrivò
anche l’acaro della varroa che si diffuse immediatamente anche fra le specie
autoctone di api del nostro territorio le quali, però, non sono in grado di
governare la diffusione del parassita all’interno dei propri alveari e ciò le
porta inesorabilmente incontro a fenomeni di sovrainfezioni che comportano nel
tempo la morte della famiglia stessa.
Ad oggi, questo parassita si è diffuso
globalmente divenendo uno dei principali fattori responsabili
dell’indebolimento e dello spopolamento delle nostre api. Solo in Australia e
in Madagascar l’acaro non è fortunatamente ancora riuscito ad arrivare.
L’acaro della Varroa (varroa destructor)
possiede un forte dimorfismo sessuale caratterizzato dal fatto che il
maschio e la femmina presentano caratteri morfologici molto diversi fra loro.
La femmina, di colore rossastro, è di dimensioni maggiori rispetto al maschio
essa possiede quattro paia di zampe poste sul lato anteriore del corpo, che ha
una forma ellissoidale. Il maschio, di colore perlaceo, è di dimensioni più
piccole e vive principalmente nelle cellette, dove nasce, si riproduce e muore.
Il responsabile del danno alle api è perciò l’acaro femmina il quale si nutre
del corpo grasso dell’ape un’importante fonte di riserva energetica
indispensabile per la sopravvivenza di questo prezioso imenottero.
La varroa si riproduce all’interno della
covata opercolata e il suo ciclo biologico di crescita segue quello delle api. Infatti,
nei periodi in cui all’interno dell’alveare vi è assenza di covata la
popolazione delle varroe rimane stabile e durante questa fase i parassiti
rimangono ancorati al corpo delle operaie ossia si dice che si presentano
unicamente in fase foretica.
Come detto l’acaro si riproduce solo
all’interno della covata opercolata. Esso si introduce all’interno della
celletta in cui è contenuta la larva pochi istanti prima che questa venga
opercolata dalle operaie per consentire la metamorfosi della larva in pupa e quindi
in ape matura. La varroa riconosce i feromoni emessi dalle larve prossime a farsi
opercolare riuscendo così a individuare il momento giusto in cui penetrare all’interno
della celletta, giusto pochi istanti prima che la stessa venga sigillata. La
Varroa madre si rifugia sul fondo della cella, in mezzo alla pappa reale e li
vi rimane fino alla conclusione dell’opercolatura. Successivamente, inizia a
parassitare la larva nutrendosi delle preziose sostanze contenute all’interno
del suo corpo grasso. Dopo circa due giorni dall’avvenuta chiusura della
celletta mediante l’opercolo, la varroa inizia a deporre le sue uova. Il primo
uovo deposto darà vita ad un individuo di sesso maschile, mentre le successive
tre o quattro uova che la femmina deporrà daranno vita ad altrettanti individui
tutti di sesso femminile. Tendenzialmente la varroa predilige riprodursi
all’interno della covata maschile (da fuco) che si sviluppa in celle di
dimensioni maggiori e dura 24 giorni contro i 21 di quella della covata femminile.
L’elemento di sesso maschile raggiunge
la sua maturità sessuale dopo sei giorni dalla sua nascita mentre la femmina
solamente dopo quattro giorni, questo fa sì che il maschio e la femmina
raggiungano la maturità sessuale nello stesso momento così che le femmine
possano venir fecondate già all’interno della celletta. Quando avverrà lo
sfarfallamento dell’ape matura le femmine fecondate si aggrapperanno al suo
corpo facendosi portare all’interno dell’alveare dove inizieranno a dar vita a
un nuovo ciclo riproduttivo propagando in questo modo il livello
d’infestazione. Se qualche femmina di acaro non dovesse esser riuscita a farsi
fecondare rimarrà insieme al maschio sul fondo della celletta dove andranno
incontro a morte. Le varroe riescono in media, durante la loro vita, a compiere
2/3 cicli riproduttivi.
Si è visto che le api infestate nascono
con un peso inferiore rispetto alla norma e nel loro corpo vi è una minore
concentrazione di sostanze nutrizionali quali carboidrati e proteine; esse, inoltre,
presentano spesso malformazioni di vario tipo: riduzione delle dimensioni,
addome sottosviluppato e malformazioni di pungiglione, ali e zampe. Anche
il sistema immunitario dell’ape parassitata risulta frequentemente compromesso
e manifesta riduzione della sua attività con conseguente diminuzione della capacità
di difesa da parte dell’ape che rimane così maggiormente esposta alla
possibilità di sviluppare infezioni da parte di patogeni quali virus, batteri e
funghi. È stato, inoltre, dimostrato che un’ape infestata durante il suo
periodo di vita in cui svolge attività di bottinatrice riesce a compiere voli
di minor distanza rispetto a una non parassitata e sempre nei confronti della
stessa denota una minore performance e capacità di raccolta di nettare e
polline. Recenti studi hanno, inoltre, dimostrato che l’acaro della varroa è
anche il vettore di alcune virosi che colpiscono le api, quali quelle causate dal
virus delle ali deformi (DWV) e dal virus della paralisi acuta (ABPV).
Un avanzato stadio di infestazione da
varroa all’interno di una colonia di api si manifesta con la comparsa di alcuni
specifici segni, come per esempio la presenza di covata disomogenea e
irregolare, la diminuzione della popolazione, la presenza i api piccole e meno
sviluppate, la comparsa di api con dismorfismo come per esempio le ali deformi
che le rendono incapaci di volare. Nei casi più estremi si può anche assistere
all’abbandono dell’alveare da parte della famiglia. Qualora durante una visita
ispettiva del nostro alveare dovessimo riscontrare la presenza di varroe sulle
api saremo sicuramente in presenza di una famiglia con un alto grado di
infestazione quasi sicuramente destinata a morte certa nonostante un rapido e
solerte intervento con trattamenti specifici. Se noteremo la caduta sul fondo
dell’alveare di almeno 5 acari al giorno e/o se disopercolando 10 cellette da
fuco troveremo almeno 3 fuchi parassitati saremo di fronte ad un grado
preoccupante di infestazione che richiede un trattamento immediato. Attualmente
è in uso un metodo ancor più sofisticato che ci consente di valutare il grado
di infestazione da varroa delle nostre famiglie ed è il metodo dello zucchero a
velo (ZAV).
Per contenere l’infestazione da varroa è
indispensabile eseguire trattamenti con farmaci specifici, trattamenti che
devono essere eseguiti con regolarità in estate (metà luglio/inizio agosto) e
in autunno (in assenza di covata). Oltre all’utilizzo di farmaci specifici per
il contenimento della infestazione da varroa è possibile utilizzare tecniche di
pratica apistica come il blocco di covata, l’utilizzo del telaino Campero e del
fondo a tubi Happykeeper. Il futuro è però rappresentato dalla speranza di
riuscire a selezionare api capaci di contenere l’infestazione da varroa e di
non soccombere al parassita, un futuro che grazie alle ricerche genetiche si
sta sempre facendo più prossimo.
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