Dicembre
un periodo di “dolce far niente” per noi apicoltori visto che i gravosi impegni
e gli importanti carichi di lavoro sopportati durante la stagione in questo
periodo si riducono fin quasi a scomparire regalandoci un momento di meritato
riposo e, perché no, anche del tempo per dedicarci alla riflessione. Ed è
proprio in base a quest’ultima considerazione che vorrei disquisire assieme a
voi a proposito di una analisi riguardante una parassitosi sempre più
frequentemente presente nei nostri alveari e che sta provocando, oltre che a
ingenti danni, la perdita di un gran numero di famiglie a noi sagaci custodi
della api. Quale? Quella provocata dal Nosema Ceranae.
Come
tutti ormai ben sappiamo per riuscire a diagnosticare un’eventuale patologia a
carico di una famiglia d’api occorre valutare correttamente i sintomi presentati
dalla stessa e dalle api che la compongono, sintomi che, spesso e purtroppo,
rappresentano una manifestazione assai
tardiva della patologia in essere, ossia si rivelano solo quando questa è
presente già in uno stadio molto avanzato. Nel caso specifico di un’infezione
indotta da Nosema Ceranae la possibilità di eseguire una corretta ed esatta
valutazione dei sintomi in tempi precoci risulta essere una procedura assai
difficile se non impossibile da eseguire. Perché? Perché, purtroppo, tale patologia rimane
asintomatica fino al suo esito finale: “lo spopolamento dell’alveare”.
Quindi,
si dovrà cercare conferma dell’ipotesi fatta attraverso indagini di laboratorio
(analisi istopatologica eseguita sulle api e/o sui cadaveri delle stesse
prelevati dall’alveare); solo in seguito a ciò potremo fare delle previsioni sulla possibile evoluzione della malattia per
poter così intervenire con i corretti medicamenti (esempio farmaci antivarroa
piuttosto che antifunginei e/o altro ancora).
Recentemente,
però, si sta sempre più diffondendo una nuova modalità di approccio alla cura e
alla prevenzione delle malattie che colpiscono l’alveare: essa consiste nella
ricerca, attraverso test di laboratorio, di eventuali patogeni radicati
all’interno della colonia prima ancora che si manifestino i sintomi della malattia
indotta dagli stessi germi. Una volta
identificati gli agenti patogeni presenti nella famiglia d’api bisognerà
valutare il rischio a cui la presenza degli stessi sottopone la colonia e
conseguentemente agire con la somministrazione, piuttosto che di farmaci, di
alimenti complementari in grado di stimolare e fortificare il sistema
immunitario delle api che compongono quella colonia. Tali sostanze devono rinforzare
l’attivazione dell’immunità senza stimolarla in maniera eccessiva per non
correre il rischio che un sistema immunitario esageratamente attivato anziché
produrre un effetto benefico non induca alla comparsa di effetti collaterali
non desiderati.
Sulla
scia di queste considerazioni , avendo avuto la fortuna di seguire un seminario
del Professor Gilles Grosmond medico veterinario e apicoltore con competenze
approfondite nell’ambito della omeopatia, fitoterapia e aromaterapia, sono
venuto a conoscenza di un alimento complementare da lui elaborato e
sperimentato per circa una decina di anni, alimento che promette di contrastare
con grande vigore, attraverso la stimolazione del sistema immunitario e l’ottimizzazione
della composizione del microbiota intestinale
delle api, l’infestazione da nosema ceranae e le relative virosi da esso
indotte.
Il Nosema Ceranae è un parassita intestinale unicellulare appartenente alla categoria dei miceti, esso si caratterizza in modo specifico per la presenza di un doppio nucleo e l’assenza totale di strutture intracellulari, in particolar modo di mitocondri, ciò lo rende un parassita obbligato cioè non in grado di moltiplicarsi da solo e di vivere in autonomia. Questo micete penetra all’interno delle cellule intestinali dell’ape dove inizia a riprodursi e a generare delle spore che andranno a dislocarsi all’interno del lume del tubo digerente dell’ape. Il parassita va a colonizzare la parte posteriore dell’intestino dell’ape provocando, a tale livello, estese lesioni cellulari. Il Nosema Ceranae, poiché privo di strutture mitocondriali, avrà bisogno di trovare zuccheri al fine di recuperare l’energia indispensabile alla sua sopravvivenza e alla sua riproduzione e ciò lo porterà a predare lo zucchero presente negli enterociti (cellule intestinali) e nelle cellule che costituiscono l’emolinfa (sangue) delle api, la conseguenza di questo processo di “predazione” si traduce con l’incapacità da parte dell’ape di utilizzare come nutrimento indispensabile per generare energia, fondamentale al suo sostentamento e alla sua sopravvivenza, gli zuccheri da lei stessa raccolti. L’infezione provoca una continua e costante sottrazione di zuccheri che si traduce per le api estive con una diminuzione di performance, una diminuzione di longevità (l’aspettativa di vita delle api infette si riduce così da 40/45 giorni a una trentina di giorni) e un passaggio prematuro dallo stato di ape operaia che svolge i suoi compiti all’interno del nido allo stato di bottinatrice. Tutto ciò comporta la presenza di effetti deleteri per la famiglia, ma quel che è peggio è che tali effetti avvengono senza che vi sia una concomitante presenza di una chiara e ben identificabile sintomatologia. Questa condizione rende la nosemiasi difficilmente identificabile particolarmente da parte di apicoltori che non abbiano ancora una pluriennale esperienza in tale disciplina.
Recentemente
si è, inoltre, dimostrato come all’aumentare della longevità delle api aumenti
anche l’infestazione da Nosema e ciò comporta, anche a carico delle api
invernali, un passaggio prematuro dallo stato di api nutrici a quello di
bottinatrici con conseguente diminuzione dell’aspettativa di vita, quindi una
precoce diminuzione della popolazione e di api nutrici capaci di assistere ai
bisogni della covata al momento della sua ripresa. Questo progressivo e
inesorabile spopolamento avrà anche come conseguenza l’incapacità da parte
delle api residue di mantenere il glomere mentre la “fame” di zucchero induce le stesse a uscire
dal nido per procurarsi cibo ma allo stesso tempo impedisce loro di farvi
ritorno poiché destinate a morte certa a causa del freddo clima invernale.
L’insieme
di tali fattori concorrono a determinare un forte indebolimento della colonia
condizione, questa, che porterà all’instaurarsi di sovrainfezioni da parte di
altri patogeni quali, per esempio, i virus (DWV – BQCV – SBV e/o altri ancora)
e/o i tripanosomi (Crithidia Mellificae – Lotmaria
passim che parassitano l’epitelio intestinale), le quali, associate
all’infezione da Nosema porteranno come conseguenza alla morte precoce delle
api e al conseguente spopolamento
dell’alveare.
Le infezioni virali si localizzano principalmente nel tessuto nervoso (cervello e antenne CBPV), nei centri della vista (DWV) e/o nelle ghiandole ipofaringee. Esse possono venir trasmesse per via “verticale” attraverso, per esempio, la contaminazione intra- ovarica delle uova oppure attraverso la contaminazione della superficie dell’ovocita che avviene durante il suo passaggio nelle vie genitali e/o a causa della contaminazione degli spermatozoi. Un’altra modalità di trasmissione virale è rappresentata dalla via “orizzontale” come avviene per esempio nel caso della trasmissione dovuta all’azione parassitaria della varroa la quale, da studi recenti, sembra essere più un “moltiplicatore” di virus piuttosto che un diffusore degli stessi, oppure come avviene durante la trofallassi, la frequentazione dei fiori e/o le condotte igieniche quali il grooming.
Attualmente,
secondo recenti studi, possiamo considerare
che circa il 75% degli alveari manifesti al suo interno la presenza di Nosema
Ceranae, quindi, il rischio che le famiglie che gestiamo vengano colpite da
tale infezione è sicuramente molto alto e raffigura una complicazione
decisamente importante. Inoltre, come
abbiamo detto, la presenza di Nosema Ceranae all’interno dell’alveare espone la
famiglia al rischio di contrarre sovrainfezioni virali, e a tal proposito si è
valutato che la contemporanea sovrainfezione da parte di 3 categorie differenti
di virus rappresenta un fattore di rischio flebile per un esito di spopolamento e morte della
famiglia, da 3 a 6 differenti tipi di virus il rischio diviene elevato, mentre
da 6 a 10 diviene molto elevato.
Analisi eseguite su campioni di api vive hanno confermato che anche in colonie asintomatiche si riscontra la presenza di Nosema Ceranae in una percentuale pari al 75% e la concomita presenza di virus quali, tra i principali: ABPV (virus della paralisi acuta), BQCV (virus della cella reale nera), CBPV (virus della paralisi cronica), DWV e DWV-A (virus delle ali deformi), VdV1 e DWV-B (virus varroa d.), KBV (Kashmir virus), SBV (virus della covata sacciforme) e SBPV (virus della paralisi lenta) oltre alla possibile presenza di tripanosomi come la Crithidia Mellificae e la Lotmaria passim la cui azione patogena a livello degli enterociti viene notevolmente potenziata dalla contemporanea presenza di un infezione da nosema. Analisi batteriologiche condotte su bombi e altri apoidei, prelevati in prossimità di apiari, manifestano la presenza degli stessi patogeni evidenziati nelle colonie d’api presenti nell’apiario e ciò testimonia quanto sia divenuta pericolosa la trasmissione di patogeni per via orizzontale e quanto, per certi versi, essa divenga anche una via di trasmissione “circolare” ossia: da ape ad apoidei e viceversa. Tutto ciò espone le nostre api a un forte rischio di contrarre sempre più frequentemente infezioni che nel tempo potrebbero rivelarsi letali per le nostre famiglie anche se gestite con scrupolosa cura.
Sulla
base di queste considerazioni e sull’entusiasmo suscitatomi da quanto appreso
nell’ascoltare la lezione divulgativa del Dr. Grosmond ho voluto provare a
sperimentare la reale efficacia dell’alimento complementare da lui “progettato”.
Il prodotto viene commercializzato con il nome di Bee’ Full Plus ed è stato
elaborato al fine di sostenere l’immunità dell’ape migliorandone la sua
longevità. Non essendo attualmente disponibile in Italia, l’ho potuto reperire
sul sito web francese: “ https://www.naturapi.com “.
Il prodotto è composto da un additivo sensoriale costituito da un insieme di sostanze aromatiche (oli essenziali) fondamentali per la formazione e la stimolazione di peptidi antimicrobici e per il potenziamento della produzione di vitellogenina. La miscela di tali sostanze aromatiche permette, inoltre, di equilibrare la flora intestinale dell’ape, in più la diffusione, attraverso la cuticola delle api, di tali composti olfattivi disturba il ciclo biologico di Varroa Destructor.
In esso si trovano, ancora, un numero importante di oligoelementi come solfato di rame, di zinco, di manganese, di selenio e di ferro, tutte sostanze indispensabili a stimolare, regolamentandola, l’immunità innata dell’ape la quale si manifesta attraverso la produzione di componenti ossidanti antibatterici: la glutatione perossidasi, l’ossido d’azoto e radicali super ossidanti. La presenza di curcuma, sostanza ricca in polifenoli, gli conferisce un forte effetto antiossidante e antinfiammatorio, così come la presenza in esso di gomma arabica, elemento composto da fibre corte, garantisce una ottima stimolazione del microbiota intestinale. L’aggiunta di estratti di alghe marine esercita un effetto positivo sulle cellule del tubo digerente fortificando la barriera intestinale e permettendo un ottimale riassorbimento degli oligoelementi.Le modalità di somministrazione sono semplici e consistono nel miscelare il composto nella proporzione di 12 ml per litro di sciroppo 1 a 1 e successivamente distribuire il prodotto alle nostre api con il dosaggio di 250 ml ogni 48 ore per 4/8 somministrazioni consecutive. Il periodo consigliato per ripartire questo alimento complementare è luglio, subito dopo la rimozione dei melari, ma qualsiasi periodo della stagione, esclusi ovviamente i mesi invernali e il momento della raccolta, è buono per alimentare le nostre famiglie con questo preparato.
Le
indicazioni all’utilizzo di Bee’ Full Plus sono quelle di ridurre la mortalità
invernale delle famiglie riducendo drasticamente l’infestazione da nosema
ceranae e le virosi; di aiutare lo sviluppo delle colonie, particolarmente le
più flebili a inizio primavera (in questo caso bastano solamente 3
somministrazioni per non rischiare di innescare una sciamatura precoce); prima
della transumanza; per stabilizzare il lavoro di selezione; per fortificare la
regina preservando la sua longevità e per rallentare il degrado sanitario delle
colonie.
Il
prodotto è composto da sostanze naturali, non lascia residui nell’alveare ed
eventualmente quei pochi che dovessero rimanere sono costituiti da sostanze del
tutto naturali.







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