L’evoluzione
per selezione naturale ha plasmato la biologia delle api mellifere portandole a
sviluppare una genetica tale per cui sono diventate “esperte” nel fare ciò che è meglio per loro. L’utilizzo
di questo approccio in apicoltura genera
quella che comunemente potremmo chiamare “Apicoltura darwiniana e/o naturale”
perché fu proprio Charles Darwin a descrivere per primo come sia grazie a un processo
di selezione naturale che si riescono a produrre piante e animali decisamente
abili nel prendersi cura di sé stessi.
Studiando
cosa cercano in natura le api esploratrici di uno sciame dal sito di
nidificazione. Thomas Seeley ha capito che esse cercavano una cavità relativamente
piccola (circa 40 litri) con un ingresso alto da terra, basandoci sui risultati
di questa ricerca risulta evidente come le arnie utilizzate attualmente nell’apicoltura
moderna forniscono alle colonie di api ripari poco appetibili per loro perché
sono state progettate per far vivere le colonie in modi che differiscono da ciò
che realmente le api cercano in natura. L’apicoltura convenzionale, così
definita moderna, ha come obiettivo quello di rendere le colonie di api
mellifere molto brave nella produzione di miele ma, purtroppo, allo stesso
tempo le rende più deboli nel resistere a malattie e altri problemi quali per
esempio sapersi adattare a una inadeguata alimentazione, all’esposizione a pesticidi e
alla resistenza ai parassiti e/o a un ambiente avverso.
Per
riuscire a uscire da questo impasse forse dovremmo iniziare a considerare il
fatto che la tolleranza e la resistenza a una determinata malattia o minaccia è
data da numerosi fattori sia interni, fra i quali un ruolo fondamentale lo
riveste la genetica, sia esterni come, per esempio, la disponibilità di cibo,
il clima, l’affollamento, e altro ancora. Noi non dobbiamo considerare solo il
fatto che in natura le api resistono alla varroa, ma dobbiamo valutare la la
globalità di tutti quei fattori esterni che portano le api a sviluppare una
vera e propria resistenza nei confronti di questo parassita. Quindi dobbiamo
chiederci in quale modo, senza l’intervento umano, una famiglia di api
selvatiche riesce a sopravvivere alla parassitosi? Sopravvivono grazie al
clima, all’alimentazione? Resistono grazie a una specifica componente genetica
e/o grazie alle modalità attraverso le quali avviene la fecondazione della
regina? La loro resilienza è dovuta a un’alta differenziazione cromosomica
conferitagli da incroci fra diverse sottospecie? Quando saremo in grado di dare
una corretta risposta a tutti questi quesiti, probabilmente riusciremo a svelare
i segreti della resilienza manifestata dalle colonie di api selvatiche e solo
ponendo particolare attenzione su ciò che avviene in natura potremo migliorare
la gestione dei nostri alveari.
Un altro fattore che influenza positivamente la forza delle famiglie è l’ambiente in cui esse vivono, per svolgere un’apicoltura naturale sarebbe opportuno dislocare i nostri apiari in territori ricchi di fonti di nutrimento così da avere api che non abbiano mai bisogno di un’alimentazione di sostegno. Come apicoltori siamo spesso, purtroppo, indirizzati più ad ottenere abbondanti raccolti piuttosto che a considerare il benessere animale e allora si predilige dislocare i nostri alveari in territori che diano importanti fioriture nettarifere capaci di farci ricavare un buon raccolto piuttosto che a valutare la globalità delle fioriture che quel luogo è in grado di fornire alle nostre famiglie perché esse riescano ad avere di che nutrirsi durante tutto l’arco della stagione. Quanto detto è avvalorato dal fatto che noi “guardiani delle api” siamo abituati a intervenire con alimentazione di supporto per aiutare le nostre famiglie, senza nemmeno chiederci il perché lo si debba fare e soprattutto senza neppure domandarci per quale motivo le nostre colonie si trovino in questa situazione. La mancanza di cibo è legata al fatto che le alleviamo in un ambiente povero, oppure alla mancanza di fioriture e/o invece a una situazione climatica inadeguata? Queste domande dobbiamo imparare a porcele se vogliamo veramente praticare un’apicoltura naturale senza mai scordarci che le api sono un tutt’uno con la natura della quale ne riflettono l’immagine!
L’apicoltura
naturale richiede un approccio diverso al modo di allevare le api e non tutti saranno
favorevoli a condividerlo. Condurre un apiario in modo naturale vuole, infatti,
dire avere troppe sciamature da gestire, riscontrare difficoltà e importanti
problematiche legate alla necessità di distanziare ampiamente gli alveari l’uno
dagli altri e molto altro ancora, ma sicuramente molti di noi si sono resi
conto che è giunto il momento di diventare degli apicoltori più gentili e forse
sarà proprio questo che in futuro potrà far la differenza regalando una migliore esistenza alle nostre api.
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