Durante questo periodo di
scarsa se non assente attività in apiario è comunque buona cosa mantenere un
atteggiamento di vigile sorveglianza per cui non scordiamoci, di tanto in tanto,
di passare a fare un giro fra i nostri alveari. Appoggiamo delicatamente il
nostro orecchio alla parete dell’arnia per vedere se si riesce a percepire un
rassicurante brusio: sarà infatti
indice che nel nido tutto sta procedendo come deve. Controlliamo il
posizionamento dei tetti delle nostre arnie per assicurarci che siano tutti ben
saldi ed evitare che un’improvvisa tormenta di vento, come frequentemente può
accadere in questo periodo della stagione, ne sollevi qualcuno scoperchiando
così l’alveare ed esponendo la colonia contenuta al suo interno a un pericoloso
e grave rischio. Verifichiamo lo stato del legno delle pareti dei nidi: esse
possono esser state danneggiate da una martora e/o da qualche faina,
soprattutto non sottovalutiamo l’attività del picchio verde che con il suo
potente becco riesce a scalfire l’integrità della parete di legno creando
pertugi attraverso i quali le gelide correnti d’aria possono raffreddare il
giusto tepore presente nel nido portando a morte le nostre preziose operaie. Nel
caso riscontrassimo qualche danneggiamento alle pareti dell’alveare provvediamo
immediatamente a porvi rimedio richiudendo il buco con un tassello in legno
piuttosto che un francobollo in polistirene.
Il riposo vegetativo dei mesi
invernali consente di effettuare le potature delle piante: approfittiamone per
tagliare tutti quei rami che causano un eccessivo ombreggiamento dell’apiario
favorendo insorgenza di umidità, possibile causa di sofferenza per le nostre
famiglie.
Se quest’inverno è stato
foriero di abbondanti nevicate provvediamo a rimuovere la neve che staziona
davanti alle porticine di volo: la neve è permeabile ai gas e consente comunque
uno scambio d’aria fra interno ed esterno del nido, ma qualora le gelide
temperature la trasformassero in ghiaccio si creerebbe una condizione in cui la
ventilazione all’interno del nido potrebbe venir compromessa. Posiamo sulla
neve antistante all’alveare uno pannello in polistirene (fissandolo al suolo
con una pietra) e/o un asse di legno per impedire che le api nelle brevi uscite
possano appoggiarsi sulla fredda neve, la qual cosa le renderebbe incapaci di
decollare condannandole a morte certa.
Col finire di gennaio e con il proseguo di febbraio si avvicinerà alle porte l’esordio di una nuova stagione apistica. Nel lento trascorrere di questo periodo il guardiano delle api può permettersi giornate relativamente tranquille, senza però scordarsi di buttare un occhio all’apiario per evitare che questo periodo di relativa calma si trasformi in un periodo di pericolosa negligenza.
Verso l’inizio di febbraio le
giornate iniziano progressivamente e costantemente ad allungarsi mentre fra gli
arbusti inizia il debutto delle fioriture del nocciolo e le famiglie
all’interno delle loro casette continuano, fortunatamente, a proteggersi dal
freddo consumando pian piano le loro riserve alimentari. In questa ideale
condizione il peso dell’alveare diminuisce in media di 500/1000 grammi al mese.
Accertiamoci che le arnie non diventino troppo leggere, in caso contrario non
esitiamo a somministrare del candito che sarà molto gradito alle nostre
amichette e ci aiuterà a non lasciar morire di fame le preziose famiglie che
custodiamo. E’questo, per noi apicoltori, anche il momento durante il quale
possiamo goderci un piccolo ma meritato riposo; utilizziamo questo tempo per
terminare di leggere quelle riviste e/o quei libri di apicoltura che avremo
sicuramente trovato sotto l’albero il giorno di Natale.
Verso il finire di gennaio e
l’inizio di febbraio, un pochino più tardi nelle zone maggiormente a nord e/o
collinari, all’interno del nido riprenderà anche l’attività di cova da parte
della regina. Le giornate più lunghe e la maggior intensità di luce che
riuscirà a passare all’interno dell’alveare, introducendosi dalla porticina di
volo, stimolano le api a consumare una più grande quantità di miele e di
polline e a produrre più pappa reale per sostenere la regina nella sua attività
di deposizione.
In una bella e tiepida
giornata, passata la prima metà di febbraio, potremmo provare a rimuovere il
tetto dell’arnia e a posare la nostra mano sul coprifavo e se avvertissimo un
piacevole tepore, cosa sicuramente molto auspicabile, sarà il segno che ci
troviamo alla presenza di una famiglia forte e vigorosa.
Se altro tempo ce ne rimane,
non sprechiamolo, utilizziamolo per far pulizia intorno ai nostri alveari
rimuovendo rovi e sterpaglie che impediscono alle api di aver un buon ricambio
d’aria all’interno del nido e a noi di avere un comodo passaggio da utilizzare
per posare e rimuovere i melari quando sarà giunta l’ora. Come sostiene un vecchio
e saggio detto: “là dove la carriola non passerà certamente la schiena
dell’apicoltore soffrirà”, permettetemi,
a questo proposito, un consiglio da vecchio e consumato ortopedico: lavoriamo
sempre utilizzando un corsetto semirigido, quando si è giovani le fatiche ci
scivolano addosso, ma con il passare delle primavere arriverà il giorno in cui
la nostra colonna vertebrale non smetterà di rinfacciarci tutte le strenue
fatiche alle quali l’abbiamo sottoposta nei tanti anni di duro lavoro!
Verso la fine di gennaio e l’inizio
di febbraio, anche se le arnie sono ancora discretamente pesanti, segno che in
esse sono presenti delle buone riserve di cibo, io preferisco comunque
somministrare del candito sarà sicuramente cosa gradita che permetterà alle mie
apette di risparmiare consumo del miele e del polline immagazzinato nella precedente
stagione, così che esse, eventualmente, potranno utilizzare questa preziosa
riserva alimentare sul finire di marzo e a inizio aprile in eventuali periodi
di giornate perturbate caratterizzate da costante presenza di lunghe e
abbondanti piogge.
Non trascuriamo le attività di
magazzino: ripariamo le vecchie arnie, puliamole, riverniciamole con
impregnante a base di olio di lino cotto e/o secondo le nostre personali
abitudini e preferenze. Approfittiamo anche di queste giornate non solo per
ridipingere le vecchie arnie, ma anche per disinfettarle e, a mio avviso, una
più che soddisfacente disinfezione la possiamo ottenere con un vigoroso passaggio
di fiamma all’interno della cassa grazie all’impiego di un chalumeau. Occorrerà
“flambare” bene fino a che non vedremo il legno divenire di colore bruno così
avremo la certezza di aver eliminato la quasi totalità dei germi che in esso si
annidano ricordiamo, infatti, che le spore della peste resistono fino alla
temperatura di 140°C. Se invece possediamo delle arnie di plastica, occorrerà
lavarle all’interno con della soda caustica, non prima di aver indossato tutte
le protezioni necessarie al fine di proteggere i nostri occhi e il nostro
corpo.
Gennaio e febbraio sono anche
i mesi in cui si organizzano, covid permettendo, molti corsi di apicoltura, se
avete partecipato ad uno di questi e la vostra intenzione è quella di debuttare
in tale meravigliosa disciplina, qual è l’apicoltura, ora è il periodo
opportuno per acquistare il materiale necessario cominciando proprio dalle
arnie ricordando che le api nel bene e nel male si adattano a qualsiasi tipo di
spazio per cui saremo noi a dover scegliere il tipo di arnia più consono al
modello d’apicoltura che abbiamo deciso d’intraprendere.
Sul finire di febbraio noi,
così come le nostre apette, inizieremo a intravvedere l’avvicinarsi di una
prossima primavera che presto verrà a bussare alle porte, è giunto il momento
di sintonizzarci al meglio sulle frequenze dei nostri alveari per sostenere nel
migliore dei modi le nostre guerriere rombanti nel momento della piena ripresa
della loro attività.
Vi saluto augurandovi che la
prossima stagione sia davvero, per tutti noi e per le nostre stupende operaie,
una stagione piena di gioia e di grande soddisfazione!
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