mercoledì 16 novembre 2022

CORRETTE ABITUDINI ALIMENTARI

 

Una buona e sana alimentazione contribuisce a proteggerci da tutte le diverse forme di

malnutrizione oltre che contro le malattie metaboliche non trasmissibili quali il diabete, le cardiopatie, le vasculopatie, gli accidenti cerebrali e il cancro.

Le corrette abitudini alimentari dovrebbero iniziare fin dalla nascita: l’allattamento al seno materno, per esempio, favorisce una crescita e uno sviluppo in buona salute migliorando al contempo l’accrescimento cognitivo. Inoltre, la nutrizione con il latte materno porta anche ad avere benefici a lungo termine, benefici quali una diminuzione del rischio di sviluppare obesità in età adolescenziale.

Una corretta dieta alimentare dovrebbe garantire un apporto energetico in calorie che non sia superiore a quelle che mediamente consumiamo nell’arco delle ventiquattro ore ciò per evitare un eccessivo aumento di peso corporeo. A questo scopo è indispensabile che il contenuto di alimenti grassi non superi il 30% dell’apporto energetico totale, così come la quantità di zuccheri liberi raffinati sia pari e/o inferiore al 10% anche se studi più recenti tendono a suggerire di non oltrepassare la misura del 5% se si vogliono ottenere benefici ancora migliori per la nostra salute.

Ridurre il consumo di sale ad una dose inferiore a cinque grammi al giorno aiuta a prevenire l’insorgenza di ipertensione arteriosa e conseguentemente a diminuire il rischio di comparsa di infarto e di accidenti cerebrovascolari.

Tuttavia, la composizione di un’alimentazione diversificata, equilibrata e sana varia secondo le esigenze individuali (età, sesso, abitudini di vita e attività fisica), il contesto culturale, gli alimenti disponibili localmente e le abitudini alimentari anche se i principi base su cui si fonda un sano regime alimentare rimangono sempre gli stessi.

Una dieta corretta per una persona adulta necessita l’introduzione di alimenti quali frutta, verdura, legumi, frutta secca e cereali da consumarsi preferibilmente nelle seguenti proporzioni: almeno 400 g (cinque porzioni) di frutta e verdura al giorno ricordandosi però che patate, manioca e altri tuberi amilacei non vanno inseriti in questo elenco; non superare i 50 g di zuccheri liberi e raffinati (12 cucchiaini da caffè) rammentando però che essi sono già presenti in alcuni alimenti e in molte bevande perché aggiunti dai cuochi, dai produttori alimentari e dai consumatori e che, invece, non si ritrovano naturalmente nei succhi di frutta e nel miele.

Come detto il quantitativo di sostanze grasse introdotte non deve superare il 30% dell’apporto energetico totale ed è sempre meglio preferire alimenti che contengono acidi grassi insaturi come il pesce, la frutta secca, l’avocado, l’olio d’oliva extravergine rispetto ad alimenti contenenti acidi grassi saturi come le carni grasse, il burro, l’olio di palma e quello di cocco, le creme, i formaggi e la margarina. A questo proposito ricordo che esiste una categoria di acidi grassi altamente nocivi per la nostra salute e che per tale motivo è bene che non rientrino come alimenti predominanti nella nostra dieta, essi sono gli acidi grassi trans (TFA) che possono originarsi anche da una semplice esposizione termica eccessiva come avviene ad esempio durante la frittura se portata al “punto di fumo” e/o in seguito a perossidazione ed irrancidimento (dovuto all’azione di batteri, esposizione alla luce, all’ossigeno, ad alte temperature ecc.).

Tuttavia, esistono anche molti alimenti naturali che di per sé contengono acidi grassi trans; è il caso dei prodotti caseari e delle carni ottenute dalla macellazione di alcuni animali. Questo fenomeno è dovuto alla fermentazione batterica che subisce il cibo contenuto nell’apparato digerente dei ruminanti. Durante la digestione i microorganismi del microbiota di questi animali determinano la conversione di alcuni acidi grassi cis in acidi grassi trans i quali vengono poi riassorbiti a livello intestinale e successivamente secreti nel latte e/o accumulati nelle carni. Sia chiaro, però, che si sta parlando di concentrazioni assolutamente ridotte rispetto a quelle dei prodotti industriali contenenti grassi idrogenati. Gli alimenti che contengono la maggior quantità di acidi grassi trans sono: margarine, brioche, snack dolci, salatinipatate fritte surgelatekrapfen, burro, dadi da brodo, preparati per minestre, alimenti da fast-foodpesce surgelato in panatura, pop-corn in busta, formaggi stagionati.

Non esiste una quantità di TFA che il nostro organismo possa sopportare senza accusarne gli effetti negativi. Cibarsi prevalentemente, o anche solo frequentemente, di alimenti ricchi in grassi trans è nocivo per la salute, non solo ma il consumo di oli idrogenati o parzialmente idrogenati, anche in piccola percentuale nella dieta quotidiana, è sufficiente a creare alterazioni nell'organismo.

Gli acidi grassi trans sono collegati, da numerosi studi scientifici, ad: alterazioni del metabolismo dei lipidi e del glucosio, modificazioni della funzionalità delle membrane cellulari dei neuroni, obesità, cancerogenesi, problemi ormonali e della fertilità.

Una dieta caratterizzata TFA si correla soprattutto ad un peso eccessivo, a ipercolesterolemia,  diabete, malattie vascolari (aterosclerosi e ictus), a degenerazione del sistema nervoso centrale.

È possibile ridurre l’apporto di grassi e particolarmente quello di acidi grassi trans utilizzando alcuni semplici accorgimenti quali: cucinare a vapore o far bollire gli alimenti piuttosto che friggerli; sostituire il burro e/o la margarina con oli ricchi di acidi grassi insaturi come l’olio extravergine d’oliva, l’olio di semi di lino e/o di canapa piuttosto che di girasole e altri oli di semi; limitare l’utilizzo di prodotti caseari molto grassi e preferire carni magre; limitare l’uso di prodotti fritti, pre imballati (ciambelle, dolci, torte, biscotti, etc.) che contengono abbondanti quantitativi di TFA.

Anche il sale potrebbe entrare a gamba tesa sulla nostra salute, un eccessivo apporto, infatti, provoca un ispessimento delle pareti arteriose contribuendo a far sviluppare un’arteriosclerosi precoce. La dose massima giornaliera consigliata di apporto di sale non deve superare i 5 g (un cucchiaino da caffè) preferendo l’utilizzo di sale iodato. Spesso si è portati a consumare dosi eccessive di sale associandole ad un apporto insufficiente di potassio e ciò contribuisce ulteriormente a sviluppare una precoce ipertensione arteriosa con le conseguenze che essa comporta quali aumentato rischio d’infarto, arteriosclerosi e vasculopatie cerebrali. Si calcola che riducendo l’apporto di sale nella dieta al di sotto dei valori massimi consigliati si riescano ad impedire nel mondo circa 1,7 milioni di decessi all’anno. Spesso non siamo consapevoli della quantità di sale che introduciamo nel nostro organismo attraverso la dieta poiché non ci rendiamo conto che alla dose normalmente apportata con la salatura delle pietanze in tavola va aggiunta la quantità di sale già presente in numerosi alimenti come per esempio i piatti pronti, le carni trasformate (bacon, prosciutto, salumi etc.), o in alimenti consumati in abbondanza come il pane.

Come detto in precedenza ricordo che un sano regime alimentare dovrebbe iniziare fin dalla nascita poiché una nutrizione ottimale nei primi anni di vita favorisce una crescita in buona salute migliorando lo sviluppo cognitivo del bambino. Essa, in più, contribuisce a ridurre il rischio di sviluppare sovrappeso, obesità e atre malattie dismetaboliche nel proseguo della vita. I neonati dovrebbero essere allattati esclusivamente al seno per i primi sei mesi della loro vita e, qualora sia possibile, sarebbe utile non sospendere l’allattamento fino al raggiungimento dei due anni. Dal compimento dei sei mesi di età, al contrario, si deve cominciare a integrare il latte materno con alimenti ricchi in sostanze nutritive senza aggiungere ad essi sale e zucchero.

Le abitudini alimentari hanno subito un’evoluzione nel tempo ed esse sono influenzate da molteplici fattori sociali ed economici che si combinano fra loro in maniera complessa determinando consuetudini nutrizionali che variano da persona a persona. Tra i fattori influenzanti le diverse abitudini alimentari vanno sicuramente menzionati: il reddito personale, il prezzo degli alimenti (che influisce sulla possibilità di poter acquistare cibi sani e nutraceutici), i gusti e le preferenze personali, le tradizioni culturali, gli aspetti geografici e ambientali.

Per questi motivi sopra citati penso che la promozione di un corretto regime alimentare debba essere sostenuta da più settori, fra cui quello governativo, dal servizio pubblico e da quello privato. Il governo riveste un ruolo fondamentale nel promuovere una corretta pratica alimentare consentendo alla popolazione di adottare e mantenere delle abitudini alimentari benefiche per la propria salute.

Politicamente si potrebbero incentivare alcuni atteggiamenti capaci di influenzare le scelte commerciali, alimentari e agricole così da poter promuovere la divulgazione di un corretto modo di alimentarsi e proteggere allo stesso tempo la salute pubblica. Si dovrebbero incentivare provvedimenti che inducano i produttori e i rivenditori a coltivare e vendere frutta e verdura fresca contrastando la tendenza dell’industria agro alimentare nell’insistere e/o nell’aumentare la produzione di cibi trasformati ricchi in sostanze contenenti acidi grassi saturi, TFA, zuccheri liberi e sale. Ancora atri atteggiamenti politicamente “corretti” potrebbero essere quelli di sostenere e far applicare le raccomandazioni del OMS sulla commercializzazione delle bibite destinate ai ragazzi in giovane età, promuovere la distribuzione di alimenti sani e nutraceutici negli asili nido, nelle scuole e nelle mense aziendali, imporre l’inserimento in etichettatura dei valori nutrizionali degli alimenti venduti, istruire e sensibilizzare i consumatori al fine che essi stessi divengano poi persone che ricerchino e richiedano pasti e prodotti alimentari sani, incoraggiare e sviluppare programmi scolastici che insegnino ai ragazzi la necessità di scegliere e di adottare un’alimentazione sana. Questo ed altro ancora si potrebbe fare al fine di educare il consumatore così che egli stesso sia incoraggiato a richiedere prodotti sani e sostenibili.

 



 



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