Una buona e sana alimentazione contribuisce a
proteggerci da tutte le diverse forme di
malnutrizione oltre che contro le malattie
metaboliche non trasmissibili quali il diabete, le cardiopatie, le
vasculopatie, gli accidenti cerebrali e il cancro.
Le corrette abitudini alimentari dovrebbero
iniziare fin dalla nascita: l’allattamento al seno materno, per esempio,
favorisce una crescita e uno sviluppo in buona salute migliorando al contempo l’accrescimento
cognitivo. Inoltre, la nutrizione con il latte materno porta anche ad avere
benefici a lungo termine, benefici quali una diminuzione del rischio di
sviluppare obesità in età adolescenziale.
Una corretta dieta alimentare dovrebbe
garantire un apporto energetico in calorie che non sia superiore a quelle che
mediamente consumiamo nell’arco delle ventiquattro ore ciò per evitare un
eccessivo aumento di peso corporeo. A questo scopo è indispensabile che il
contenuto di alimenti grassi non superi il 30% dell’apporto energetico totale,
così come la quantità di zuccheri liberi raffinati sia pari e/o inferiore al
10% anche se studi più recenti tendono a suggerire di non oltrepassare la misura
del 5% se si vogliono ottenere benefici ancora migliori per la nostra salute.
Ridurre il consumo di sale ad una dose inferiore
a cinque grammi al giorno aiuta a prevenire l’insorgenza di ipertensione
arteriosa e conseguentemente a diminuire il rischio di comparsa di infarto e di
accidenti cerebrovascolari.
Tuttavia, la composizione di un’alimentazione
diversificata, equilibrata e sana varia secondo le esigenze individuali (età,
sesso, abitudini di vita e attività fisica), il contesto culturale, gli
alimenti disponibili localmente e le abitudini alimentari anche se i principi
base su cui si fonda un sano regime alimentare rimangono sempre gli stessi.
Una dieta corretta per una persona adulta necessita l’introduzione di alimenti quali frutta, verdura, legumi, frutta secca e cereali da consumarsi preferibilmente nelle seguenti proporzioni: almeno 400 g (cinque porzioni) di frutta e verdura al giorno ricordandosi però che patate, manioca e altri tuberi amilacei non vanno inseriti in questo elenco; non superare i 50 g di zuccheri liberi e raffinati (12 cucchiaini da caffè) rammentando però che essi sono già presenti in alcuni alimenti e in molte bevande perché aggiunti dai cuochi, dai produttori alimentari e dai consumatori e che, invece, non si ritrovano naturalmente nei succhi di frutta e nel miele.
Come detto il quantitativo di sostanze grasse
introdotte non deve superare il 30% dell’apporto energetico totale ed è sempre
meglio preferire alimenti che contengono acidi grassi insaturi come il pesce,
la frutta secca, l’avocado, l’olio d’oliva extravergine rispetto ad alimenti
contenenti acidi grassi saturi come le carni grasse, il burro, l’olio di palma
e quello di cocco, le creme, i formaggi e la margarina. A questo proposito
ricordo che esiste una categoria di acidi grassi altamente nocivi per la nostra
salute e che per tale motivo è bene che non rientrino come alimenti predominanti
nella nostra dieta, essi sono gli acidi grassi trans (TFA) che possono
originarsi anche da una semplice esposizione termica eccessiva come avviene ad
esempio durante la frittura se portata al “punto di fumo” e/o in seguito a
perossidazione ed irrancidimento (dovuto all’azione di batteri, esposizione
alla luce, all’ossigeno, ad alte temperature ecc.).
Tuttavia, esistono anche molti alimenti
naturali che di per sé contengono acidi grassi trans; è il caso dei prodotti
caseari e delle carni ottenute dalla macellazione di alcuni animali. Questo
fenomeno è dovuto alla fermentazione batterica che subisce il cibo contenuto nell’apparato
digerente dei ruminanti. Durante la digestione i microorganismi del microbiota
di questi animali determinano la conversione di alcuni acidi grassi cis in acidi
grassi trans i quali vengono poi riassorbiti a livello intestinale e
successivamente secreti nel latte e/o accumulati nelle carni. Sia chiaro, però,
che si sta parlando di concentrazioni assolutamente ridotte rispetto a quelle dei prodotti industriali
contenenti grassi idrogenati. Gli alimenti che contengono la maggior
quantità di acidi grassi trans sono: margarine, brioche, snack dolci, salatini, patate fritte surgelate, krapfen, burro, dadi da brodo, preparati per minestre,
alimenti da fast-food, pesce surgelato in panatura, pop-corn in
busta, formaggi
stagionati.
Non
esiste una quantità di TFA che il nostro organismo possa sopportare senza
accusarne gli effetti negativi. Cibarsi prevalentemente, o anche solo frequentemente,
di alimenti ricchi in grassi trans è nocivo per la salute, non solo ma il
consumo di oli idrogenati o parzialmente idrogenati, anche in piccola
percentuale nella dieta quotidiana, è sufficiente a creare alterazioni
nell'organismo.
Gli
acidi grassi trans sono collegati, da numerosi studi scientifici, ad:
alterazioni del metabolismo dei lipidi e
del glucosio, modificazioni della
funzionalità delle membrane cellulari dei neuroni,
obesità, cancerogenesi, problemi ormonali e della fertilità.
Una
dieta caratterizzata TFA si correla soprattutto ad un peso eccessivo, a ipercolesterolemia, diabete,
malattie vascolari (aterosclerosi e ictus), a degenerazione del sistema nervoso
centrale.
È
possibile ridurre l’apporto di grassi e particolarmente quello di acidi grassi
trans utilizzando alcuni semplici accorgimenti quali: cucinare a vapore o far
bollire gli alimenti piuttosto che friggerli; sostituire il burro e/o la
margarina con oli ricchi di acidi grassi insaturi come l’olio extravergine
d’oliva, l’olio di semi di lino e/o di canapa piuttosto che di girasole e altri
oli di semi; limitare l’utilizzo di prodotti caseari molto grassi e preferire
carni magre; limitare l’uso di prodotti fritti, pre imballati (ciambelle,
dolci, torte, biscotti, etc.) che contengono abbondanti quantitativi di TFA.
Anche
il sale potrebbe entrare a gamba tesa sulla nostra salute, un eccessivo
apporto, infatti, provoca un ispessimento delle pareti arteriose contribuendo a
far sviluppare un’arteriosclerosi precoce. La dose massima giornaliera
consigliata di apporto di sale non deve superare i 5 g (un cucchiaino da caffè)
preferendo l’utilizzo di sale iodato. Spesso si è portati a consumare dosi
eccessive di sale associandole ad un apporto insufficiente di potassio e ciò
contribuisce ulteriormente a sviluppare una precoce ipertensione arteriosa con
le conseguenze che essa comporta quali aumentato rischio d’infarto,
arteriosclerosi e vasculopatie cerebrali. Si calcola che riducendo l’apporto di
sale nella dieta al di sotto dei valori massimi consigliati si riescano ad
impedire nel mondo circa 1,7 milioni di decessi all’anno. Spesso non siamo
consapevoli della quantità di sale che introduciamo nel nostro organismo attraverso
la dieta poiché non ci rendiamo conto che alla dose normalmente apportata con
la salatura delle pietanze in tavola va aggiunta la quantità di sale già
presente in numerosi alimenti come per esempio i piatti pronti, le carni
trasformate (bacon, prosciutto, salumi etc.), o in alimenti consumati in
abbondanza come il pane.
Come
detto in precedenza ricordo che un sano regime alimentare dovrebbe iniziare fin
dalla nascita poiché una nutrizione ottimale nei primi anni di vita favorisce
una crescita in buona salute migliorando lo sviluppo cognitivo del bambino.
Essa, in più, contribuisce a ridurre il rischio di sviluppare sovrappeso,
obesità e atre malattie dismetaboliche nel proseguo della vita. I neonati
dovrebbero essere allattati esclusivamente al seno per i primi sei mesi della
loro vita e, qualora sia possibile, sarebbe utile non sospendere l’allattamento
fino al raggiungimento dei due anni. Dal compimento dei sei mesi di età, al
contrario, si deve cominciare a integrare il latte materno con alimenti ricchi
in sostanze nutritive senza aggiungere ad essi sale e zucchero.
Le abitudini
alimentari hanno subito un’evoluzione nel tempo ed esse sono influenzate da
molteplici fattori sociali ed economici che si combinano fra loro in maniera
complessa determinando consuetudini nutrizionali che variano da persona a
persona. Tra i fattori influenzanti le diverse abitudini alimentari vanno
sicuramente menzionati: il reddito personale, il prezzo degli alimenti (che
influisce sulla possibilità di poter acquistare cibi sani e nutraceutici), i
gusti e le preferenze personali, le tradizioni culturali, gli aspetti
geografici e ambientali.
Per questi motivi sopra citati penso che la promozione di un corretto regime alimentare debba essere sostenuta da più settori, fra cui quello governativo, dal servizio pubblico e da quello privato. Il governo riveste un ruolo fondamentale nel promuovere una corretta pratica alimentare consentendo alla popolazione di adottare e mantenere delle abitudini alimentari benefiche per la propria salute.
Politicamente
si potrebbero incentivare alcuni atteggiamenti capaci di influenzare le scelte
commerciali, alimentari e agricole così da poter promuovere la divulgazione di
un corretto modo di alimentarsi e proteggere allo stesso tempo la salute
pubblica. Si dovrebbero incentivare provvedimenti che inducano i produttori e i
rivenditori a coltivare e vendere frutta e verdura fresca contrastando la
tendenza dell’industria agro alimentare nell’insistere e/o nell’aumentare la
produzione di cibi trasformati ricchi in sostanze contenenti acidi grassi
saturi, TFA, zuccheri liberi e sale. Ancora atri atteggiamenti politicamente “corretti”
potrebbero essere quelli di sostenere e far applicare le raccomandazioni del OMS
sulla commercializzazione delle bibite destinate ai ragazzi in giovane età,
promuovere la distribuzione di alimenti sani e nutraceutici negli asili nido,
nelle scuole e nelle mense aziendali, imporre l’inserimento in etichettatura
dei valori nutrizionali degli alimenti venduti, istruire e sensibilizzare i
consumatori al fine che essi stessi divengano poi persone che ricerchino e
richiedano pasti e prodotti alimentari sani, incoraggiare e sviluppare
programmi scolastici che insegnino ai ragazzi la necessità di scegliere e di
adottare un’alimentazione sana. Questo ed altro ancora si potrebbe fare al fine
di educare il consumatore così che egli stesso sia incoraggiato a richiedere
prodotti sani e sostenibili.
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