Con l’arrivo del mese d’ottobre ci
siamo lasciati alle spalle un’altra stagione consapevoli, comunque, che ci
porteremo appresso anche per il tempo a venire i soliti problemi: l’instabilità
di un clima ormai sempre più condizionato dal cambiamento climatico che
compromette il normale sviluppo della flora e delle fioriture stagionali;
l’inquinamento da fitofarmaci (diserbanti, antiparassitari etc.), che danneggiano
seriamente la salute delle nostre api; la riduzione della biodiversità dovuta
al sempre più crescente numero di terreni sottratti alla propria vegetazione e
destinati alle monocolture e alle colture intensive cosa, quest’ultima,
responsabile fra l’altro, anche di un impoverimento dei pascoli.
Di fronte a uno scenario così
catastrofico come può comportarsi l’apicoltore? Penso che la cosa più
importante che ci rimanga da fare, per fronteggiare codesta situazione, sia
indubbiamente quella di preservare, nel migliore dei modi, il nostro capitale:
le api, la nostra vera forza lavoro!
. L’autunno è il periodo propizio nel
quale sia le api che il loro custode devono provvedere in maniera attiva a
creare le condizioni migliori per garantire e garantirsi un ottimo
invernamento. In questo momento della stagione le temperature iniziano
progressivamente e gradualmente a diminuire, mentre la vegetazione beneficia
delle ultime belle e tiepide giornate anche se le ore di luce si riducono
sensibilmente. Le api riescono ancora a rafforzare le loro scorte bottinando sulle
ultime fioriture quali: l’edera, trifoglio, la calluna, l’erica e poco altro
ancora. L’apicoltore attento dovrà comunque monitorare lo stato di provviste
accumulate dalle proprie colonie e nel caso in cui dovesse ritenerlo insufficiente,
deve provvedere a somministrare loro un’alimentazione di sostegno elargendo
sciroppo ad alta concentrazione zuccherina (un litro d’acqua per due chili di
zucchero). Per un buon invernamento è necessario che vi sia una quantità di
provviste di almeno 20/25 kg. Portare a svernare una famiglia forte è una
condizione favorevole perché in essa il glomere sarà comunque in grado di
spostarsi da un lato all’altro dell’alveare per raggiungere le riserve di cibo.
Non di rado capita, infatti, di trovare alla primavera famiglie morte per fame
con ancora la presenza di tanto miele all’interno del nido. In linea generale
penso che sia sempre meglio portare a far passare l’inverno una famiglia forte
piuttosto che due deboli, una colonia forte, infatti, consuma meno miele
rispetto a due deboli.
Se nelle nostre visite in apiario
dovessimo notare alcune famiglie non in grado di “convincerci” saremo
autorizzati a una rapida e veloce ispezione da effettuarsi sicuramente in una
giornata soleggiata con clima ancora dolce. In questo caso controlleremo lo
stato sanitario della colonia, ispezionando quadro per quadro, per osservare la
qualità della covata, ricercare la regina, valutare la presenza di riserve sia
di polline sia di miele. Se durante l’ispezione dovessimo trovare favi privi di
scorte e non presidiati potremo rimuoverli riducendo, così, il volume
dell’alveare grazie all’introduzione di un diaframma; questa pratica consentirà
alle api di risparmiare energia, quindi di aver esigenza di un minor consumo di
cibo per riscaldare il nido. L’apicoltura, infatti, è un esercizio di costante
“modulazione” del volume dell’alveare perché questo si adatti a quello della
colonia in esso ospitata, per far sì che le api si trovino sempre in uno spazio
contenuto e al caldo. È importante che i favi siano più pieni possibile, con
un’abbondante superficie di miele, così da permettere al glomere di rimanere
nello stesso spazio se il clima e freddo e l’inverno è duro.
A ottobre è giunto anche il momento,
se ancora non l’avessimo fatto, di ridurre la porticina d’ingresso con
l’apposita rastrelliera metallica per impedire l’intrusione nel nido da parte
di lucertole e/o topolini di campagna in cerca di un tiepido rifugio in cui trascorrere
l’inverno e al contempo per ridurre i flussi di aria fredda all’interno del
nido. Proteggiamo l’alveare dalle dispersioni di calore che avvengono in modo
particolare nella sua parte più alta, mettendo all’interno del coprifavo del
tessuto non tessuto o dei panni di pile o altro materiale con potere
coibentante. Qualcuno a questo scopo utilizza anche composti coibentanti con
fogli di alluminio così da riflettere, verso l’alveare, i raggi di calore
infrarossi prodotti dalla contrazione muscolare delle api in glomere.
Un altro nemico da cui difendere le
nostre api è il vento, particolarmente il vento freddo che scende dal nord, per
cui se non avessimo provveduto per tempo alla protezione delle nostre casette
predisponendo delle siepi perimetrali pensiamo di farlo ora posizionando delle
utili barriere frangivento a loro protezione.
Verso il finire del
mese di ottobre nelle regioni a clima meno temperato se si dovesse osservare
assenza di covata, all’interno dell’alveare, sarebbe bene pensare di effettuare
i trattamenti, di fine stagione, per il contrasto alla varroa.
Purtroppo la situazione
attuale ci spinge a pensare con diffidenza e con sospetto alla prossima
stagione che verrà, ma se la buona pratica apistica ci avrà permesso di
preservare al meglio la nostra vera “forza lavoro” allora potremo pensare alla
stagione che verrà con un pizzico di ottimismo in più e le forti famiglie che
siamo riusciti a portare a primavera sicuramente, ancora per una volta, ci permetteranno
di partire in pole position e di sperare che la nuova stagione apistica sia
finalmente e veramente quella buona e piena di successo!
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