Fin dal mio debutto in apicoltura, risalente ormai a ben più di dieci
anni fa, ho sempre guardato con sospetto e circospezione quel fondo usuale in
dotazione alle arnie D.B. e a mio avviso presuntuosamente chiamato fondo
antivarroa. In un periodo in cui la varroa è identificata come il principale e
più temibile nemico per le api e per noi apicoltori, distogliendo così la vera attenzione
dalle reali e ben più gravi responsabilità che rivestono sostanze come i neonicotinoidi
e i diserbanti nel progressivo e devastante declino di questi meravigliosi
imenotteri, avere a disposizione un fondo con un nome così altisonante come il:
“ fondo antivarroa” ci fa erroneamente pensare di esserci dotati di un
dispositivo miracoloso per il contrasto e la lotta al temibile acaro e di aver
dato così importanti chance di crescita sana e vigorosa alle colonie che
gelosamente custodiamo all’interno dei nostri alveari. In realtà, secondo il
mio modesto parere, questa griglia posta al di sotto dell’alveare e aperta alle
peggiori intemperie meteorologiche contrasta molto con quelle che sono le mie
idee e le mie convinzioni su ciò che dovremmo offrire alle nostre laboriose
operaie affinché possano godere delle migliori condizioni climatiche
all’interno del proprio nido.
Le mie perplessità nei confronti della rete antivarroa trovarono conforto ad una fiera di Apimel, di qualche anno fa, quando incontrai in uno stand un buffo ma altrettanto simpatico omino, accompagnato da una moglie similmente buffa e ugualmente simpatica che vendevano delle strane strutture tubulari. Incuriosito mi fermai a chiedere informazioni su cosa fossero e a cosa servissero quegli strani oggetti che avevano in esposizione. Nel mio pessimo francese io, e nel suo stentato Italiano lui, ci imbarcammo in un improbabile quanto intenso dialogo durante il quale mi spiegò con maestria il perfetto funzionamento del fondo a tubi happykeeper. Mi raccontò di Marcel Lepris apicoltore Marsigliese che sviluppò questo innovativo e geniale dispositivo. Ne rimasi subito affascinato ed iniziai ad acquistarne un paio per sperimentarli. Il risultato che ebbi con l’utilizzo del fondo a tubi si mostrò, in quella stagione, veramente sorprendente tanto che il successivo anno una volta giunto ad Apimel corsi subito a cercarlo per acquistarne altri così da poter dotare tutte le mie arnie con quel meraviglioso fondo.
Cercherò di raccontare i vantaggi che una tale struttura può apportare ad
un alveare partendo direttamente da ciò che accade all’interno dello stesso.
Nel loro nido le api allevano covata la quale per potersi sviluppare ha
necessità di avere temperatura costante intorno ai 35,5 gradi. Questa temperatura
viene mantenuta attraverso contrazione muscolare se fa freddo o ventilazione
con le ali se fa caldo, ciò richiede notevole dispendio energetico da parte
delle api che ricavano l’energia necessaria consumando le riserve di miele; tutto
questo genera un ciclo metabolico dal quale vengono prodotte, da una parte, energia
sotto forma di calore, e dall’altra, vapore acqueo ed anidride carbonica come
residui dello stesso processo metabolico.
Partendo da questo semplice e basilare concetto mi domando: ci siamo mai
chiesti se con la nostra apicoltura razionale mettiamo a disposizione delle api
che alleviamo strutture idonee che consentano loro di regolare l’omeostasi
termica, flussi di ricambio d’aria, livelli di anidride carbonica e di umidità all’interno
dell’alveare stesso?
Purtroppo, sembra esserci da parte nostra, “sapienti” apicoltori moderni,
una certa indifferenza per non voler dire una certa ignoranza riguardo a questo
pensiero.
Il dubbio che qualche cosa non quadrasse nel nostro modo di far
allevamento avrebbe dovuto venirci in mente già verso la fine degli anni 80
inizio anni 90 quando si scoprì che colonie di api selvatiche prosperavano felicemente
mentre le vicine colonie domestiche collassavano infestate dalla varroa. Questo
qualcosa che non “quadra” probabilmente è da ricercare nella conformazione dell’arnia
che con la sua struttura non è in grado di mettere le api nella condizione
ottimale per poter garantire all’interno del loro spazio vitale quei
presupposti di salubrità essenziali e necessari ad uno sviluppo sano e salutare
di tutta la famiglia.
Fin dal mio inizio in questo affascinante mondo “apistico” ho nutrito da
subito, come detto in precedenza, una certa avversità nei confronti del
convenzionale fondo antivarroa dell’arnia non riuscendo proprio ad
immaginarmelo come un fondo “amico” che grazie alla presenza di una griglia a
rete consentisse la caduta delle varroe impedendo poi la loro risalita
all’interno dell’alveare. Me lo sono sempre immaginato piuttosto come una
grossa voragine attraverso la quale grandi e violenti flussi d’aria fredda,
calda e umida potessero passare indisturbati determinando a loro piacimento il
“cambiamento climatico” all’interno del nido in “barba” all’imponente fatica
che, con implacabile impegno, le api fanno nel tentativo di mantenere la giusta
situazione climatico - ambientale, la più favorevole ad un loro sano e corretto
sviluppo.
Per superare questa “criticità” ormai da cinque anni a questa parte ho
dotato tutte le mie arnie di un fondo a tubi, che come il fondo a rete così
definito “presuntuosamente” antivarroa, lascia passare le varroe cadute e non
permette loro di risalire nell’alveare; un po’ come accade in natura dove al di
sotto degli alveari costruiti nei tronchi d'albero solitamente si trova un
grande vuoto che rende impossibile la risalita ai parassiti caduti.
Ciò che però ho trovato veramente innovativo nell’utilizzo dei fondi a
tubo è il sistema di ventilazione che si viene a creare all’interno
dell’alveare; un fattore a cui purtroppo non si è mai data grande importanza
facendo prevalere i nostri indirizzi di ricerca verso le dimensione dei
telai, la loro forma, il loro numero per arrivare ad avere il massimo
rendimento e la massima produttività. Produrre, produrre e produrre questo è
l’imperativo dell’apicoltore moderno, produrre ad ogni costo senza mai pensare
al benessere animale senza nemmeno pensare che magari alle api non sarebbe
“dispiaciuto” avere la possibilità di rinnovare a loro piacimento l'atmosfera
all’interno del proprio ambiente di vita.
Il fondo a tubi inoltre non agisce positivamente solo sui meccanismi di
ricambio dell’aria interna all’alveare, ma contribuisce anche attivamente nel
controllo e nella gestione dell’umidità interna, infatti in un alveare con
fondo a “griglia” l’aria riscaldata carica di umidità e di CO2 tende a salire
verso l’alto fino a raggiungere il coprifavo a contatto del quale condensa
depositandosi, in forma di goccioline, lungo le pareti e scendendo poi verso il
basso, arrivata nelle parti più basse dell’alveare la sua densità tornerà ad
avere valori sovrapponibili a quelli dell’aria esterna così che nel
ricambio parte di quest’aria, per così
dire “viziata”, si mischierà ad aria nuova non venendosi in questo modo a
creare le condizioni per un completo e salutare ricambio.
In un arnia dotata di fondo a tubi l’aria “sporca” viene ventilata dal
glomere verso il basso ( e ciò è possibile anche in condizioni climatiche
fredde in quanto il fondo a tubi permette anche un miglior mantenimento
dell’omeostasi termica all’interno del nido) ed una volta giunta a contatto con
i tubi condensa parzialmente disperdendosi completamente nell’atmosfera esterna
consentendo ad un eguale volume d’aria nuova di entrare all’interno del nido
attraverso un automatismo che riproduce in maniera abbastanza similare ciò che
avviene nel nostro meccanismo di “espirazione” “inspirazione”. Essendo inoltre il flusso d’aria che passa
attraverso lo spazio intertubo un flusso lento, laminare e contrapposto si creano
le condizioni per cui l’aria in ingresso, attraverso il poliuretano riscaldato
dall’aria in uscita, riesca ad acquisire calore evitando così il crearsi di
forti sbalzi e squilibri termici (anche nei periodi più freddi dell’anno), al
contrario di quanto avviene in un’arnia dotata di un comune fondo a griglia
dove si generano vortici e turbolenze che costringono ad un “certosino” lavoro
le api nel tentativo di mantenere la condizione climatica a loro più congeniale
nell’interno della propria casa.
Ho inoltre potuto osservare, e credo sia esperienza comune in tutti
coloro che hanno sostituito il normale fondo a rete con il fondo happykeeper,
che poco dopo la sostituzione del fondo si veniva a verificare un significativo
ed immediato aumento della caduta delle varroe; questo è probabilmente da
ricondurre al fatto che un risanamento dell’ambiente interno dell’alveare con
una miglior salubrità dello stesso possa portare nel giro di breve tempo ad un
invigorimento della famiglia con api più forti e robuste in grado di
sbarazzarsi più energicamente delle varroe.
Questo maggior aumento di caduta delle varroe consente di mantenere
l’infestazione da parte di tali parassiti a livelli più accettabili e quindi
consente di ridurre il numero di interventi con trattamenti farmaceutici,
ricordiamo che i parassiti e gli insetti spesso hanno caratteristiche similari
per cui ciò che è veleno per uno spesso lo è anche per l’altro per non voler
poi parlare degli effetti nocivi che alcune sostanze possono avere anche sul
nostro organismo.
Perché un fondo a tubi possa funzionare correttamente e consentire un
ottimale ricambio d’aria è necessario che venga posizionato almeno ad
un’altezza di almeno 20 cm dal suolo e che non vi siano superfici al di sotto
di esso se non il terreno stesso.
Un altro vantaggio che regala il fondo tipo Happykeeper è legato al fatto
che una volta installato ci si può anche scordare di lui. Questo fondo infatti
rimane pulito per parecchi anni, in esso non troveremo mai rifiuti solidi
mescolati ad acqua di condensa che danno origine ad un ottimo terreno di
coltura nel quale possono proliferare insidiosi agenti patogeni pericolosissimi
per la salute delle nostre famiglie. Al massimo potremo trovare sui tubi
goccioline di propoli che nonostante diano un’impressione di sporco non
rappresentano alcun pericolo per la salubrità dell’alveare.
Se poi qualcuno avesse dei dubbi sulla componente chimica con la quale
sono costituiti i tubi del fondo ricordo che il polietilene (materiali di cui
son fatti) è una plastica largamente impiegata nell’industria alimentare e
rappresenta assieme al polipropilene la plastica alimentare per eccellenza. Essa,
infatti, contiene unicamente carbonio ed idrogeno e non è in grado di emettere
gas tossici.
Concludendo penso che molti siano i vantaggi che ho potuto riscontrare
grazie al’utilizzo di questo particolare tipo di fondo, vantaggi che hanno
portato ad una migliore salubrità all’interno dell’ambiente alveare,
conseguentemente ad un migliore benessere animale che si è tradotto con famiglie
più forti, più resistenti alle malattie e, particolare non trascurabile,
famiglie in grado di garantire una migliore produttività.
Continuerò ad utilizzare il fondo happykeeper? Penso proprio di si; perché? Perché me lo chiedono le mie api!
Mi raccomando se mai vi capiterà di passare ad Apimel non scordatevi di andare a cercare quel buffo e simpatico omino francese accompagnato da un’altrettanto
buffa e simpatica moglie, vi stanno aspettando per convincervi a regalare un
po’ più di benessere alle vostre api!
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