L’idrossimetilfurfurale
(HMF) è una molecola normalmente presente nel miele e la sua concentrazione
permette di stabilire se un miele è stato ben conservato e/o se il suo
invasettamento non è di recente confezionamento. Questa molecola si forma in un
ambiente acido e si genera attraverso un procedimento di degradazione degli
zuccheri, particolarmente dalla ossidazione del fruttosio. È presente in
bassissima concentrazione, se non addirittura assente, nel miele appena
estratto dal favo per aumentare gradualmente con l’invecchiare del prodotto.
Esso, inoltre, è sensibile alla temperatura, più alta è la temperatura a cui
conserviamo il miele maggiore sarà la concentrazione di HMF che si formerà nel
tempo. Il limite massimo di questa sostanza presente nel miele, stabilito per
legge, non deve superare i 40 mg/kg.
Questa
molecola è potenzialmente tossica sicuramente, però, non a livello dei
consentiti 40mg/kg, inizia a manifestare effetti lievemente nocivi per il
nostro organismo alla concentrazione di 100 mg/kg da assumersi però quotidianamente.
La dose letale per un ratto è stimata intorno a 2500 mg/kg di peso corporeo.
Quindi, si comprende come, a tutti gli effetti, date le sue basse concentrazioni
nel miele e in altri elementi esso esprime un concetto di tossicità del tutto
empirico.
Il suo
limite massimo stabilito per legge, quindi, assume un significato importante
solo per la tutela del consumatore e serve a impedire che sulle tavole vengano
portati dei mieli troppo vecchi e/o adulterati perché in questi ultimi la
concentrazione di HMF tende a salire molto più rapidamente rispetto a quella di un
miele di buona qualità.
Un
miele lavorato artigianalmente in purezza senza contraffazioni e conservato
adeguatamente in un luogo fresco e buio difficilmente potrà superare
concentrazioni di HMF superiori a 20 mg/kg. In sostanza potremmo concludere che
tale composto chimico è indice della “freschezza” del miele e di un suo buono
stato di conservazione.
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