Siamo nel terzo millennio: l’ape riesce ancora a catalizzare l’interesse di
tanti appassionati, apicoltori e non. Le ricerche sulla biologia dell’ape, sulla morfologia del
suo corpo e sul funzionamento dei
differenti apparati nelle diverse
caste presenti nell’alveare sono in
continuo sviluppo. Grazie ai nuovi
strumenti di studio (microscopi
ottici ed elettronici, attrezzature
fotografiche, cinematografiche e
televisive per riprese anche a forti
ingrandimenti ed esaminate, poi,
al rallentatore, ecc.) è possibile
approfondire via via le conoscenze
su questo insetto “prodigioso” favorendo, nel contempo, la comprensione dei fenomeni biologici
ad esso legati. Non è difficile vedere l’ape al lavoro: o all’esterno
dell’alveare mentre visita i fiori o
dentro all’alveare mentre si dedica
a diverse operazioni quali l’immagazzinamento del nettare e del
polline nelle cellette, l’allevamento
della prole e la costruzione dei favi. Spesso, però, non si conoscono
le basi biologiche delle numerose
attività dell’ape.
Ciò è fondamentale non solo per
una migliore valutazione di quanto
l’ape fa, ma anche per una miglior
conduzione degli alveari; l’apicoltore, infatti, meglio conosce il comportamento dell'ape e più è in grado di attuare in modo razionale le
diverse operazioni apistiche. Come
può l’ape compiere attività così
differenziate? Perché ha un corpo
che glielo permette. Anch’essa non
sfugge a una regola generale, esistente nel mondo zoologico, secondo la quale in natura ogni organo e ogni apparato è strutturato in
modo da poter assolvere a specifiche funzioni; infatti, tra struttura e
funzione di un organo esiste normalmente uno strettissimo legame. La “prodigiosità” dell’ape, quindi, sta nella “prodigiosità” della sua
conformazione morfologica, fondamento della biologia ed etologia,
altrettanto prodigiose. Lasciando a
manuali specialistici l’onere di una
descrizione particolareggiata del corpo dell’ape, e dei suoi apparati
costitutivi, in quest’articolo desideriamo ricordare l’attività in cui l’ape
raggiunge la massima espressione
della sua prodigiosità: il cosiddetto
“linguaggio” che si esprime mediante danze. La scoperta di tale
forma di comunicazione tra le api
e il suo alto contenuto d’informazione è certamente il capolavoro
dell’etologo austriaco prof. Karl
von Frisch cui fu assegnato, nel
1973, il premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina grazie alla definizione del linguaggio gestuale delle api.
Poiché il messaggio che viene dato è in forma simbolica, nel
linguaggio gestuale dell’ape è coinvolto tutto il corpo dell’insetto e
non solamente singoli organi o
specifiche molecole. Con questo
linguaggio, basato principalmente
sulla danza “circolare” e sulla danza “dell'addome”, l'ape bottinatrice
informa le compagne sull’ubicazione della sorgente di nutrimento
che ha scoperto e che merita di
essere sfruttata. Le danze sono
serie di movimenti che la bottinatrice compie sui favi dell’alveare
dopo aver individuato una fonte
nettarifera interessante e aver raccolto un poco di nettare da far assaggiare alle compagne. Quando la distanza del pascolo
dall’alveare è inferiore ai 100 metri, la bottinatrice esegue la danza
“circolare”; essa, cioè, descrive alcuni movimenti circolari quasi
completi, variando spesso la direzione. Stimolate da questi movimenti, altre api si avvicinano a essa toccandola con le antenne protese in avanti. Così facendo, esse
possono recepire anche informazioni sulla qualità del nettare raccolto che, nel frattempo, è stato
rigurgitato in piccole gocce dalla
bottinatrice.
Dal nettare a loro
offerto e dall’odore dei fiori di cui il
corpo dell’ape danzatrice è impregnato, le api, quindi, sono in grado
di riconoscere l’odore del pascolo
che dovranno cercare.
La rapidità e la velocità con cui
questa danza è eseguita indicano
l’abbondanza della sorgente alimentare, per cui maggiore è la vivacità e maggiore è il numero delle
bottinatrici “reclutate” che lasciano
il nido per andare alla sua ricerca.
Se, invece, la sorgente alimentare
si trova a una distanza dall’alveare
superiore ai 100 metri, la bottinatrice esegue la “danza dell'addome”. La danza circolare è quella “dell’addome” non sono nettamente separate, perché se le distanze
dei pascoli scoperti sono intermedie, si hanno danze di transizione
dall’una all’altra.
Durante la danza “dell'addome” la
bottinatrice percorre sul favo un
tratto rettilineo, compie un semicerchio all’indietro fino all’inizio di
questo tratto, lo ripercorre nuovamente e ripete un semicerchio nella direzione opposta a quella del
precedente fino al tratto rettilineo
e così via. Mentre percorre il tratto
rettilineo, l’ape muove con rapidità
l’addome a destra e a sinistra (13-
15 volte al secondo) vibrando contemporaneamente le ali.
La frequenza di queste evoluzioni
sul favo, il numero degli
“scodinzolamenti” lungo la linea
retta e il numero di volte che viene
percorso tale tratto indicano la
distanza della fonte nettarifera
dall’alveare. Più l'ape è lenta e più
la sorgente è lontana: ad esempio,
se la bottinatrice in 60 secondi percorre 24 volte la linea retta allora il
pascolo si trova a 500 metri, se
invece il tratto viene percorso, nella medesima unità di tempo, solamente 8 volte ciò indica una distanza del pascolo di circa 2500-
3000 metri.
La danza “dell'addome”, tramite
l’assaggio di piccole gocce di nettare rigurgitato, fornisce alle altre api
anche informazioni circa la qualità
del bottino ma, soprattutto, da
indicazioni circa la direzione che le
api “reclutate” devono seguire
uscendo dall’alveare per andare
direttamente verso i luoghi di bottino. La posizione del tratto rettilineo rispetto alla verticale durante
la danza sui favi indica l’angolo da
assumere rispetto al sole nel viaggio di andata verso la sorgente
segnalata.
Le conoscenze riguardanti il linguaggio gestuale delle api non si
limitano alle danze sopradescritte;
in particolari circostanze le api eseguono altri tipi di danze, ad esempio quella “di gioia” allorché sta per
sfarfallare un nuova regina o al
termine di una giornata di intensa
e proficua raccolta del cibo, oppure quella del “massaggio” per rianimare altre api ferme sulla porticina perché intirizzite dal freddo e
quindi incapaci di rientrare nell’alveare. Molto probabilmente in futuro la ricerca scientifica giungerà
alla scoperta di altre danze e di
altre forme di comunicazione; ad
esempio non si conoscono ancora
i mezzi d’informazione che regolano la raccolta del polline.
L’insieme di queste conoscenze,
note e meno note, acquisite e future, spesso porta a descrivere l’ape
come un insetto non solo prodigioso ma anche “intelligente”. Quest’ultima definizione è, a nostro
avviso, piuttosto azzardata. L’ape,
infatti, pur essendo dotata di un
sistema nervoso dal cerebro molto
più sviluppato di quello di altri insetti, dimostra di possedere sì notevoli facoltà psichiche; esse, però,
non sfociano in un’intelligenza simile a quella dell’uomo - capace di
repentini adattamenti a situazioni
nuove - ma in istinti. Questi istinti,
comunque, rivestono una grande
importanza: si pensi alle numerose
attività cui l’ape si dedica durante
la sua vita e alle capacità di orientamento, di memoria e di trasmissione delle informazioni.
Con il suo libro quindi, Karl von
Frisch, ha dimostrato che l’ape può
essere definita un animale simbolico poiché usa un trasferimento
d’informazione per mezzo di segni
convenzionali che consente, ad
esempio, ad alcune api di comunicare alle altre i luoghi dove si trova
il cibo attraverso una danza pendolare che crea una figura di movimento a forma di otto, in modo
che possano orientarsi, in rapporto alla posizione del sole, verso la
direzione giusta per raggiungere il
nettare che poi è trasformato in
miele.
Quanto esposto in quest’articolo
non è probabilmente sufficiente
per illustrare a pieno la vita della
società delle api, di quell’insieme
che alcuni hanno definito come
“superorganismo” vedendo in esso
delle attività vitali proprie quali la
nutrizione, la sopravvivenza, la riproduzione e la difesa; tutto ciò
dovrebbe, comunque, essere utile
per meglio valutare gli stretti rapporti esistenti tra le principali
strutture del corpo, il loro funzionamento e i comportamenti di
questo affascinante insetto.
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