domenica 9 gennaio 2022

IN APIARIO A GENNAIO

 

Mentre scrivo questo articolo sono i primi giorni di dicembre e finalmente fa freddo e nevica anche in pianura, qui al nord. Sappiamo bene quanto poco auspicabile sia la presenza di un inverno  caratterizzato da temperature quasi costantemente primaverili, come sempre più di frequente se ne vedono, che comportano la continua presenza di covata negli alveari. Questa condizione climatica, infatti, favorisce lo sviluppo delle varroe rendendo il mite inverno disastroso per quanto riguarda il controllo e il contenimento dell’infestazione dei nostri alveari da parte di questo terribile parassita e dalle conseguenti sovrainfezioni virali ad essa connesse.

Presto arriverà gennaio e con lui anche il vero inverno e una nuova stagione apistica sta per cominciare, sperando che il freddo e la neve non disertino il loro usuale appuntamento. Il guardiano delle api può permettersi giornate relativamente tranquille, senza però scordarsi di buttare sempre un occhio all’apiario. Se ci saranno nevicate, specie se abbondanti, è opportuno rimuovere la neve dall’ingresso degli alveari poiché essa è permeabile ai gas, ma se dovesse ghiacciare potrebbe alterare il corretto ricambio d’aria all’interno dei nidi.

In questo periodo della stagione le giornate iniziano progressivamente e costantemente ad allungarsi, mentre fra gli arbusti inizia il debutto delle fioriture del nocciolo e le famiglie all’interno delle loro casette continuano, fortunatamente, a proteggersi dal freddo consumando pian piano le loro riserve alimentari. In questa ideale condizione il peso dell’alveare diminuisce in media di 500/1000 grammi al mese. Controlliamo che le arnie non diventino troppo leggere, in caso contrario non esitiamo a somministrare del candito, sarà molto gradito alle nostre amichette e ci aiuterà a non lasciar morire di fame le preziose famiglie che custodiamo. Per il resto il mese di gennaio, per noi apicoltori, è forse il periodo più tranquillo durante il quale possiamo goderci un meritato riposo leggendo magari quelle riviste e/o quei libri di apicoltura che avremo sicuramente trovato sotto l’albero il giorno di Natale.

Verso il finire di gennaio, un pochino più tardi nelle zone maggiormente a nord, all’interno del nido riprenderà l’attività di cova da parte della regina. Le giornate più lunghe e la maggior intensità di luce, che riuscirà a passare all’interno dell’alveare introducendosi dalla porticina di volo, stimolano le api a consumare una più grande quantità di miele e di polline e a produrre più pappa reale per sostenere la regina nella sua attività di cova.

In una bella e tiepida giornata potremmo provare a rimuovere il tetto dell’arnia e a posare la nostra mano sul coprifavo e se avvertissimo un piacevole tepore, cosa sicuramente molto auspicabile, sarà il segno che ci troviamo alla presenza di una famiglia forte e vigorosa.

Se altro tempo ce ne rimane, non sprechiamolo, utilizziamolo per far pulizia intorno ai nostri alveari rimuovendo rovi e sterpaglie che impediscono alle api di aver un buon ricambio d’aria all’interno del nido e a noi di avere un comodo passaggio da utilizzare per posare e rimuovere i melari quando sarà giunta l’ora. Come sostiene un vecchio e saggio detto: “ là dove il carretto non passerà sarà la schiena dell’apicoltore che soffrirà”, permettetemi, a questo proposito, un consiglio da vecchio e consumato ortopedico: lavoriamo sempre utilizzando un corsetto semirigido, quando si è giovani le fatiche non si sentono, ma quando i primi capelli iniziano a ingrigire la nostra colonna vertebrale ci rinfaccerà tutte le fatiche a cui l’abbiamo sottoposta nell’arco degli anni!

Verso la fine di gennaio anche se le arnie sono ancora discretamente pesanti, segno che in esse sono presenti delle buone riserve di cibo, io preferisco comunque somministrare del candito sarà sicuramente cosa gradita che permetterà alle mie apette di risparmiare consumo di miele e polline immagazzinato il quale diventerà una preziosa riserva sul finire di marzo e a inizio aprile in eventuali periodi di lunghe e abbondanti piogge.

Gennaio è anche il tempo per l’apicoltore di dedicarsi alle attività di magazzino: riparare le vecchie arnie, pulirle, riverniciarle piuttosto che proteggerle con impregnante a base di olio di lino cotto secondo le proprie abitudini e preferenze. Ricordiamoci che non esistono prodotti miracolosi che possano regalare protezione ad un legno di cattiva qualità, mentre se abbiamo arnie costruite con buon legno esse resisteranno negli anni, questo è il motivo per cui non bisogna mai lesinare sulla qualità del materiale che acquistiamo perché in questo caso vale proprio la regola, come cita un vecchio e saggio detto, che “chi più spende meno spende”. Approfittiamo anche di queste giornate non solo per ridipingere le vecchie arnie, ma anche per disinfettarle e, a mio avviso, una più che soddisfacente disinfezione la possiamo ottenere semplicemente passando a fiamma l’interno della cassa con l’utilizzo di un chalumeau. Occorrerà “flambare” bene l’interno fino a che non vedremo il legno divenire di colore bruno così avremo la certezza di aver eliminato la quasi totalità dei germi che in esso si annidano, ricordiamo, infatti, che le spore della peste resistono fino alla temperatura di 140°C. Se invece possediamo delle arnie di plastica, occorrerà lavarle all’interno con della soda caustica, non prima di aver indossato tutte le protezioni necessarie al fine di proteggere i nostri occhi e il nostro corpo.

Gennaio è anche il mese in cui si organizzano, covid permettendo, molti corsi di apicoltura, se avete partecipato ad uno di questi e la vostra intenzione è quella di debuttare in questa meravigliosa disciplina, qual è l’apicoltura, ora è il periodo opportuno per acquistare il materiale necessario cominciando proprio dalle arnie ricordando che le api nel bene e nel male si adattano a qualsiasi tipo di spazio per cui saremo noi a dover scegliere il tipo di arnia più consono al modello d’apicoltura che abbiamo deciso d’intraprendere. Probabilmente il metodo meno complicato per gestire l’attività d’apicoltore lo garantisce l’arnia orizzontale (arnia keniana): è un’arnia a venti telai che ci permette di allevare con discreta semplicità le nostre api, anche se, con questo modello, è un po’ complicata la raccolta del miele. Se amiamo un’apicoltura che permette all’ape di crescere come farebbe in natura, ossia sviluppando la colonia dall’alto verso il basso, allora è meglio dirigersi verso un’arnia ecologica (Warré migliorata), in questo caso sarà più semplice la raccolta del miele e non sarà necessario dotarsi di un banco per disopercolare e nemmeno di una centrifuga. Infine se avessimo, invece, deciso di praticare un’apicoltura, così detta, moderna non ci resterà che rivolgerci verso l’acquisto di un’arnia tradizionale composta da un corpo (il nido) e dai melari tipo l’arnia Dadant e/o la Langstroth.

Sul finire di gennaio noi, così come le nostre apette, inizieremo a intravvedere l’avvicinarsi di una prossima primavera che presto verrà a bussare alle porte, è giunto il momento di sintonizzarci al meglio sulle frequenze dei nostri alveari per sostenere nel migliore dei modi le nostre guerriere rombanti nel momento della piena ripresa della loro attività.

Arnie nella neve e ape su fiore di nocciolo

gviolis@gmail.com 

Nessun commento:

Posta un commento

CONTRASTO ALLA VARROA CON LA MESSA A SCIAME

Subito dopo la rimozione dei melari, entro la prima decade di luglio, si prelevano dalla famiglia da mettere a sciame tutti i favi contenent...