Mentre scrivo questo
articolo sono i primi giorni di dicembre e finalmente fa freddo e nevica anche
in pianura, qui al nord. Sappiamo bene quanto poco auspicabile sia la presenza di un inverno caratterizzato da temperature
quasi costantemente primaverili, come sempre più di frequente se ne vedono, che comportano la continua presenza di
covata negli alveari. Questa condizione climatica, infatti, favorisce lo sviluppo delle
varroe rendendo il mite inverno disastroso per quanto riguarda il controllo e il contenimento dell’infestazione
dei nostri alveari da parte di questo terribile parassita e dalle conseguenti
sovrainfezioni virali ad essa connesse.
Presto arriverà
gennaio e con lui anche il vero inverno e una nuova stagione apistica sta per
cominciare, sperando che il freddo e la neve non disertino il loro usuale
appuntamento. Il guardiano delle api può permettersi giornate relativamente
tranquille, senza però scordarsi di buttare sempre un occhio all’apiario. Se ci
saranno nevicate, specie se abbondanti, è opportuno rimuovere la neve dall’ingresso
degli alveari poiché essa è permeabile ai gas, ma se dovesse ghiacciare
potrebbe alterare il corretto ricambio d’aria all’interno dei nidi.
In questo periodo
della stagione le giornate iniziano progressivamente e costantemente ad
allungarsi, mentre fra gli arbusti inizia il debutto delle fioriture del
nocciolo e le famiglie all’interno delle loro casette continuano,
fortunatamente, a proteggersi dal freddo consumando pian piano le loro riserve
alimentari. In questa ideale condizione il peso dell’alveare diminuisce in
media di 500/1000 grammi al mese. Controlliamo che le arnie non diventino
troppo leggere, in caso contrario non esitiamo a somministrare del candito,
sarà molto gradito alle nostre amichette e ci aiuterà a non lasciar morire di
fame le preziose famiglie che custodiamo. Per il resto il mese di gennaio, per
noi apicoltori, è forse il periodo più tranquillo durante il quale possiamo
goderci un meritato riposo leggendo magari quelle riviste e/o quei libri di
apicoltura che avremo sicuramente trovato sotto l’albero il giorno di Natale.
Verso il finire di
gennaio, un pochino più tardi nelle zone maggiormente a nord, all’interno del
nido riprenderà l’attività di cova da parte della regina. Le giornate più
lunghe e la maggior intensità di luce, che riuscirà a passare all’interno
dell’alveare introducendosi dalla porticina di volo, stimolano le api a
consumare una più grande quantità di miele e di polline e a produrre più pappa
reale per sostenere la regina nella sua attività di cova.
In una bella e
tiepida giornata potremmo provare a rimuovere il tetto dell’arnia e a posare la
nostra mano sul coprifavo e se avvertissimo un piacevole tepore, cosa
sicuramente molto auspicabile, sarà il segno che ci troviamo alla presenza di
una famiglia forte e vigorosa.
Se altro tempo ce ne rimane,
non sprechiamolo, utilizziamolo per far pulizia intorno ai nostri alveari
rimuovendo rovi e sterpaglie che impediscono alle api di aver un buon ricambio
d’aria all’interno del nido e a noi di avere un comodo passaggio da utilizzare
per posare e rimuovere i melari quando sarà giunta l’ora. Come sostiene un
vecchio e saggio detto: “ là dove il carretto non passerà sarà la schiena
dell’apicoltore che soffrirà”, permettetemi, a questo proposito, un consiglio
da vecchio e consumato ortopedico: lavoriamo sempre utilizzando un corsetto
semirigido, quando si è giovani le fatiche non si sentono, ma quando i primi
capelli iniziano a ingrigire la nostra colonna vertebrale ci rinfaccerà tutte
le fatiche a cui l’abbiamo sottoposta nell’arco degli anni!
Verso la fine di
gennaio anche se le arnie sono ancora discretamente pesanti, segno che in esse sono
presenti delle buone riserve di cibo, io preferisco comunque somministrare del
candito sarà sicuramente cosa gradita che permetterà alle mie apette di
risparmiare consumo di miele e polline immagazzinato il quale diventerà una preziosa
riserva sul finire di marzo e a inizio aprile in eventuali periodi di lunghe e abbondanti
piogge.
Gennaio è anche il
tempo per l’apicoltore di dedicarsi alle attività di magazzino: riparare le vecchie
arnie, pulirle, riverniciarle piuttosto che proteggerle con impregnante a base
di olio di lino cotto secondo le proprie abitudini e preferenze. Ricordiamoci
che non esistono prodotti miracolosi che possano regalare protezione ad un
legno di cattiva qualità, mentre se abbiamo arnie costruite con buon legno esse
resisteranno negli anni, questo è il motivo per cui non bisogna mai lesinare
sulla qualità del materiale che acquistiamo perché in questo caso vale proprio la
regola, come cita un vecchio e saggio detto, che “chi più spende meno spende”.
Approfittiamo anche di queste giornate non solo per ridipingere le vecchie
arnie, ma anche per disinfettarle e, a mio avviso, una più che soddisfacente
disinfezione la possiamo ottenere semplicemente passando a fiamma l’interno
della cassa con l’utilizzo di un chalumeau. Occorrerà “flambare” bene l’interno
fino a che non vedremo il legno divenire di colore bruno così avremo la
certezza di aver eliminato la quasi totalità dei germi che in esso si annidano,
ricordiamo, infatti, che le spore della peste resistono fino alla temperatura
di 140°C. Se invece possediamo delle arnie di plastica, occorrerà lavarle
all’interno con della soda caustica, non prima di aver indossato tutte le
protezioni necessarie al fine di proteggere i nostri occhi e il nostro corpo.
Gennaio è anche il
mese in cui si organizzano, covid permettendo, molti corsi di apicoltura, se
avete partecipato ad uno di questi e la vostra intenzione è quella di debuttare
in questa meravigliosa disciplina, qual è l’apicoltura, ora è il periodo
opportuno per acquistare il materiale necessario cominciando proprio dalle
arnie ricordando che le api nel bene e nel male si adattano a qualsiasi tipo di
spazio per cui saremo noi a dover scegliere il tipo di arnia più consono al
modello d’apicoltura che abbiamo deciso d’intraprendere. Probabilmente il
metodo meno complicato per gestire l’attività d’apicoltore lo garantisce
l’arnia orizzontale (arnia keniana): è un’arnia a venti telai che ci permette
di allevare con discreta semplicità le nostre api, anche se, con questo
modello, è un po’ complicata la raccolta del miele. Se amiamo un’apicoltura che
permette all’ape di crescere come farebbe in natura, ossia sviluppando la
colonia dall’alto verso il basso, allora è meglio dirigersi verso un’arnia
ecologica (Warré migliorata), in questo caso sarà più semplice la raccolta del
miele e non sarà necessario dotarsi di un banco per disopercolare e nemmeno di
una centrifuga. Infine se avessimo, invece, deciso di praticare un’apicoltura,
così detta, moderna non ci resterà che rivolgerci verso l’acquisto di un’arnia
tradizionale composta da un corpo (il nido) e dai melari tipo l’arnia Dadant
e/o la Langstroth.
Sul finire di gennaio
noi, così come le nostre apette, inizieremo a intravvedere l’avvicinarsi di una
prossima primavera che presto verrà a bussare alle porte, è giunto il momento
di sintonizzarci al meglio sulle frequenze dei nostri alveari per sostenere nel
migliore dei modi le nostre guerriere rombanti nel momento della piena ripresa
della loro attività.
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