venerdì 2 febbraio 2024

LAVOR IN APIARIO A FEBBRAIO

È ormai da diverso tempo che sentiamo raccontare dai media, dal web e persino da alcune riviste di settore delle storie che hanno dell’inverosimile ma alle quali ci stiamo, purtroppo, pian piano abituando, correndo altresì, l’inconsapevole rischio di venirne alla fine assuefatti. Storie che sono una via di mezzo fra una fiaba, ossia un racconto che rimanda alle tradizioni popolari,  in cui la presenza del magico e del fantastico rappresentano l’elemento in grado di colpire e di stupirci, e una favola ovvero un genere letterario dalla cui narrazione si estrae l’essenza di una morale più o meno profonda. In tutte queste storie che, per le caratteristiche di cui sopra, non esiterei a chiamare “fiavole” l’elemento a sorpresa magico e in grado di stupire è comunque e sempre rappresentato dal “Covid”. Ed è proprio leggendo una rivista di settore che mi sono imbattuto in una di queste “fiavole” la quale racconta di come le api possano essere utilizzate per monitorare la diffusione del virus Sars Cov-2 nell’ambiente. Gli “scienziati sperimentatori” hanno posizionato dei comuni tamponi all’ingresso degli alveari e una volta che le bottinatrici vi sono passate sopra, facendo ritorno al nido dopo la raccolta di nettare e polline dai campi, i tamponi sono stati prelevati e analizzati. Ebbene signori, non ci crederete ma le analisi eseguite su quei tamponi hanno dimostrato in essi la presenza del virus del covid lasciato sopra di questi dal passaggio delle api, virus che però stranamente non è stato rilevato all’interno dell’alveare! Così vi dirò che l’elemento magico e fantastico di questa “fiavola” è, senza ombra di dubbio, il virus Sars Cov-2 divenuto ormai una star presente in quasi tutte le narrazioni contemporanee, mentre la morale ve la spiegherò in queste poche righe seguenti. Da medico quale sono credo fermamente che il virus del covid (come qualsiasi altro virus) non sia in grado di vivere, per più di pochi secondi, disperso nell’ambiente esterno ma che possa sopravvivere solo all’interno del suo ospite, in questo caso l’uomo, il quale, più o meno consapevolmente, diventa il vettore della sua diffusione infettando altre persone, che si trovano in sua vicinanza, attraverso le proprie secrezioni disperse nell’aria con colpi di tosse e/o starnuti. Quindi come sia stato possibile trovare il covid sui tamponi posizionati all’ingresso dell’alveare rimane, a mio modestissimo parere, un mistero un po' difficile da svelare; forse  la sua presenza potrebbe esser dovuta ad un apicoltore infetto, un po' distratto, che non rispettando la quarantena si è recato in apiario e ha tossito proprio sulle porticine di volo dove erano stati posizionati i tamponi, oppure questa strana positività potrebbe esser dovuta alle api, le quali rientravano al nido dopo aver svolto un’attività di bottinatura, anziché sui campi fioriti, all’interno di un reparto covid di un nosocomio in prossimità dell’apiario. Inoltre, non mi avventuro volutamente nel discorso relativo ai falsi positivi per non rischiare di dovermi imbattere in un trattato di microbiologia. La morale di questa “fiavola” è quindi, a mio avviso, rappresentata dal fatto che non si possono cambiare 300 anni di scienza e di storia della medicina per un virus che in due anni (2020/2021) ha provocato meno della metà delle vittime rispetto a quelle causate dall’influenza (da noi considerata ingiustamente un’infezione banale) del 2018 (dati OMS), così come tanti anni di storia della medicina e di scienza medica non sono stati cambiati a seguito della comparsa di agenti patogeni che hanno determinato ben più gravi e importanti pandemie quali per esempio la peste, la spagnola, l’ebola, l’aviaria e tante altre ancora!

A questo punto, un po' per presunzione un po' per invidia anch’io vorrei raccontarvi una mia “fiavola”, la quale comincia nel più classico dei modi: “c’era una volta”! C’era una volta un bel girasole che dall’alto della sua magnificenza attirò sulla sua risplendente inflorescenza un’ape, un bombo e una farfalla. I tre si posarono sui petali dei fiori del disco del girasole ed iniziarono a suggere dell’ottimo nettare. La farfalla che suggeva a intermittenza fra un goccio di nettare e un battito d’ali, rivolgendosi agli altri due, esclamò con piena soddisfazione: “Questo nettare è veramente molto buono”! Il bombo guardandosi attorno con circospezione per assicurarsi che nessuno potesse rubargli la postazione annuì: ”Hai ragione farfalla, di questi tempi trovare un nettare di qualità è veramente cosa rara”. Mentre i due continuavano a parlottare, l’ape imperterrita non smetteva di suggere il nettare: la sua sacca melaria non era ancora stata riempita a dovere. A quel punto il bombo un po' indispettito esclamò: ”E tu ape, non hai niente da dire”? L’ape estrasse finalmente la sua ligula dalla ghiandola nettarina in cui l’aveva affondata e rispose: ”Avete ragione entrambi, con questo nettare produrrò del miele meraviglioso!” Proprio in quel preciso istante il girasole un po' stizzito, sentendosi come un fiore oggetto, enfatizzò: “Ehi voi tre! Non vi siete accorti che qui attorno è tutto bio? Il mio contadino non concia il mio seme con diserbanti e pesticidi e fra una coltura e l’altra intervalla delle strisce fiorite con della splendida facelia e altre ancora con dell’accattivante lupinella. Qui voi siete nel cuore di una grande azienda agricola votata al biologico!” I tre un po' increduli, un po' stupiti come se non avessero inteso di cosa si stesse parlando ringraziarono e salutarono il girasole e, volandosene via, ciascuno fece ritorno al proprio nido. Così come ogni storia che si rispetti anche questa, come tutte le altre, si conclude con il classico finale:” e vissero tutti felici e contenti”.

Lo so avete ragione, mi sono dilungato oltre il dovuto e febbraio è ormai alle porte per cui vedrò di dedicarmi ad elencare i compiti che questo mese riserva a noi apicoltori. Febbraio è il mese più corto, ma spesso potrebbe anche e ancora essere foriero di giornate di freddo molto intenso. La neve caduta nel mese di gennaio nasconde gli alveari al di sotto di uno spesso mantello bianco e le temperature ancora fredde costringono le api ad un maggior consumo di cibo indispensabile per il mantenimento della corretta omeostasi termica all’interno del proprio nido. Queste condizioni climatiche ci costringono ad un continuo controllo delle scorte “alimentari” presenti negli alveari e nel caso ne trovassimo alcuni con un peso “sospetto” sarà cosa saggia fornire a quelle famiglie del supporto con ottimo candito. Dopo la prima metà del mese le giornate iniziano ad allungarsi ed il maggior periodo d’insolazione riscalda l’ambiente così che intorno agli alveari potremo osservare i primi timidi movimenti delle famiglie al loro risveglio primaverile. Verso il finire di febbraio gli iniziali tepori delle giornate ben soleggiate ci permetteranno, solo qual ora ne esista la necessità e in presenza di un valido motivo, di eseguire rapide ispezioni facendo molta attenzione a tenere aperto il nido per il minor tempo possibile. È questo anche il momento in cui ben presto nasceranno le api della nuova generazione che andranno a sostituire le vecchie operaie ormai “usurate” dalla grande fatica compiuta per traghettare la colonia dall’inverno alla nuova primavera. Un altro compito che ci riserva questo periodo della stagione è quello di eseguire una corretta pulizia intorno all’apiario, soprattutto lungo il passaggio che dovremo utilizzare per muoverci nella postazione. In questo momento dell’anno è consigliabile, inoltre, preparare i supporti per le nuove arnie che abbiamo intenzione di aggiungere alle esistenti. Lasciare crescere delle erbe ad alto fusto a protezione delle porticine di volo degli alveari potrebbe, invece, essere un valido stratagemma utile a disorientare la vespa cabro e/o altri calabroni e a far sì che essi abbandonino il territorio di caccia trovandosi di fronte un alveare ben organizzato nella difesa dei suoi confini.

In magazzino questo è il momento ideale per completare tutte quelle operazioni che non siamo riusciti ad ultimare nei mesi precedenti come: armare e applicare fogli cerei a nuovi telai, recuperare vecchi favi e fondere la cera, preparare nuove arnie porta sciami, riattare le vecchie arnie usurate e disinfettarle a fiamma.

Ora che siamo giunti alla fine, vorrei salutarvi rivelandovi l’elemento fantastico della “fiaba” dell’ape, il bombo e la farfalla ossia questo mondo bucolico in cui predomina il biologico: una cosa molto rara da poter osservare ai giorni nostri e che per questo deve essere in grado suscitare in noi stupore e meraviglia. E vorrei al tempo stesso indirizzarvi anche verso la morale della “favola” del girasole e dei tre pronubi ovvero: è ormai arrivato il momento che da parte di tutti noi si raggiunga la piena consapevolezza che non è più pensabile praticare un’apicoltura e un’agricoltura che non siano profondamente ecosostenibili ed ecocompatibili e che solo attuando una repentina e brusca inversione di rotta che ci porti ad un comportamento molto più riguardoso e rispettoso dell’ambiente in cui viviamo potremo finalmente riscrivere il finale della nostra personale storia, vale a dire: “…e vissero tutti felici e contenti!”

 

 

 

 



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